Alfredo Morosetti
Liberare tutti gli accessi per creare la grande prigione per tutti
Ho compreso in cosa consiste il meccanismo - chiamiamolo: storico- politico- culturale - sociale -, che muove e dirige il mondo, vale a dire la mente generica o collettiva, che dà ordine al tempo presente.
Se leggete i Dolori del giovane Werther, un lampo intellettuale renderà tutto chiarissimo. E’ la lettera nella quale racconta a Wilhem tutto lo sconcerto che provò quando, lui così brillante e apprezzato per la sua intelligenza e sensibilità, fu allontanato da una riunione riservata solo ai nobili e alla quale, per caso, aveva avuto occasione di essere presente al suo inizio.
Il mondo nel quale viveva era un mondo di regole oggettive, chiare, precise. Stabiliva che alcune avevano diritto a certi accessi, altri no. Che certe prerogative erano di alcuni e non per tutti. Che nessuno in base al suo essere se stesso aveva diritto a entrare ovunque e aspirare a qualunque cosa. Era società fondata sulla proprietà privata, non solo dei beni materiali, ma degli accessi e degli ambiti di comunicazione sociale. Non era materialmente possibile che un contadino sposasse una nobildonna, non era possibile diventare monarca se non per designazione legale e non per elezione.
Naturalmente tutto ciò appare, ad uno sguardo superficiale, molto ingiusto. Oggi tutti possono sposare una nobildonna, ma in realtà non la incontrano mai e al massimo sposano una cubista redenta ma non troppo; lo stesso per la carica di monarca, chiunque può diventare presidente, in realtà lo sarà sempre sempre uno ed uno solo, e quello non sarai tu. Però è consolante sapere che in teoria…
Il moto della società moderna è appunto quello di rimuovere tutte le barriere e tutte limitazioni che rendevano funzionali gli obblighi reciproci alla reciproca coesistenza e mutua sopportazione. Una buona società è appunto quella che rende la reciproca sopportazione, perché di sopportazione si tratta, la meno onerosa possibile. Il principio che si è fatto valere è l’astratto diritto universale per cui tutti hanno diritto a tutto. In pratica, un puro e semplice miraggio.
Questa presuntuosa e insulsa aspirazione a non avere e non essere meno di chiunque altro genera appunto il moto di rimozione di ogni limitazione e confine. Ed è perfettamente funzionale al moto stesso con cui il sistema reale di dominio e organizzazione della produzione riproduce se stesso. E’ evidente che crea individui isolati, del tutto intercambiabili, del tutto impotenti, ma che presumono che, essendo tutti eguali, in teoria, potrebbero essere dove non sono e di ciò si sentono consolati. Cosa vediamo oggi quando vediamo che stanno rimuovendo le barriere territoriali che danno a ciascun popolo la propria identità storica, culturale e affettiva? Che in nome dell’universale diritto ad essere uomo, tu sarai un uomo come tutti gli altri e in compenso smetterai di essere l’uomo che hai amato essere fino a ieri, con la sua particolare, lingua, il suo particolare modo di fare, di vivere, di vestire, di mangiare. Diventerai un uomo universale, ossia un nulla senza una sua reale identità, ma buono a mangiare sushi e vestire jeans,come fanno tutti. Lo stesso per le barriere sessuali; le stanno smantellando, così non saprai più se il cazzo serve solo per pisciare o anche per altro, tanto ci sono quelli di plastica già pronti ed elettrici.
Nel suo senso generale è un processo di universalizzazione che si basa essenzialmente sulla cancellazione della proprietà. La proprietà è ciò che ti è proprio, ossia ciò che ti distingue e ti rende unico, a partire dal dialetto che parlavi nel luogo dove eri nato.
Non è dunque assolutamente un caso che adesso anche la proprietà materiale delle cose, quella che comunemente si intende come proprietà privata, sia stata rimossa. Nella misura in cui ciò che è tuo non è giusto che sia tuo se non è funzionale ad un criterio universale di pubblica utilità, ossia all’universale diritto di tutti ad avere accesso a ogni bene, è chiaro che la tua proprietà può diventare una barriera che genera razzismo, omofobia, misantropia, diseguaglianza, dunque è lecito rimuovere anche quella barriera. Come del resto è già successo con il denaro e domani con le proprietà immobiliari. L’universale diritto di tutti ad accedere ai beni della terra, fra cui appunto quello all’eleganza, impone di rimuovere la barriera che stabilisce che quello che è mio è mio e non anche tuo. C’è come si può ben vedere una continuità logica fra pretesa di tutti ad essere eletti monarca e la pretesa all’universale accesso ai beni della terra. La conseguenza sarà, per restare in Italia, che in ogni caso uno solo su 60 milioni sarà monarca e uno solo sarà padrone di tutti i beni materiali che sono reperibili. Ne stabilirà lui la destinazione e la liceità.
Ma l’aspetto davvero diabolico di questa allucinazione che guida il moto storico della società nella quale viviamo è che in nome di un’astratta e universale pretesa ad una libertà senza confini, il risultato effettivo è un completo asservimento del singolo uomo, astrattamente monarca e legislatore sommo, a forme di dominio così a maglie strette quali mai prima.
In una società di ambiti separati, all’interno di ciascun ambito, che poteva essere la corporazione, la bottega artigiana, la famiglia, ciascuno era padrone e legislatore di quel preciso ambito. Nessuno lo poteva dirigere dall’esterno e nessun aveva titolo per imporgli un determinato stile di vita piuttosto che un altro. Oggi l’uomo universale che gode di una libertà illimitata, non può nemmeno andare al cesso senza un permesso firmato da un’autorità e deve dare giustificazione di tutto quello che fa, persino di quello che dice, di quello che mangia, di quale mezzo usa per spostarsi. Non parliamo poi se decide di accendere barbecue sul suo terrazzo…
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