Vittorio Sabadin per www.lastampa.it
La morte è un’esperienza più piacevole di quanto siamo portati a pensare e l’idea che si tratti di qualcosa di triste e terrificante è molto lontana dalla realtà. L’università del North Carolina ha condotto una ricerca, pubblicata su Psycological Science, prendendo in esame le frasi pronunciate da malati terminali o da condannati a morte, e ha scoperto che più si avvicina il momento della fine, più i loro pensieri diventano positivi, al punto che la morte viene considerata quasi un’esperienza felice.
Queste considerazioni sono state messe a confronto con quelle di un gruppo di volontari, ai quali è stato chiesto di immaginare la propria morte. Quasi tutti l’hanno descritta come un momento terrificante, triste e doloroso, solitario e privo di significato. Ma per chi sta per morire davvero non è mai così: i malati e i condannati a morte trovano grande conforto e serenità anche nella religione e nella famiglia, com’è testimoniato persino dalle lettere dei soldati delle due guerre mondiali. Le loro ultime parole sono piene di amore, di perdono, di connessione sociale e di significato.
«Gli esseri umani – ha detto il professor Kurt Gray, uno degli autori della ricerca – si adattano a ogni situazione, sia fisicamente che emotivamente, e lo fanno anche nel momento estremo della morte. Pensiamo che sia un evento terrificante perché la nostra cultura ce lo fa credere, ma non è così: più ci si avvicina alla fine e più la visione della morte è positiva».
Anche le persone che hanno avuto esperienze «ai confini della morte» (Near Death Experience), che hanno cioè ripreso le funzioni vitali dopo averle perse per alcuni minuti, hanno raccontato di avere provato una sensazione di pace e serenità mai avvertita prima nella stessa misura, e di tale intensità da generare la paura di «tornare indietro» allo stato precedente. Ma cosa ci sia davvero dall’altra parte di questo confine nessuno lo sa: logico quindi averne un po’ di paura.
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