mercoledì 7 febbraio 2024

ARABI

 Ci sono difetti naturali e difetti indotti. Un uomo può essere placido o collerico per natura, dovunque sia nato. Ma esistono qualità e difetti derivanti dal particolare ambiente in cui si è nati. E in questo senso il caso dei musulmani è un unicum e merita una riflessione particolare. Quelli che noi usiamo chiamare arabi (e a volte neanche lo sono) sembrano avere caratteristiche peculiari: sono infidi, sleali, bugiardi e senza scrupoli. Ma forse lo sono, non tanto fra di loro, quanto nei confronti degli infedeli, cioè nei nostri confronti. E può darsi che la spiegazione del loro comportamento risieda nella loro religione e nella loro storia.

Il Corano insegna alcune virtù sociali ma poi precisa che si è dispensati dal praticarle con gli infedeli. Dunque può darsi che l'arabo bugiardo e infido che avete conosciuto sia un accettabile galantuomo nel comportamento con i suoi correligionari. Chissà. E poi c'è la storia. Per alcuni secoli i musulmani sono stati grandi guerrieri, grandi conquistatori, maestri nella cultura, nella tecnologia e persino (oggi sembra strano) nella tolleranza sociale verso i membri di altre comunità: inclusi gli ebrei e i cristiani. Nel Quattrocento la Spagna ha fatto di tutto per liberarsi dei Mori, ma non è detto che abbia fatto un affare: i Mori di quel tempo erano più progrediti degli stessi spagnoli. Purtroppo, il seguito della storia è meno roseo. Mentre per alcuni secoli il mondo ha visto un miracolo musulmano, in seguito la decadenza è stata tanto grave da rappresentare un miracolo al contrario.
Anche qui c'entra inevitabilmente la religione: al credente musulmano si insegna (come del resto si insegna anche a noi) che Dio è onnipotente e onnisciente: sa tutto, può tutto, e naturalmente deciderà per il meglio. Dunque il futuro andrà come Dio vuole che vada (Inshallah!), e non è necessario che l'uomo si attivi per ottenere un risultato migliore. Come potrebbe essere migliore?
Questo abbandono a Dio ha reso l'inerzia una virtù ed ha tolto all'uomo l'incentivo di modificare la propria sorte. Sallustio diceva “faber est suae quisquae fortunae”, (ognuno è l'artefice del proprio destino); un arabo direbbe che il destino di ciascuno è quello che Dio gli assegna.
Noi (anche se in teoria dovremmo pensarla come loro) di fatto aderiamo invece con tutto il cuore alla catena causale, e per questo cerchiamo di deviarne il corso a nostro favore: «Con la malattia che ho dovrei morire ma, se trovo un rimedio non morirò.
Da queste differenze nasce il vicendevole disprezzo. Gli occidentali disprezzano i musulmani come ignoranti, infingardi e disonesti; i musulmani ricambiano il disprezzo forti della loro teologia e soprattutto riferendosi ad un lontano e glorioso passato, con cui oggi nulla hanno in comune. In ogni caso, gli brucia la loro arretratezza e la loro povertà, in confronto ai cristiani e agli ebrei.
Dunque la caratteristica del musulmano contemporaneo è un tremendo complesso d'inferiorità concreto, nei confronti degli infedeli, un risentimento che si trasforma in odio sordo e profondo. Un fenomeno che ha ben esaminato Nietzsche.
I maomettani considerano la prosperità occidentale un incomprensibile favore di Allah nei confronti degli infedeli, mentre i fedeli lo onorano con le loro preghiere cinque volte al giorno e dovrebbero essere i preferiti.
Oggi dunque, sapendo che in ogni scontro leale perderebbero, sono pronti allo scontro sleale. Contrabbandano armi con le ambulanze, mettono gli ingressi dei tunnel sotto gli ospedali, si servono dell'Onu come scudo di protezione (e altrettanto fanno con i loro civili), non si vergognano mai delle loro sconfitte, e sperano sempre nella vittoria, dal momento che questa dipende soltanto dalla volontà di Dio. La sconfitta stessa è soltanto la conseguenza di un inspiegabile venir meno del favore di Dio.
La loro mentalità, per noi incomprensibile, ha scavato un solco incolmabile fra Occidente e Umma, che per giunta si è progressivamente aggravato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Prima il Maghreb era caratterizzato dalla tolleranza, poi si è avuta la cacciata degli ebrei, e sono stati espulsi anche quei coloni che si erano ben integrati con la società locale e producevano ricchezza nell'interesse di tutti: ad esempio italiani in Libia e soprattutto Pieds Noirs in Algeria.
La pace è possibile solo con quei Paesi che alle tesi musulmane offrono un ossequio formale, ma in concreto si sono sufficientemente occidentalizzati, si pensi alla Giordania. Ma i gruppi più poveri, più ignoranti, più radicalizzati e più frustrati, come i palestinesi, sono insalvabili.
Gianni Pardo

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