martedì 23 aprile 2024

 Guardate questa foto. E’ l’immagine dell’eternità così come essa si presenta alla nostra immaginazione nella sua immediatezza. L’essenza dell’uomo e dunque la sua storia è la volontà di eternità. Non possiamo tollerare il tempo, perché semplicemente non ha senso. Se lo l’accettassimo in tutta la sua violenta irrealtà, non ci alzeremmo da letto al mattino. Nulla di quanto potrebbe offrirci la giornata sarebbe meglio di non svegliarsi. Ma ci svegliamo e dunque cerchiamo da qualche parte qualcosa che possa fare da scudo al tempo. La prima esperienza, la più immediata è quella della famiglia. Forse la famiglia ha modo di sottrarsi al nulla, al non essere, ha modo di mantenere la sua realtà nonostante il tempo.

Guardiamo questo gruppo di famiglia. Potremmo supporre che una donna mezza età possa prendere il posto della donna molto vecchia sulla destra e così, per ogni componente della famiglia, ci sia qualcuno, che nel corso del tempo, prende il posto che occupava uno più vecchio, mentre dei nuovi bimbi compaiono dal nulla, man mano che quelli di adesso diventano i personaggi dei giovani e poi quelli degli adulti raffigurati nella foto. Dunque possiamo immaginare che questa foto rimanga immutata nel tempo, che essa si sottragga al divenire e rimanga identica ieri oggi domani. Ecco allora il primo e fondamentale valore per ogni individuo, la sua eternità sarà l’eternità della sua famiglia nella quale si sarà trovato a nascere e per la quale nessun sacrificio sarà vano. Essa infatti rimarrà ferma nel tempo e noi transiteremo da un’immagine all’altra delle figure che la compongono, sapendo che siamo quello che siamo perchè siamo parte di un tutto che rimane, che dunque ci garantisce la sensatezza della nostra volontà di essere. Per questo, più di ogni altra cosa, non possiamo che amare la famiglia.
Era il modo di pensare degli antichi romani. La gens era lo scopo al quale tutto indirizzare. Era la certezza che sarebbe rimasta nel tempo se avessimo lottato e fatto il nostro dovere senza risparmio. Il fatto è che le famiglie, se non ci fossero stati nemici esterni sarebbero andate avanti all’infinito, ma sole e isolate sarebbero state annichilite da bande organizzate di razziatori e dunque la loro eternità resa vana dalla violenza esteriore di forze estranee. La salvezza delle famiglie era allora la consociazione di molte famiglie per la comune difesa. I Greci chiamarono questa consociazione polis, i romani stato. Non una grande famiglia che le abbracciava tutte, cosa del tutto impossibile, giacché il tratto sostanziale della famiglia è la comune, fisica, conoscenza e la spartizione del pane e della fatica di metterlo in tavola e, da tutto ciò, un immediato e affettivo legame quale in nessun altro ambito si sperimenterà. No, la consociazione delle famiglie non generava una grande universale famiglia, ma una rete di rapporti contrattuali ben definiti, una serie di patti di mutuo soccorso, di cui quello fondamentale era l’intesa che ciascuna famiglia avrebbe retto con cuore fermo al dovere di cedere parte del proprio sangue affinché con esso si provvedesse al comune destino di salvezza. La Patria che altro era, se non questo? E dunque era la salvezza dello Stato,il suo durare attraverso il sangue, che dava all’idea di eternità una nuova certezza. Solo sacrificandosi per lo Stato, avrebbe avuto senso sacrificarsi per famiglia, giacché l’eternità del primo era condizione necessaria per l’eternità della seconda. Così almeno videro la cosa i diecimila opliti di Atene sulla piana di Maratona, davanti ai centomila del re dei re d’Asia. Così i Romani quando infine videro l’Apollo di Veio entrare in Roma per la porta trionfale, dietro il carro del console vittorioso.
L’eternità che lascia immaginare lo Stato è l’eternità delle leggende con cui racconta se stesso, dei simboli nei quali pone la sua potenza, delle forze celesti con le quali dialoga e alle quali chiede, per tutti, salvezza e vittoria. E poi però gli Stati crollano, nonostante tutto, e con essi le famiglie, le leggende che li onorano, i simboli dietro i quali tanta gloria si è levata fino al cielo, e scompaiono le divinità alle quali si aveva chiesto di far qualcosa, dove, con le sole braccia dei cittadini, difficilmente si poteva fare qualcosa. E così niente. La bella immagine della famiglia che ha messo nel sacco il tempo, rimanendo immobile nel tempo e salvando ciascuno mettendolo di volta in volta nella casella di colui che lo anticipava, in un ciclo di eterno ritorno, non trova nello stato, in questo organo superiore il surplus di forza che gli aprirebbe sul serio le porte dell’eternità. Anch’esso, per causa di un destino baro e cinico, non ha in sé sufficiente forza per far fronte ai disastri del tempo. Non restava che Dio, dentro di lui, come le immagini che raffiguravano ciascuno di noi dentro la famiglia, avrebbero per definizione la certezza di quell’eternità che hanno cercato invano nelle cose del mondo. Non per caso i Semper Fidelis, i Marines, hanno come motto “Dio, Patria, Famiglia”. Non per caso, tutto i ciò, Marines compresi, è stato buttato nella discarica fra molte risate. Non c’è eternità ci dicono i sussurranti il vero pensiero. Chi essi siano non è facile scoprirlo; certo sono quelli che hanno scelto l’uovo oggi.
Alfredo Morosetti

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