domenica 28 aprile 2024

 Con un piede nella linguistica e un altro nella contemporaneità, […] il professor Massimo Arcangeli nel suo Sciacquati la bocca: parole, gesti e segni dalla pancia degli italiani si immerge nelle forme e nel difforme della lingua italiana e dei suoi segni.

 

Mettendosi alla ricerca del rapporto più essenziale tra la nostra lingua e il mondo e conducendo una ricognizione compiutissima tra gesti offensivi, male parole e stereotipi culturali, ci consegna un referto impietoso di chi siamo quando parliamo, pensiamo o ci autorappresentiamo.

 

[…] alla fine il maggior pregio di questo studio […] è la sua forza complessiva, la visione globale, quella capacità di tenere il presente come riferimento anche quando di presente non sta parlando, al punto che per il lettore, spesso, è inevitabile istituire riferimenti e correlazioni in proprio.

IL DITO MEDIO DI VLADIMIR PUTINIL DITO MEDIO DI VLADIMIR PUTIN

 

Come quando, nel capitolo “Vai col corpo”, grazie a una lunga e dotta digressione sul dito medio – il tertius impudicus – e sul suo valore ingiurioso, si scopre che questo gesto supremamente volgare è anche supremamente antico, e che perfino il pittore Geofried Schalcken (1643-1706) in un autoritratto a lume di candela si ritrasse così, pare per citare il gesto di un giovanotto sullo sfondo di un proprio quadro precedente, il cui tema era una prova di castità: la figuretta comparirebbe a fare il gestaccio alle spalle di un medico che sta esaminando le urine di una giovane in lacrime.

 

dito medio umberto bossiDITO MEDIO UMBERTO BOSSI

Il gesto era molto popolare anche ai tempi della Guerra dei Cent’anni: i medi erano sventolati a mo’ di scherno dagli arcieri di Enrico V che invitavano così gli avversari a venirseli a prendere – l’amputazione sarebbe stata particolarmente debilitante per chi avesse dovuto tendere un arco. Gesto diventato anche linguaggio politico: chi avesse voglia di documentarsi sulle occasioni (decine e decine) e sui destinatari (svariati) del gesto ossessivamente ripetuto da Umberto Bossi, si dovrà districare in una vera e propria selva di dati ed episodi – e si renderà conto di come Besozzo sia teatro importantissimo di questa sguaiata drammaturgia gestuale.

sabato 27 aprile 2024

L’Anpi guida l’antifascismo, gli Elkann l’ufficio delle Imposte, Davigo la Giustizia, Travaglio il giornalismo, Santoro la buonafede, Saviano l’anticamorra, gli atenei l’antisemitismo, la Schlein la politica, Fiorello la genialità dei nuovi media, la Berlinguer la sacralità della memoria, Conte l’abilità […];

 

il dottor Mieli va e se ne pente, torna e se ne ripente, tanto ne pensa un’altra per cui chiedere scusa più di nascosto che può […].

 

Poi Lerner, uno di destra che, avendolo Ferrara preso a schiaffoni in un’antica tivù, aspetta da sinistra quella rivincita che non può arrivare;

 

quindi Eugenio Scalfari, che si rubò l’Italia; poi D’Alema, che si diede di gomito per tre quarti col vignaiolo, un pezzo col velista, un pezzettino con lo scarparo e il resto con la mezza Teheran dei cappi appesi alle gru. […] Ecco, e il ladro sarebbe Fassino? 

venerdì 26 aprile 2024

IDEOLOGIE

 Le ideologie sono in fase di esaurimento.

Le ideologie erano strutturate, cioè c'era una organizzazione, diciamo che erano istituzionalizzate.
Però gli individui hanno evidentemente bisogno di qualcosa in cui credere che non sia definito.
Cosi le ideologie hanno lasciato spazio ai terrapiattisti/ no vax/ madonne che piangono/ oroscopi/ e tutte le minchiate che si possono inventare.
Cioè c'è una enorme " domanda " di minchiate e " l'offerta " si adegua.
Sembra che gli individui non riescano a vivere con cose razionali, hanno un bisogno atavico di spiegarsi cose ma non vogliono fare la fatica di studiarsele, così si inventano cose per darsi spiegazioni come gli uomini preistorici si inventarono gli spiriti per spiegarsi il fulmine.
Non sono tutti così ma sicuramente una bella fetta.

giovedì 25 aprile 2024

 La terra di Israele è popolata dal popolo ebraico dal 2000 a.C. Ecco la cronologia, nel caso non vi fosse accorto che è la loro terra natale, come designato da Yahweh.

1900 a.C.:
- Abramo scelto da Dio come Padre
della nazione ebraica.
1900 a.C.:
- Isacco, figlio di Abramo, governa su Israele.
1850 a.C.:
- Giacobbe, figlio di Issac, regna su Israele.
1400 a.C.:
- Mosè conduce il popolo fuori dall'Egitto
e ritorno in Israele.
1010 a.C.:
- Re Davide unisce le 12 tribù in una sola
nazione.
970 a.C.:
- Re Salomone, figlio di Davide, costruisce la
primo tempio a Gerusalemme
930 a.C.:
- Israele è diviso in due regni, il
Regno d'Israele e Regno di
Giuda.
800 a.C.:
- L'ascesa dei profeti, di Dio
messaggeri.
722 a.C.:
- Il Regno di Israele è conquistato da
Assiri.
605 a.C.:
- Regno Giuda è conquistato dal
Babilonesi.
586 a.C.:
- Il Tempio di Salomone è distrutto dalla
Babilonesi.
539 a.C.:
- I persiani conquistano i Babilonesi e
prendere il controllo di Israele.
538 a.C.:
- Gli ebrei tornano in Israele dall'esilio.
520 a.C.:
- Il Tempio è stato ricostruito.
450 a.C.:
- Riforme fatte da Ezra e Nehemiah.
433 a.C.:
- Malachia è la fine della profetica
età.
432 a.C.:
- L'ultimo gruppo di ebrei tornati da
esilio.
333 a.C.:
- I greci conquistano il persiano
impero.
323 a.C.:
- L'impero egizio e siriano prendono
sopra Israele.
167 a.C.:
- La riconquista di Asmonean Israele, e la
Gli ebrei sono governati indipendentemente.
70 a.C.:
- I Romani conquistano Israele.
20 a.C.:
- Re Erode costruisce il "terzo" tempio
6 a.C.:
- Gesù Cristo è nato a Betlemme
70 d.C.:
- I Romani distruggono il tempio
Dopo di che, il popolo fu prigioniero di Romani, Bizantini, Arabi e Crociati. Attraverso tutti questi eventi, il popolo ebraico ha continuato a vivere in Israele. Ce n'erano più o meno, a seconda dei secoli, ma non c'è mai stato un tempo in cui gli ebrei non vivessero nella terra. Sono rimasti, hanno costruito le loro comunità, hanno cresciuto le loro famiglie, hanno praticato la loro fede e hanno sofferto per mano di molti governanti esterni, ma hanno sempre mantenuto la loro fede. È ciò che li sostiene, anche ora.
Maggio 1948:
- l'ONU ha istituito lo Stato di Israele,
la nazione degli ebrei.

