Anna Louie Sussman per ‘Artsy’
Da quando esiste l’arte, esistono soldi nei suoi pressi: i Medici e i banchieri fiorentini sostennero Botticelli e Michelangelo, i faraoni commissionarono statue e oggetti per le loro tombe, e ora i miliardari asiatici sono alla ribalta. Le opere importanti raggiungono le sette cifre e i collezionisti più grossi arrivano dall’industria finanziaria.
Jeffrey Deitch è il celebre gallerista e consulente che ha esplicitamente unito arte e finanza. Ha creato un ponte fra i due mondi tramite ‘Art Advisory Services’ e ‘Art Lending’, e incoraggiato i collezionisti a fare visita agli artisti che ammiravano. Ha abbracciato il mercato, forse con un po’ troppo calore, e molti, quando era direttore del MOCA di Los Angeles, lo hanno criticato per le mostre troppo populiste.
Per Jeff Koons Deitch avrebbe guadagnato di più se avesse negoziato accordi di lusso sul mercato secondario. Lo difende dicendo che il suo vero obiettivo è solo aiutare i giovani artisti. Da giovane, Deitch aveva imparato dal suo capo, John Weber, sposato con la collezionista italiana Annina Nosei, e notò che i collezionisti italiani investivano nell’arte contro l’inflazione, durante le turbolenze politiche degli anni 70.
Si formò alla ‘Harvard Business School’, con grande sorpresa dei suoi amici artisti. Lui pensava che gli artisti dovessero accettare l’idea di far funzionare il mercato, per sostenersi economicamente. Bisognava sfruttare la comunicazione, la presentazione. Il primo ad accettare di usare il mercato a proprio vantaggio fu Andy Warhol, gli esempi recenti sono Jeff Koons e Damien Hirst, persone che il mercato lo conoscono, ci giocano, vi si ispirano e ci guadagnano.
Il mercato negli anni 1979 e 1980 era totalmente diverso. New York era vibrante ma opaca, le case d’asta non rivelavano le stime, le migliori gallerie si trovavano nei magazzini. A quel punto Deitch avvicinò la Citibank e aprì il suo dipartimento, che faceva consulenze d’arte e proponeva ai clienti della banca investimenti in opere. Si scoprì che i clienti ricchi, dal Giappone al Messico, erano interessanti a comprare arte ma non sapevano come fare. Deitch offrì servizi per orientarli, sebbene più di qualcuno trovasse strano che un consulente d’arte fosse impiegato in una grande banca.
A metà anni ’80 era già diventato una forza del mercato internazionale, senza rivali, fornendo consulenze con gli storici, su come conservare le opere o come trasportarle. Grazie a lui, la possibilità di ricevere un prestito in denaro offrendo come garanzia una o più opere d’arte da allora è sempre più diffusa. Deitch sapeva che gli artisti Christo e Jeanne-Claude chiedevano aiuto in genere negli ultimi sei mesi di un progetto, quando avevano disperatamente bisogno di soldi ed erano disposti a svendere le loro opere. Allora disse: «Non è il modo gusto. Perché non scegliete una linea di credito, come in qualsiasi altro settore?».
La cosa funzionò e diventò la prassi. Nel 1996 aprì ‘Deitch Projects’ e presentò un modello unico: dava 25.000 dollari all’artista per fare quello che voleva, a patto che poi avrebbero diviso a metà i profitti. Se l’opera non si vendeva, Deitch se la sarebbe tenuta. Ora immagina un mondo in cui l’artista non abbia bisogno di gallerie e musei e acceda direttamente al cliente, senza il solito apparato culturale, come è successo con Banksy e You Tube.
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