domenica 18 febbraio 2024

LA FINE DELLA CIVILTÀ DELL’AUTO

di Alfredo Morosetti
Quelli non del tutto limitati lo hanno capito da tempo. Non si tratta di auto elettriche contro auto a benzina. Si tratta di auto come stile di vita contro uno stile di vita senz’auto, ossia senza spostamenti significativi a mezzo ruote.
L’auto non è stata un semplice mezzo di trasporto o, se vogliamo, un bene di consumo ritenuto indispensabile. E’ stata una forma di civilizzazione. Ha disegnato per circa 100 anni, in fondo per molto poco tempo, la forma della civiltà industriale americana ed europea. Ha disegnato la forma delle città, delle sue abitazioni, ha permesso la formula dei grattacieli in centro, delle aree residenziali di sobborgo e di periferia, che potevano essere di lusso, popolari, o di patetiche palazzine per ceti medi, appunto a mezza via fra la villa del magnate e il casermone operaio. La forma stessa delle case ha dovuto prendere in considerazione l’esistenza dell’auto, con la costruzione di box, garage, parcheggi riservati.
Intere cittadine di sobborgo sono potute esistere e prosperare solo grazie all’auto. L’intera economia di consumo e con essa lo sviluppo di tecnologie innovative in campo meccanico ed elettronico è stata trainata dal mercato dell’auto. L’auto, bene di consumo primario di ogni famiglia, persino quella operaia, trainava dietro di sé l’insieme di tutti gli altri consumi e consentiva stili di consumo parassitari rispetto all’uso primario dell’auto, cioè lo spostamento casa/lavoro, vale a dire week-end, vacanze al mare, in montagna, viaggi verso città d’arte e di richiamo per allocchi. In altre parole, una vasta economia di consumi sostanzialmente immateriali, fatti di sogni e di svaghi, contornati però da pizzerie, stabilimenti balneari, alberghi, trattorie, pensioni, stanze in affitto.
Accanto agli aspetti materiali ed economici, l’auto ha rappresentato anche una dimensione di vita sociale e morale. La morale del decido io dove e quando vado, la morale del “ti telefono e ti vengo prendere”, la morale del vado, lo vedo e torno, della notte brava, nella quale potersi alla fine accasciarsi all’alba sotto un tetto, altrimenti esperienza impossibile se non per spiriti davvero superiori.
Bene, anche se non è chiaro perché, coloro che davano le auto al popolo, hanno deciso che da adesso basta. Dunque altre forme di città, di case, di consumi, di stili di vita. Tuttavia almeno un dato è certo, senza internet e smartphone non sarebbe possibile costringere il popolo a non salire più in auto. Non potrebbe, dalle sue periferie, recarsi al lavoro, sia esso la fabbrica, sia l’ufficio nel grattacielo, sia esso il palazzo governativo dove presta servizio.
Non è perciò casuale che l’attacco frontale all’auto avvenga quando è possibile far lavorare da casa i ceti subalterni, nel momento in cui tutta l’informazione passerà e scorrerà su reti telefoniche, dall’istruzione scolastica, al lavoro d’ufficio, a ogni tipo di relazione informativa col mondo. Sullo schermo si imparerà, si lavorerà, si osserverà cosa accade nel mondo, si godrà degli spettacoli che offre e, naturalmente, ci si industrierà anche a scopare telefonicamente.
Ora non ci sono dubbi che l’ipotesi di miliardi di miliardi di auto in perenne movimento è semplicemente un incubo, è l’idea della trasformazione del mondo in un grande e mostruoso intreccio di strade asfaltate. E’ altrettanto evidente che non ci sarebbero alla lunga risorse fossili sufficienti a soddisfare la domanda di energia. Tuttavia questo è solo un aspetto della faccenda e di sicuro non quello immediato. Lo potrebbe diventare solo fra diversi decenni, tenendo anche conto la possibilità di creare fonti di energia sostitutive il petrolio come l’idrogeno e dunque garantendo in qualche modo la continuità del modello di civilizzazione basato sull’auto.
In realtà le ragioni per porre fine alla civilizzazione dell’auto rimandano a motivazioni che, pur inglobando il problema energia, hanno un orizzonte strategico ben più complesso e profondo. Nascono dalla consapevolezza dell’estrema fragilità, per l’enorme complessità, della società post industriale. Una società che potrebbe essere sconvolta da comportamenti non conformi anche di piccole minoranze, ad esempio gente che taglia i pali della ZTL, che rifiuta di pagare multe, che getta la spazzatura in strada invece che nei cassonetti. L’auto personale esalta lo spirito del fai da te, lo spirito individualista del “faccio come voglio io”; è un potente afrodisiaco al non conformarsi per il semplice fatto che si sale e si va dove si vuole senza chiedere permessi.
Dunque la possibilità del lavoro da casa tramite telefono si sposa perfettamente col progetto di sedentarizzare la vita di tutti in un raggio nemmeno di qualche chilometro, ma di poche centinaia di metri. Più di tutto, proprio per scoraggiare in partenza ogni possibilità di comportamenti non conformi, il sistema necessita di far sentire sul collo di ognuno il suo sguardo, di fare sapere a tutti che è sotto controllo permanente e che in ogni momento si sa dov’è e cosa fa, dunque averlo prigioniero in un raggio di pochi metri. Come in prigione insomma, dove ciascuno è assegnato in una certa ala del carcere e deve vivere in quella determinata cella e uscire solo nei tempi e nei luoghi prescritti dal regolamento, il tutto sotto gli occhi del grande sorvegliante. Non illudetevi non andrete più in auto a meno di fare una rivoluzione, a partire dall’infilare lo smartphone nel culo del padrone.

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