martedì 23 aprile 2024

 COME SI DISSOLVE UN IMPERO

Quando Cesare invase e assoggettò la Gallia disponeva di 6 legioni e alcune migliaia di truppe dette ‘ausiliarie’. Circa 45 mila uomini. Tutti soldati professionali, comandati da un corpo ufficiali e, soprattutto, da sotto ufficiali (centurioni) di enorme esperienza, capacità di comando, senso della disciplina al limite del fanatismo. Una macchina da guerra straordinaria, che si muoveva su di un territorio vastissimo e sconosciuto con facilità di orientamento, ottima capacità di trovare rifornimenti alimentari, perfetta strategia di movimento per non farsi mai sorprendere impreparata dal nemico. L’intera popolazione dei Galli era stimata intorno ai 5/6 milioni di abitanti. Millecinquecento Galli (ma fra essi donne, vecchi, e bambini) ogni soldato romano. Per conquistare la Gallia Cesare ci mise 10 anni, ma in diverse occasioni fu vicino a un rovescio irreparabile; la resistenza fu durissima, eroica, epica.
Quando la confederazione delle tribù germaniche situate lungo il Reno inferiore, che presero il nome di Franchi, nome significativo, giacché vuol dire ‘gente libera’, passarono sulla sponda sinistra del Reno per stabilirsi definitivamente in Gallia, lo fecero in blocco ossia portandosi dietro donne, vecchi e bambini. Complessivamente si trattava di circa 6/700 mila persone, la cui forza combattente non poteva superare i 50/60 mila guerrieri. Si trattava di uomini abili a combattere individualmente, ma sostanzialmente disorganizzati, indisciplinati e divisi fra loro da rivalità di clan, di tribù, di capi; abituati a risolvere i reciproci conflitti con duelli o con l’assassinio a freddo.
In Gallia i loro spostamenti erano condizionati pesantemente dal dover proteggere e rifornire di cibo l’enorme massa dei non combattenti. Ebbene se Cesare ci mise dieci anni a conquistare la Gallia, loro in un’estate presero tutta la parte nord fino alla Senna e nei due anni successivi il resto, fatto salvo il regno Burgundo, situato lungo il Rodano e da qualche anno lì insediato in quanto i Burgundi, fattisi cristiani romani e alleati dell’impero romano, furono fatti entrare come alleati e in quell’area sistemati.
Come è possibile che un numero così piccolo di combattenti possa avere soggiogato i 7/8 milioni di abitanti della Gallia, divenuti ottimi romani, capaci di una tecnologia superiore e soprattutto protetti da città fatte di pietra e cinte da possenti mura e non più costituite da un insieme di capanne di legno, protette da una staccionata di pali, come ai tempi di Cesare? Perché loro, come tutto il resto dei sudditi romani ovunque, erano completamente disarmati, totalmente estranei a qualsiasi idea di autodifesa e impediti dalle leggi imperiali anche a prendere in considerazione l’idea di avere in casa una spada e costituire una milizia cittadina. Erano capponi di allevamento, esattamente come oggi i sudditi dell’Unione europea.
L’esercito imperiale romano, nel V secolo in Gallia, era un esercito di carta velina. Poche migliaia di soldati, che facevano, allora come oggi, il soldato per sbarcare il lunario e si trovavano in compagnia di commilitoni in gran parte di origine germanica, esattamente come oggi in Inghilterra e in Francia, dove, oltre all’aspetto grottesco di avere nei ranghi donne da combattimento, vi è un numero non indifferente di musulmani ossia di potenziali invasori da respingere.
Ma la stessa cosa in Cina all’epoca in cui Gengis Khan passò la grande muraglia e dilagò nell’impero celeste. Battuti gli eserciti imperiali cinesi, gonfi di soldati, ma imbelli e tentennanti, dilagarono per l’immenso impero senza trovare resistenza alcuna. Milioni e milioni di cinesi, totalmente disarmati, totalmente in balìa di qualche centinaia di migliaia di cavalieri mongoli.
La logica imperiale è quella del disarmo totale dei propri sudditi che vede come possibili nemici, o, più in generale, come proprio gregge da mungere senza che possa fare resistenza alcuna, e non come la fonte della propria legittimità al comando. Disarmo materiale con leggi che puniscono con la morte chi ha un’arma, disarmo morale delle menti dei sudditi con l’idea che debba essere un altro, sempre un altro, a proteggere la sua vita, perché si è finalmente entrati nel regno della ‘civiltà’.
Ovvio che una cosa così non sarebbe stata possibile in Atene, quando ogni cittadino era tenuto per legge ad avere in casa, se appena benestante, scudo elmo lancia e spada, allo stesso modo che oggi ogni cittadino Svizzero. Ma anche per tutta la repubblica romana, quando ogni romano ben nato era protetto da una propria guardia del corpo, ogni villa da schiavi armati fino ai denti, e ogni città alleata ed entrata a far parte del sistema di dominio romano comunque capace di provvedere da sé alla propria autodifesa. La prova di ciò? Basta la semplice cronaca storica. Come fu possibile la guerra detta sociale, ossia la sollevazione di gran parte delle città italiche soggette a Roma nel secondo secolo A.C., se non fossero state armate e difese da una milizia cittadina?
Come è noto, al tempo in cui Silla battè Mario e instaurò la sua dittatura, un numero non indifferente di città, specie dell’Etruria, rimasero mariane e nemiche di Silla, che pensò di domarle una ad una manu militari. Il caso più eclatante fu quello di Volterra, che diede rifugio ad un numero consistente di partigiani mariani. Silla diresse di persona l’assedio che durò ben due anni. Due anni, per una città situata in cima ad un’aspra collina, voleva dire che le sue milizie erano in grado, non solo di resistere, ma di forzare il blocco e far entrare cibo con cui rifornire gli assediati in armi. Quando qualche secolo dopo i Longobardi se la sgropparono per l’Italia del nord e del centro non trovarono resistenza alcuna. Milano che aveva una popolazione più o meno della stessa entità numerica dell’intero popolo longobardo aprì le porte e il culo, e Volterra, già Volterra, chi sa quante ore resistette all’assedio della cavalleria longobarda?
E’ dall’epoca di Augusto che sappiamo che nessuna città italica fu in grado di difendere se stessa, in quanto armata e dotata di una propria milizia. Non abbiamo notizie di città ribelli, di sollevazioni. Magari qualche protesta, duramente stroncata a mo’ di esempio perché la cosa non si ripetesse, ma mai più sollevazioni armate. Non potevano, le città erano disarmate, private della loro milizia cittadina e protette dall’esercito imperiale. Quando l’esercito imperiale divenne una barzelletta, le città, peraltro impoverite e intristite, non furono nemmeno in grado di resistere a quattro beduini del nord. Come oggi Londra, Parigi, Marsiglia, Milano, incapaci di resistere agli incursori musulmani sia dal punto di vista pratico/organizzativo, ma più ancora su quello mentale e morale. In Svizzera, dove la gente non vuole minareti e altre cagate del genere avendo votato per referendum in merito, non si è mai verificato un episodio di guerra guidato da incursori musulmani e nemmeno mai un assalto ad una casa di Svizzeri. Lì ogni maschio adulto e valido ha nell’armadio un fucile da guerra pronto.
Non meno significativa la vicenda americana. Non il diritto, bensì il dovere di portare (carry è il termine esatto che si legge nella Costituzione) armi, è lì motivato politicamente e moralmente dall’assunto che solo la popolazione in armi potrebbe, in caso di necessità, impedire a militari, politici e altri farabutti di professione, di imporre un regime tirannico. Oggi che gli Stati Uniti si sono trasformati in un impero, nemmeno lontanamente viene presa in considerazione, dal sistema di disinformazione di massa, l’ipotesi che il regime politico potrebbe trasformarsi in una tirannia, ma il dovere costituzionale a vigilare armati è sistematicamente trasformato, dai sistemi di condizionamento ideologico di massa, in un diritto eccentrico, retaggio del passato avventuroso e selvaggio della conquista del west, da eliminare quanto prima in nome del vivere civile e democratico. Ovviamente non si dice che il dovere del cittadino a vegliare in armi fu voluto dai civilissimi e coltissimi autori della Costituzione, per lo più ricchi proprietari terrieri da secoli nelle colonie britanniche della Virginia, del Maryland o del Massachusetts, quando si riteneva che gli Stati Uniti non dovevano allontanarsi dalle coste dell’Atlantico e il Middle West, ossia la Louisiana, apparteneva alla Francia e il Far West alla Spagna. Ma la logica degli imperi è la stessa in ogni luogo e in ogni tempo.
L’Europa Occidentale oggi non è un impero, ma un sub impero che aspira a farsi impero, pur essendo già come sub impero in una fase di sfacelo. Il suo tracollo è imminente, ma avverrà non per collasso, per bensì per corrosione a ruggine. In pratica uno stato di caos generalizzato con alzate di testa qui e là. Sarà qualcosa di molto simile al dissolversi della bolscevica repubblica jugoslava, con aree musulmane che rivendicheranno l’appartenenza alla terra di Dar el Salaam e che faranno fuoco sui bianchi ancora non convinti della bontà della ricetta del Profeta o non così depallati da considerarsi dhymmi e contenti.
Ora è del tutto folle immaginare che i governi imperiali europei possano pensare che la ricetta svizzera sia vincente, anche perché, come l’antica burocrazia imperiale romana, pensano che i barbari si possano prendere per il culo all’infinito e dunque il loro impero non corra alcun pericolo esterno, mentre dei sudditi armati possano gravemente nuocere allo loro salute. Così, se dal punto di vista pratico, il suddito imperiale europeo sarà esattamente nelle condizioni dei poveri Galli all’arrivo dei Germani, ossia completamente disarmati e abbandonati, oggi è possibile invece non esserlo sul piano mentale e morale. Basta approfondire la storia del tardo impero romano.


