“Ma che senso ha la richiesta della sindaca di Durango, in Spagna?”.
Dalla sua campagna, a San Sepolcro, in Toscana, parla Bernardo Monti, figlio di Luigi Monti, uno dei piloti che il 31 marzo 1937 parteciparono ai bombardamenti degli S81, i Savoia-Marchetti, sul centro abitato di Durango, in territorio basco.
La sindaca Aitziber Irigoras vuole far causa agli aviatori italiani che provocarono distruzioni e, secondo una ricostruzione, ben 289 morti. Come ha raccontato l’altro giorno Aldo Cazzullo sul nostro giornale. “Di quei piloti - dice Bernardo Monti - non ne è rimasto in vita neppure uno, mio padre morì nel 1980, e allora contro chi si può far causa?”.
I piloti fascisti andarono in Spagna a combattere per Franco quasi come privati, sui loro velivoli le insegne italiane erano sostituite da simboli, per non compromettere Mussolini. Una squadriglia per esempio sfoggiava sulla fusoliera uno scarafaggio, la Cucaracha.
Gli ufficiali che guidarono i loro aerei a sganciare tonnellate di esplosivi furono elogiati e decorati. E non hanno mai rinnegato i loro eccidi. “Mio padre - racconta Bernardo Monti - parlava poco delle operazioni alle quali aveva preso parte. Io sono venuto a conoscenza di qualcosa grazie a un suo compagno, il generale Aurili. E quello che ho appreso erano sentimenti di orgoglio, si trattava di giovani volontari, convinti di stare dalla parte giusta, avevano degli ideali che non si possono valutare con la mentalità di adesso”.
Forse però l’ufficiale Luigi Monti, nel suo intimo, immaginava che in futuro lo avrebbero accusato di aver provocato la morte di gente inerme. Scrisse un diario dei primi tre mesi del 1937 e per quelle pagine concepì un titolo che suona quasi a propria giustificazione: “Sono un aviatore, non un criminale”.
Ciò che colpisce nelle parole che l’aviatore Monti annota su un quaderno a quadretti, con inchiostro blu, è la freddezza, l’assenza di emozioni, sia quando descrive uno scontro aereo che quando ci dà notizia di bombardamenti sui villaggi spagnoli. Frasi secche, una burocratica registrazione dei fatti.
Il 9 gennaio 1937 si lamenta perché non ha “avuto il piacere di vedere apparecchi rossi nemmeno per poter osservare come sono fatti”. E quando gli capita per la prima volta di ingaggiare battaglia con un Polykarpov sovietico, “lo mitraglio e gli vado addosso fin quasi a investirlo”. Da questo punto di vista, la guerra di Spagna fu anche un assaggio della Seconda guerra mondiale, un’occasione per valutare i rispettivi mezzi bellici.
L’11 febbraio l’ufficiale Monti rischiò seriamente di morire. Ebbe uno scontro prolungato con aerei nemici, fu una di quelle battaglie infernali che piacciono ai registi cinematografici, ne uscì vincitore ma finì in territorio nemico, a corto di carburante e si salvò in modo avventuroso. L’episodio è stato poi raccontato nel romanzo L’espoir, La speranza, dallo scrittore e politico francese André Malraux, che partecipò alla guerra di Spagna contro Franco e con lo schieramento repubblicano.
La squadriglia aerea di Monti, inizialmente dislocata nel Sud della Spagna, risalì il Paese verso il territorio basco. E il 31 marzo si rese responsabile dell’attacco devastante su Durango. Anche in questo caso il diario ci consegna la notizia secca, senza un briciolo di turbamento. Anzi, con una vena di compiacimento. “E’ questo - scrive Monti - il secondo bombardamento di Durango, l’azione è veramente spettacolare e il paese viene nuovamente centrato. I danni debbono essere stati enormi”.
Per la verità, oltre ai due attacchi italiani che si accanirono contro uomini, donne e bambini di Durango, in precedenza il villaggio era stato preso di mira anche dai tedeschi. “La legione Condor tedesca -, spiega Ferdinando Pedriali, storico della guerra di Spagna, che ha dedicato pagine proprio agli attacchi su Durango - mirava a distruggere la stazione ferroviaria, ma commise uno sbaglio madornale e le bombe finirono sul centro abitato”.
Marco Nese
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