domenica 18 febbraio 2024

MCDONALD'S

 Per quanto strano una società che vende panini è quotata a Wall Street. Anzi, come Coca-Cola che produce bibite, è una delle più sicure per un investimento azionario tranquillo e senza sorprese. Warren Buffet ne ha il portafoglio pieno di entrambe.

Naturalmente i panini che vende fanno schifo, però piacciono, come del resto i jeans. Fanno schifo, ma piacciono, perché li portano tutti, perché sono comodi, perché sono un’uniforme. Lo stesso i panini Mc Donald’s. Eppure chiunque si rende conto che una michetta calda con due belle fette di autentica Bologna non ha confronti con quel gommoso panino riempito di macinato di merda. Come chiavarsi Brigitte Bardot e poi passare nel letto di Hillary Clinton.
Quindi è evidente che Mc Donald’s non vende panini. Non avrebbe potuto, con una merda simile, trionfare a Wall Street. Cosa vende, allora? Conformità, la merce politicamente più preziosa che il mercato possa offrire. L’aspetto davvero paradigmatico di Mc Donald’s, quello che ne fa il modello d’eccellenza della dimensione spirituale nella quale vive l’uomo della cura, insomma l’uomo qualunque, è l’indistinguibilità, che è poi il valore di fondo al quale il coglione senza qualità si aggrappa come fosse un salvagente.
L’aspetto esemplare e qualificante, quello che ne fa una sorprendente merce immateriale, è infatti la totale uniformità di ogni Mc Donald’s. Totale uniformità di ciò che viene servito, ma anche e soprattutto dell’ambiente interno, degli arredi e della struttura architettonica esterna.
I materiali, i colori, i suoni che si sentono, e persino il personale, che oltre alla divisa, ha il volto, i capelli, la struttura corporea praticamente intercambiabile. Ragazzine bassotte grassocce di chiara ascendenza contadina; ragazzini incolori, anzi pallidi fino all’inespressività, di chiara ascendenza proletaria. Anche l’ambiente esterno, nel quale sono collocati, è nella sostanza la ripetizione di un risaputo, è la ripetizione di una costante ambientale, della sua essenza estetica e morale. E’ la raffigurazione dell’immensa periferia dove l’attuale proletariato impiegatizio naviga la zattera del suo vivere.
Si tratta infatti del deserto rutilante e sorvegliato dei grandi centri commerciali, delle isole infelici dove palazzine e villette si dispongono l’una accanto all’altra, ripetendo, guarda caso, la loro infame banalità. E poi ancora fra gli spiazzi dove svincoli autostradali e serpenti di catrame si torcono quasi a mordersi la coda, offrendo un punto di ritrovo a automobilisti anonimi e motociclisti da parata.
Naturalmente la domanda diventa come sia possibile che un modello comportamentale del genere, dove squallore e volgarità ideologica sono il vero prodotto in vendita, sia uno strepitoso successo mondiale. Un bisogno collettivo, e forse anche giusto, di auto cancellazione. Essere nessuno in mezzo a un’infinita serie di indistinguibili e sentire conforto in tutto ciò. Sentire qualcosa di dolce nello sprofondare in quel mare dove ogni virilità è cancellata. Pensate cosa voleva dire una serata in taverna. Nessuno era sicuro di poterne uscire vivo o con tutti denti, ma nessuno rinunciava a una nottata in taverna.

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