Luciano Priori Friggi
Alfredo Morosetti quando arrivano i romani in Gallia, al Sud, non è per metterli nel carniere, ma per difenderli, perché erano stati chiamati dai galli senoni, ecc. ... difenderli da chi? Dagli svizzeri in fuga dai germani.
Il nord della Gallia era già stato conquistato dai tedeschi e con loro i romani avevano un trattato di amicizia. 
I romani al nord non ci avevano mai messo piede.
I tedeschi, che poi agivano per tribù, non come nazione, non agivano per inclusione, ma per conquista e sottomissione totale. Diventavano padroni di tutto il territorio e i sottomessi servi della gleba. Il feudalesimo, insomma.
I tedeschi erano feroci, vedi i Longobardi. 
Gente che non coltivava la terra, ritenendolo un lavoro da schiavi, e gli schiavi non c'erano in Germania ... dove trovare schiavi potenziali? Nelle popolazioni stanziali, come in Italia, dove era dominante la piccola e media proprietà e dove c'era gente come Marco Porcio Catone.
Le guerre sociali distrussero la repubblica, a vincere fu il "popolo", cioè la città, cui piacciono gli imperi e i bottini, con cui campare.

 Se non vogliamo impazzire dobbiamo riconoscere che la strutturale imperfezione del mondo è una benedizione, come ben sapevano gli uomini del medioevo. L’inferno in terra sarebbe un mondo perfetto, quello che stiamo passo passo costruendo grazie alla religione della ragione. In che cosa consisterebbe un mondo perfetto? Un mondo che sarebbe l’esatta copia dei nostri ideali, ovvero un mondo che risponde in tutto e per tutto a quello che noi desideriamo si avveri. Ma siccome noi non sappiamo affatto in che cosa consista il mondo e, più ancora, se le idee con le quali cerchiamo di descriverlo corrispondano a qualcosa di certo e di fondato e non siano buffe approssimazioni con le quali diamo espressione positiva a ciò che ci pare utile ed espressione negativa a ciò che ci pare dannoso, quello che al massimo si può costruire non può essere che una grottesca caricatura delle nostre pulsioni più vili e meschine fatte passare per nobili ideali. E’ quello che oggi vediamo quando sentiamo questa orrenda pletora di pubblici funzionari e replicanti scolarizzati che mettono in “sicurezza” ogni cosa; proteggono l’ambiente, ci liberano dai pregiudizi, rendono eguale il diseguale, fanno cadere ogni discriminazione, rendono piatto ogni spuntone, distribuiscono patenti per ogni evenienza e, passo passo, sprofondiamo tutti nel silenzio dello spirito.

 Guardate questa foto. E’ l’immagine dell’eternità così come essa si presenta alla nostra immaginazione nella sua immediatezza. L’essenza dell’uomo e dunque la sua storia è la volontà di eternità. Non possiamo tollerare il tempo, perché semplicemente non ha senso. Se lo l’accettassimo in tutta la sua violenta irrealtà, non ci alzeremmo da letto al mattino. Nulla di quanto potrebbe offrirci la giornata sarebbe meglio di non svegliarsi. Ma ci svegliamo e dunque cerchiamo da qualche parte qualcosa che possa fare da scudo al tempo. La prima esperienza, la più immediata è quella della famiglia. Forse la famiglia ha modo di sottrarsi al nulla, al non essere, ha modo di mantenere la sua realtà nonostante il tempo.

Guardiamo questo gruppo di famiglia. Potremmo supporre che una donna mezza età possa prendere il posto della donna molto vecchia sulla destra e così, per ogni componente della famiglia, ci sia qualcuno, che nel corso del tempo, prende il posto che occupava uno più vecchio, mentre dei nuovi bimbi compaiono dal nulla, man mano che quelli di adesso diventano i personaggi dei giovani e poi quelli degli adulti raffigurati nella foto. Dunque possiamo immaginare che questa foto rimanga immutata nel tempo, che essa si sottragga al divenire e rimanga identica ieri oggi domani. Ecco allora il primo e fondamentale valore per ogni individuo, la sua eternità sarà l’eternità della sua famiglia nella quale si sarà trovato a nascere e per la quale nessun sacrificio sarà vano. Essa infatti rimarrà ferma nel tempo e noi transiteremo da un’immagine all’altra delle figure che la compongono, sapendo che siamo quello che siamo perchè siamo parte di un tutto che rimane, che dunque ci garantisce la sensatezza della nostra volontà di essere. Per questo, più di ogni altra cosa, non possiamo che amare la famiglia.
Era il modo di pensare degli antichi romani. La gens era lo scopo al quale tutto indirizzare. Era la certezza che sarebbe rimasta nel tempo se avessimo lottato e fatto il nostro dovere senza risparmio. Il fatto è che le famiglie, se non ci fossero stati nemici esterni sarebbero andate avanti all’infinito, ma sole e isolate sarebbero state annichilite da bande organizzate di razziatori e dunque la loro eternità resa vana dalla violenza esteriore di forze estranee. La salvezza delle famiglie era allora la consociazione di molte famiglie per la comune difesa. I Greci chiamarono questa consociazione polis, i romani stato. Non una grande famiglia che le abbracciava tutte, cosa del tutto impossibile, giacché il tratto sostanziale della famiglia è la comune, fisica, conoscenza e la spartizione del pane e della fatica di metterlo in tavola e, da tutto ciò, un immediato e affettivo legame quale in nessun altro ambito si sperimenterà. No, la consociazione delle famiglie non generava una grande universale famiglia, ma una rete di rapporti contrattuali ben definiti, una serie di patti di mutuo soccorso, di cui quello fondamentale era l’intesa che ciascuna famiglia avrebbe retto con cuore fermo al dovere di cedere parte del proprio sangue affinché con esso si provvedesse al comune destino di salvezza. La Patria che altro era, se non questo? E dunque era la salvezza dello Stato,il suo durare attraverso il sangue, che dava all’idea di eternità una nuova certezza. Solo sacrificandosi per lo Stato, avrebbe avuto senso sacrificarsi per famiglia, giacché l’eternità del primo era condizione necessaria per l’eternità della seconda. Così almeno videro la cosa i diecimila opliti di Atene sulla piana di Maratona, davanti ai centomila del re dei re d’Asia. Così i Romani quando infine videro l’Apollo di Veio entrare in Roma per la porta trionfale, dietro il carro del console vittorioso.
L’eternità che lascia immaginare lo Stato è l’eternità delle leggende con cui racconta se stesso, dei simboli nei quali pone la sua potenza, delle forze celesti con le quali dialoga e alle quali chiede, per tutti, salvezza e vittoria. E poi però gli Stati crollano, nonostante tutto, e con essi le famiglie, le leggende che li onorano, i simboli dietro i quali tanta gloria si è levata fino al cielo, e scompaiono le divinità alle quali si aveva chiesto di far qualcosa, dove, con le sole braccia dei cittadini, difficilmente si poteva fare qualcosa. E così niente. La bella immagine della famiglia che ha messo nel sacco il tempo, rimanendo immobile nel tempo e salvando ciascuno mettendolo di volta in volta nella casella di colui che lo anticipava, in un ciclo di eterno ritorno, non trova nello stato, in questo organo superiore il surplus di forza che gli aprirebbe sul serio le porte dell’eternità. Anch’esso, per causa di un destino baro e cinico, non ha in sé sufficiente forza per far fronte ai disastri del tempo. Non restava che Dio, dentro di lui, come le immagini che raffiguravano ciascuno di noi dentro la famiglia, avrebbero per definizione la certezza di quell’eternità che hanno cercato invano nelle cose del mondo. Non per caso i Semper Fidelis, i Marines, hanno come motto “Dio, Patria, Famiglia”. Non per caso, tutto i ciò, Marines compresi, è stato buttato nella discarica fra molte risate. Non c’è eternità ci dicono i sussurranti il vero pensiero. Chi essi siano non è facile scoprirlo; certo sono quelli che hanno scelto l’uovo oggi.
Alfredo Morosetti

PAPIRI ERCOLANO

 Dai papiri di Ercolano riemerge il luogo esatto della sepoltura di Platone nell'Accademia ad Atene: era situato nel giardino a lui riservato (un'area privata destinata alla scuola platonica) vicino al cosiddetto Museion o sacello sacro alle Muse.

 

Lo rivela il papirologo Graziano Ranocchia dell'Università di Pisa, presentando alla Biblioteca Nazionale di Napoli i risultati di medio termine del progetto di ricerca 'GreekSchools' condotto con il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

 

La scoperta è racchiusa in mille parole nuove o diversamente lette del papiro contenente la Storia dell'Accademia di Filodemo di Gadara. L'aumento del testo (pari al 30% in più rispetto alla precedente edizione del 1991) corrisponde all'incirca alla scoperta di 10 nuovi frammenti di papiro di media grandezza. Il testo rivela che Platone fu venduto come schiavo sull'isola di Egina già forse nel 404 a.C., quando gli Spartani conquistarono l'isola o, in alternativa nel 399 a.C., subito dopo la morte di Socrate.

platonePLATONE

 

Finora si era creduto che Platone fosse stato venduto come schiavo nel 387 a.C. durante il suo soggiorno in Sicilia alla corte di Dionisio I di Siracusa. I testi parlano anche della sua ultima notte, ma non solo. Diverse nuove letture forniscono un nuovo quadro delle circostanze della corruzione dell'oracolo di Delfi da parte del filosofo accademico Eraclide Pontico.

 

Viene inoltre corretto il nome di Filone di Larissa in 'Filione' (allievo del grammatico Apollodoro di Atene per due anni e dello stoico Mnesarco per sette anni), che morì a 63 anni in Italia durante una pandemia influenzale.

sabato 20 aprile 2024

OCCIDENTE

"LA PERDITA DELLE PROPRIE RADICI SARÀ LA FINE DELL'OCCIDENTE".
“La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie”
“C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”.

Papa Benedetto XVI (dal libro " Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam”, 2004) 

domenica 14 aprile 2024

IL SALVATORE

 I cristiani aspettano Gesù da 2000 anni.

I musulmani aspettano un messia dalla linea di Maometto da 1300 anni.
Gli indù aspettano Kali da 3700 anni.
I buddisti aspettano Maitreya da 2600 anni.
Gli ebrei aspettano il Messia da 2500 anni.
Sunnah aspetta il Profeta Issa da 1400 anni.
I musulmani sciiti aspettano l'Imam Mahdi da 1080 anni.
I Druzer stanno aspettando Hamza ibn Ali da 1000 anni.
La maggior parte delle religioni adotta l'idea di un Salvatore e dice che il mondo rimarrà pieno di malvagità finché questo Salvatore non verrà e lo riempirà di bontà e giustizia.
Forse il problema dei credenti su questo pianeta è che si aspettano che qualcun altro venga a risolvere i loro problemi invece di farlo da soli.

VITA E RISCHIO

 Non puoi fare nulla di significativo nella tua vita se il fare non è accompagnato da qualche rischio pericoloso per quello che sei come corpo e come mente. Se fai qualcosa senza pericolo alcuno è come se non facessi niente, illudendoti di fare qualcosa. Il turismo ne è l'esemplificazione più convincente. Ti muovi, ma è come se non ti muovessi, eppure ti illudi di avere fatto qualcosa di significativo e non qualcosa di ridicolo. Il sistema è oggi quello di fare vivere tutti di illusioni, ovvero di poter trarre sapienza o almeno godimento da esperienze che sono per definizione prive di pericolo. Ma la realtà si vede bene. C'è figura più tragica e grottesca di colui che gioca a poker usando i fagioli invece che i soldi? Se non metti in gioco la tua vita o almeno quello che ti raffigura come identità sociale, non avrai mai vissuto il significato reale di una qualunque esperienza esistenziale. Se in amore non accetti di perdere te stesso, che cazzo di esperienza dell'amore avrai mai fatto? Se ti metti in viaggio dando per scontato che tornerai a casa, che cazzo di viaggio avrai mai fatto? Se ti metti in politica e non metti in conto che qualcuno potrebbe ucciderti o annientarti umanamente, che politico sarai mai?

sabato 13 aprile 2024

LIBERTA' E CONCESSIONI

 Il Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena, demolisce la cosiddetta legge contro i rave party emanata dal Governo Meloni.

"Il primo provvedimento emesso dal governo Meloni è semplicemente spaventoso, perché profila nell’immaginario collettivo il probabile avvento di uno Stato di Polizia.
È difficile, se non impossibile, trovare una disposizione di legge scritta in modo peggiore di questa.
Questo decreto rimette tutto all’arbitraria valutazione degli agenti di polizia, che potrebbero, in ipotesi, ordinare lo sgombero di qualsiasi tipo di raduno.
Inoltre salta agli occhi l'enorme sproporzione tra la gravità della condotta e la pena inflitta, una sproporzione che porta addirittura a considerare il divieto di riunione alla pari dei delitti per mafia.

Si tratta di una norma che infrange i fondamentali principi costituzionali della nostra democrazia".

Le considerazioni di Maddalena sono assolutamente condivisibili, perché sono argomenti basate su solide basi razionali e su congetture sull'uso futuro dell'articolo in questione di tutto buon senso. Resta il problema del perché. Perché sono rozzi e ignoranti. Credono di essere i manovratori, ma in realtà sono i manovrati. Il provvedimento rientra nelle necessità generali del sistema di trasformare ogni libertà in una concessione. Ora potrai assembrarti solo per concessione del regime. Potrai occupare un parco o un giardino pubblico o una scuola solo se ti verrà concesso dall'alto. E' una cosa apocalittica che segnerà la vita degli ultimi anni della civiltà tardo illuminista e scientocratica, prima del suo grande crollo. Il sistema ha bisogno di controllare tutto e dunque essere un sistema di concessioni e di patenti. Perché ha questo bisogno? Perché sta in piedi per scommessa, è una sorta di castello di carte e basta un venticello improvviso per far deragliare tutto. E' una società totalmente nichilista nella quale nulla vale se non la propria personale soddisfazione che poi nessuno trova. Provate a trovare la colla che possa tenere insieme un mondo simile.


PAROLE E PROPAGANDA

 Il mio invito, a quelli che possono, è concentrarsi sempre sul linguaggio. E’ sulla sua manipolazione che avviene la costruzione dell’opinione pubblica e del buon senso, ossia di ciò che è vero o falso, buono o cattivo, bello o brutto, che finisce per affermarsi come dato di fatto, nella mente dei più.

Hanno, ma sono ormai decenni, inventato la nozione di “terrorista”. Chi sarebbe? un combattente nemico che usa mezzi odiosi, proditori e vili, per generare terrore nei suoi nemici.
Mia madre odiava gli americani, perché avevano praticamente raso al suolo Vicenza (e con lei ogni piccola media grande città del nord) e trasformato la vita di tutti in un orrendo incubo notturno, quando da lontano si sentiva il rombo dei bombardieri, costringendo l’intera popolazione a correre nei rifugi e passare ore in un silenzio angoscioso in una cantina, una galleria, un fossato.
Li odiava perché aveva capito, prima di tutti, che sarebbero diventati i padroni del mondo non tanto per il terrore che spargevano a piene mani, ma perché erano maestri nel cambiare il nome alle cose. Bombardavano inermi e senza alcuna rilevanza bellica città d’arte, piccoli paesi di campagna, persino mitragliavano, se non avevano meglio da fare, carretti di contadini su strade sterrate di montagna, ma non lo facevano per terrorizzare la popolazione civile, bensì per la liberazione degli italiani. Aveva capito, che l’uso della comunicazione che facevano nazisti, fascisti, comunisti era un gioco da ragazzi, perché era semplice propaganda e chi non fosse cretino capiva subito che era solo propaganda. Al contrario gli americani non facevano propaganda, facevano informazione. Erano riusciti a nascondere la fonte e il fine di chi comunicava e lo facevano apparire come un “dato di fatto”. Non facevano opera tronfia di convincimento, ma vi informavano su come stavano le cose e che significato era giusto dare alle parole che raffiguravano per quello che erano i “dati di fatto”, nella loro cruda verità.
Così adesso tutti trovano odioso chiunque sia bollato con la parola “terrorista”. Se sei terrorista non solo sei un nemico, sei nemico particolarmente odioso, perché sei vile, colpisci a tradimento, mordi e scappi. Se invece bombardi Belgrado, lo fai per scopi umanitari che qualunque seguace di Gandhi non potrebbe non approvare.
Così adesso sappiamo perché è giusto odiare e disprezzare il terrorista Cospito, che ha colpito a tradimento nientemeno lo Stato, quello che liberisti vorrebbero annichilire col telecomando dalla poltrona di casa.

LE INTENZIONI DEGLI ALTRI

 C’è un libro che è molto interessante ed anche scritto bene e in modo avvincente. E’ “Il dilemma dello sconosciuto” di Malcom Gladwell.

La tesi che sostiene è interessante e ben argomentata: noi non sappiamo assolutamente capire e conoscere le vere intenzioni di chi ci sta di fronte e non conosciamo.
Il Libro riporta casi clamorosi di spie dentro la Cia e la Dea non riconosciute, gli errori sistematici di valutazione dei giudici sulla personalità degli accusati, i casi storici di incontri fra capi di Stato dai quali dipendeva la pace e la guerra, tipo Chamberlain e Hitler.
Ma la tesi più interessante è perché raramente scopriamo che qualcuno ci mente. Non lo scopriamo perché, a meno che questi non faccia errori madornali di comunicazione, abbiamo di fondo un istinto che ci guida ed è quello che attribuiamo in prima battuta la buona fede a chi ci dichiara qualcosa (dove sei stata, cara?). Questo fattore da un vantaggio incredibile a mentitori, truffatori e manipolatori. Lo vediamo ogni giorno nella comunicazione di massa, dove menzogne certe non vengono rilevate, ipotesi balorde date per fatti certi e così via. L’idea è che anche davanti a fatti che smentiscono o generano dubbi su quanto raccontato, valgono poco perché prevale l’attesa di ricevere verità. Persino nell’ambito dei servizi segreti, questo vale poco a far scoprire doppiogiochisti per anni e anni e in posizioni strategiche. Lo vediamo ogni giorno con le falsità della comunicazione mediatica. Secondo Gladwell persino il dubbio non basta a sospendere la credibilità di coloro a cui abbiamo dato credito. Solo una serie di fatti eclatanti e senza possibilità di smentita, specie se colpiscono gli interessi e la reputazione di riceve le menzogne, riescono a smontare il castello di carte false dietro cui si nascondono.

DHYMMI

 "Ecco, io ho dedicato la mia vita a una cultura di minoranza, la cultura ebraica del centro-est Europa. Ma io, dalla vicenda degli ebrei, ho imparato una cosa, una, principale. Si sta con gli oppressi. Si sta con gli oppressi. Mai a nessun titolo con gli oppressori."

(Moni Ovadia)
Vorrei interloquire solo con persone intelligenti e colte. Gli imbecilli che vivono di emozioni e di slogan televisivi, abbiano la compiacenza di rivolgersi ai loro simili.
Il brano di cui sopra è di un noto uomo di spettacolo. Il contenuto espresso è vero o falso? Non è vero e non è falso, perché è una decisione, ovvero stabilisce una linea di condotta e indica cosa fare una volta che sia possibile stabilire chi reciterà la parte dell'oppresso e dell'oppressore. Dunque non nega e non afferma uno stato di fatto, bensì impone un ordine di azione. Ciò premesso, per fare chiarezza logica, accettiamo la linea di condotta decisa da Ovadia. Cosa dobbiamo rilevare in proposito ai musulmani? Che sono più di un miliardo e ovunque opprimono qualcuno, lo opprimono spiritualmente, imponendo a chi non si converte la condizione di essere inferiore, stabilita dal loro libro sacro, di dhymmi, cioè di essere appena tollerato se paga la tassa stabilita per essere lasciato in vita, altrimenti passibile di essere eliminato. Esiste al mondo testo sacro che contenga un principio simile? Se poi guardiamo ovunque si sono radicati, la pratica dell'aggressione omicida se non lo sterminio di massa è cosa del tutto normale. E' successo per gli Armeni e ancora succede oggi in Armenia. Se siete cristiani correte seri pericoli di bruciare vivi in chiesa in Nigeria o in Somalia. Non ho mai avuto notizia che in Nigeria qualche moschea sia stata fatta saltare in aria, eppure non passa giorno che qualche cristiano non venga sacrificato in nome di Allah. Molti omosessuali occidentali amano il popolo palestinese, quello che si appoggia in massa ad Hamas, a sua volta espressione del regime teocratico iraniano, dove verrebbero impiccati immediatamente sulla pubblica piazza se osassero solo dichiarare le loro preferenze sessuali. Molte donne guardano sgomente le povere intubate dai talebani dell'Afghanistan e mostrano le foto di donne afghane in minigonna prima della rivoluzione religiosa. Non c'è oppressione femminile in Afghanistan, una pura impressione dovuta alla distorsione dei fatti, causata da un punto di vista elitario e privilegiato. Comunità musulmane sono oggi ovunque in Europa. Divengono unità territoriali impenetrabili e scansate persino dalla polizia. Lì inizia a funzionare la sharia e, peraltro, bisogna stare attenti quando si gira nelle pubbliche vie che qualcuno non decida di dare una lezione a chi li ospita, ad esempio investendo sulla promenade des anglais di Nizza i passanti con un Tir o sparando a mitraglia a quelli che vanno a ballare in discoteca. Se poi esprimete le vostre opinioni sul profeta in qualche luogo pubblico o su qualche rivista siete morti. In Francia un bel numero di professori deve vivere nascosto protetto dalla polizia, alcuni sono stati sgozzati, i redattori di una celebre rivista satirica mitragliati, alcuni scrittori condannati a morte da una fatwa e costretti a vivere nascosti sotto sorveglianza della polizia, un celebre vignettista danese dichiarato un morto che cammina. Decina di bombe sulla metro delle principale città europee, decine e decine di ragazzini con una cintura esplosiva che hanno fatto saltare bus a Tel Aviv e Gerusalemme. Chi sono gli oppressori e chi oppressi? Non ci sono dubbi, ma se ne dubitate allora vuol dire che meritate di finire la vostra vita da schiavi dhymmi perché lo siete già adesso.

CONDIZIONAMENTI

 

ALFREDO MOROSETTI
Delle follie dei nostri tempi
Una delle idee considerate più valide e giuste dei nostri tempi è il "non condizionamento". Si suppone che ciascuno dovrebbe generare da sé convincimenti e valori. In quest'ottica si spiega, ad esempio, l'eliminazione della Croce dalle scuole. Sarebbe, come lo è in effetti, un simbolo che rimanda ad un convincimento collettivo da secoli tramandato di generazione in generazione. Lo stesso per tutti gli altri simboli religiosi (battesimo, e così via..); naturalmente ad essere rigorosi le forme di condizionamento sono vaste, anzi innumerevoli. Ad esempio tutti i simboli politici che ci fanno da contorno: Resistenza, Costituzione, bandiera patriottica, e, infine istituzioni e autorità che li rappresentano. Perché dovrei accettarli senza avere prima studiato e essermi fatto una mia idea di essi? Lo stesso per normali imperativi morali che regolano la vita di tutti. Perché dovrei accettare che rubare, ammazzare, violentare mi venga insegnato essere molto sbagliato senza che io me ne faccia un'idea personale? Non è un assurdo condizionamento? E, andando avanti su questa strada, il condizionamento dei condizionamenti: avere imparato una lingua. Come si sono permessi i genitori di condizionarmi con la loro lingua, senza che io abbia potuto decidere se era bene o male che la imparassi e magari avessi preferito nessuna lingua oppure invece che l'italiano avessi deciso che la mia lingua madre dovesse essere l'arabo?
Cosa deduciamo da questo procedere per assurdo? che il non condizionamento non è possibile, perché vivere è condizionarsi a vicenda per definizione, a partire appunto dal fatto che per poter pensare e quindi poter decidere, devi imparare una lingua e questa ti è imposta dalla famiglia in cui nasci. In sintesi cosa dire allora dell'ideologia del "non condizionamento"? Che appunto è uno dei tanti trucchi velenosi con cui il serpente che regge il processo autodistruttivo di questo mondo si è inventato per incantare i minus habens.

ISLAM E APOCALISSE

 APOCALISSE

di Alfredo Morosetti
Il contesto di fondo che abbraccia e regola la teologia islamica è quello dell’apocalisse. Nel linguaggio di senso comune, quello dell’europeo medio senza particolari studi alle spalle, apocalisse vuol dire essenzialmente disastro, catastrofe, crollo e rovina. Ma è un significato completamente errato, o meglio l’apocalisse porta con sé, necessariamente, il crollo, la fine, dell’esperienza abituale quotidiana, l’assurdo e abominevole non senso dell’esistenza così come essa si presenta ai nostri sensi. Tuttavia, apocalisse è una parola greca che significa disvelamento, è il giorno nel quale finalmente il mistero, dentro il quale la nostra ordinaria esperienza di vita si nasconde, si risolve e il nascosto si mostra. Il giorno dell’apocalisse è perciò anche quello del giudizio finale, quello in cui a ciascuno sarà dato il suo. Ogni cosa venuta all’esistenza sarà giudicata e ciascuna di esse avrà esattamente ciò che ha meritato, secondo l’infallibile giudizio di Dio. Il musulmano vive intensamente questa attesa e sa che deve operare affinché essa possa realizzarsi quanto prima, quando finalmente le antiche profezie si saranno avverate e il mondo, totalmente sottomesso all’islam, non avrà più ragione di durare nella sua forma ingannevole nella quale si presenta agli occhi della vita quale la conosciamo attraverso i sensi. Un sogno ingannevole, crudele, malevolo che sconvolge le anime nobili e rende i tristi sempre più smaniosi delle cose che li rendono tristi e bestiali.
In altre parole, non essendoci più ragione per il jihad, che è la vera missione del musulmano, non c’è neanche più ragione perché il mondo si presenti nella sua forma ingannevole e crudele.
Questo, nel suo concetto sintetico, il senso che spiega il vero e profondo scopo della vita, cioè del jihad. Arrivare, attraverso di essa alla verità finale, liberare tutti dall’inganno di quel miraggio che gli stupidi e i malvagi chiamano realtà, ossia la famosa grotta platonica, consentire ai giusti di ricongiungersi con Dio, far sprofondare per sempre nelle tenebre dell’inferno i nemici di Dio.
Se visitate qualunque grande cattedrale europea, vedrete sui suoi portali la riproduzione in pietra della profezia dell’Apocalisse e con essa la scena del Giudizio finale. Cristo sta in alto, ieratico e immobile in una inaccessibile severità di sguardo, nonostante che la Madonna e Pietro intercedano per la sua misericordia. Sotto, a destra per chi guarda, i diavoli si impadroniscono delle anime dei dannati e li precipitano nell’inferno. A sinistra, gli angeli indicano la via del cielo ai salvi. Particolare di non poco conto, i dannati e i diavoli sono completamente e oscenamente nudi, gli angeli e i salvi avvolti in una candida tunica (quello in foto, il portale della cattedrale di Amiens, la più grande di Francia, alla quale Ruskin dedicò un suo celebre volume).
Quindi nulla di cui preoccuparsi, anzi forse essere contenti, giacché a prima vista nessuna sostanziale differenza nel vedere le cose fra Cristiani e Musulmani. Forse anche giusto ringraziarli per provare a salvare l’Europa dal paganesimo ormai dilagante.
Ma c’è una differenza di fondo. Si dicono più o meno le stesse cose, ma in un significato completamente diverso. La redenzione del mondo sarà, per i musulmani, opera di un manipolo di santi e di martiri che, con la spada, imporranno al mondo intero di sottomettersi e non importerà se i sottomessi saranno sottomessi per timore e opportunismo, quando sarà poi Dio a giudicare della loro destinazione finale, in base al vero segreto che nascondono nel loro cuore. Ma, in ogni caso, la volontà di Dio sarà fatta da qualcuno in nome di tutti, piaccia o non piaccia loro.
La prospettiva cristiana è, invece, diametralmente opposta. Non c’è nessuno che può salvare nessuno. Non c’è il settimo cavalleria che arriva alla carica e salva gli assediati dietro l’anello dei carri dai diavoli scatenati. Chi si salva, lo può fare solo da sé, per un intimo e misterioso convincimento della anima. Come infatti si dice giustamente, nessuno nasce cristiano, ma qualcuno lo diventa. Non puoi dunque essere un apostata, se prima non hai deciso, di tua volontà, che Cristo è la verità, semplicemente perché nessun simbolo, nessun rito, certifica la tua vera appartenenza, solo il tuo cuore e forse neanche quello, sa chi veramente sei. Al contrario, l’idea dei fedeli, nel mondo musulmano è quella di un gregge dal quale nessuno ha diritto di uscire e il compito dei veri credenti quello di impedire a chiunque di scegliere la sua via personale.
E’ una differenza che spiega la grandezza della civiltà cristiana e fronte del conformismo devastante di quella musulmana.

“IMAGINE” E IL GIORNO DELLA MEMORIA


Di Alfredo Morosetti
E così nel giorno della memoria scopri che una fetta non indifferente di italiani sono razzisti antisemiti. Che odiano gli Ebrei, anche se non hanno abbastanza fegato e attributi per dare sfogo al loro segreto sentimento. Allora per salvare la faccia sul tram e in ufficio, dicono di detestare il Sionismo e finalmente hanno trovato la grande trovata con la quale poter esprimere il lato malvagio della loro anima, quello appunto che fa loro odiare a prescindere qualcosa in generale e di astratto, gli Ebrei in questo caso, ma potrebbe benissimo essere lo juventino o il terrone.
La grande maniglia a cui si appigliano è l’idea incredibile che Israele stia compiendo un genocidio premeditato di un popolo pacifico e innocente. Da Gaza ogni giorno partono treni blindati colmi di donne vecchi e bambini, vanno nel deserto del Negheff, e li gasano in apposite baracche. Anzi per risparmiare sul gas, come è naturale dati i precedenti genetici, li affogano nel mar Morto, unendo così il risparmio alla beffa.
Insomma Israele non sarebbe in guerra contro Hamas e il popolo che lo sostiene e lo vuole al potere e dunque, di fatto, qualche civile potrebbe morire come vittima collaterale delle azioni di guerra, ma starebbe annientando a tavolino il glorioso popolo palestinese, quello che manda i fanciulli a farsi esplodere sui bus, cattura e sgozza civili catturati a caso, spara razzi indiscriminatamente sulle città israeliane, istruisce a uccidere senza rimorsi gli Ebrei in quanto Ebrei, fin dalla più tenera età qualunque adolescente sia sotto il suo potere. No, i fanatici nazisti non sarebbero i Palestinesi, ma gli Israeliani. Prosciutto sugli occhi? Solo in parte, perché appunto i filo palestinesi sono di tre specie differenti, ma tutte ben consce della necessità di trovare un finto argomento morale per dare fiato al loro odio e, per alcuni, ai loro reconditi terrori.
Quelli del genocidio sono i più viscidi e vili, non fosse altro perché sono totalmente in malafede. Paragonare una guerra, una delle infinite e costanti guerre che sono intrinseche al genere umano e sono ineliminabili, a quanto è accaduto agli Ebrei - si badi agli Ebrei non al popolo ebraico che non esisteva - per opera del Nazismo è moralmente disgustoso. Mai, a freddo, utilizzando un sistema di annientamento scientifico-tecnologico, come si sarebbe potuto usare con degli insetti, è avvenuto nella storia dell’uomo. Persino il genocidio perpetrato dai khmer rossi nei confronti di chi portava gli occhiali o sapeva leggere e scrivere è stato sul piano morale meno diabolico. Aveva una ragione definita, individuava un nemico non un insetto o un virus di cui igienizzarsi.
Non c’è mai stata una guerra fra i Tedeschi e il popolo ebraico, per il semplice fatto che il popolo ebraico non esisteva. Non esisteva un territorio che corrispondesse a questo popolo. I Tedeschi - e basta con questa menata dei nazisti - hanno dichiarato guerra alla Francia, all’Olanda, alla Polonia, alla Russia e poi - incredibile ma vero - anche all’Italia, l’alleato del cazzo, passato con i vincitori. In Francia hanno sequestrato cittadini francesi di religione ebraica e li hanno spediti nei campi ad essere prima sfruttati come braccia da lavoro e poi sterminati in modo scientifico. Lo stesso per i cittadini di religione ebraica Olandesi, Belgi, Polacchi, Russi e infine Italiani. Gente disarmata, che viveva come tutti gli altri concittadini in determinati quartieri, facendo la vita ordinaria di tutti i giorni. Sequestrati e sterminati, perchè non era bello che esistessero.

Ecco, paragonare qualcosa del genere a qualunque altra strage sia mai avvenuta nella storia è impossibile, perché non esistono casi analoghi. Dire che oggi gli Israeliani fanno qualcosa di simile è infamante per chi lo afferma. Solo anime molto nere possono, per motivi ovviamente politici, creare questa vulgata e diffonderla fra i popolani che nella loro ignoranza istintuale odiano gli Ebrei perché è brutto essere Ebrei, cioè strozzini, e non generosi e principeschi come lo sono loro. Accanto ai politici mestatori e ai popolani schifosi, c’è poi la terza categoria. Quella della generazione “Imagine”, si la canzone del satanico John Lennon. Quelli che hanno interiorizzato la dimensione spirituale contenuta in quel testo. Quella del mondo ridotto a un parco naturale, dove in un clima di universale armonia si tromba universalmente consumando ambrosia, tutti amano tutti, nessuno sa più chi è ma gode tantissimo sotto l’ombra di un albero, accarezzando il vicino, che non sa se è uomo o donna, bianco o nero, vecchio o giovane. Ecco questa figura morale, nata dal capitalismo del consumo e dello spettacolo, ha una sola paura: che il sogno in cui si è rifugiato sia arrivato al termine e la sveglia possa suonare da un momento all’altro. Questo spiega perché “immaginare” il pacifico popolo palestinese bisognoso di essere messo nella condizione di mostrare al mondo quanto potrebbe essere pacifico se non fosse per quei bastardi che girano in carramato. 

SCUOLA SELETTIVA

Alfredo Morosetti

Gentile, nel 1924, ebbe un'idea fascistissima: il compito dello stato è quello di formare la classe dirigente attraverso una scuola ultra selettiva e severissima nell'allontanare le menti non creative e non dotate di senso critico. Creò il liceo scientifico accanto al classico. Ma non era un'idea del tutto nuova. Copiava quello che c'era all'estero, in Germania e Francia, ma anche in Inghilterra vi erano i grandi licei di cui ci hanno parlato Nietzsche con ammirazione (frequentò l'immenso liceo classico di Phorta, di cui parlava quasi in termini religiosi); Proust il Condorcet di Parigi e così via. Lo stato creava così la sua classe dirigente e offriva anche ai poveri ma intelligenti (Nietzsche era povero di famiglia, ma anche Wagner, ma anche Hegel, ma anche Ficthe) la possibilità di ascendere ad una visione superiore delle cose.
Oggi il sistema dice che non deve essere lo stato a formare il ceto dirigente e distrugge ovunque il liceo classico non solo in italia ma in tutta europa. La formazione della classe dirigente sarà fatta in ambiti privati e persino sconosciuti alla collettività. Ai pezzenti una scuola per imparare a giocare col computer e avvitare lampadine. Il mito dell'istruzione "che serve a qualcosa" (in pratica a mangiare, cioè ad essere un sottoposto, un dipendente) è riuscito a togliere alle plebi l'unica possibilità che avevano di vedere le cose da un punto non televisivo.

IL PANE

  Maurizio Di Fazio per il  “Fatto quotidiano”   STORIA DEL PANE. UN VIAGGIO DALL’ODISSEA ALLE GUERRE DEL XXI SECOLO Da Omero che ci eternò ...