lunedì 12 giugno 2017

Gillo Dorfles

Estratti del libro “Paesaggi e personaggi” di Gillo Dorfles pubblicati dal “Corriere della Sera”

Fu negli anni del ginnasio che cominciai a nutrire una passione per i libri belli. Un giorno entrai nella piccola libreria antiquaria di via San Nicolò e notai un magnifico esemplare settecentesco del Fedone di Platone. « Cos' ti vol picio?» incalzò da sotto la visiera il proprietario del negozio, che era Umberto Saba.

« No xe roba per ti », proseguì con tono solo apparentemente più benevolo, senza sapere che io ero interessato più all' antica rivestitura di cuoio che al contenuto.
Fu questo il mio primo incontro con il vecchio e celebre poeta. Un uomo che presto si rivelò presuntuoso, nevrotico e poco espansivo, ma attraverso cui ebbi la possibilità di incontrare l' impareggiabile Lina - sua moglie - e la figlia Linuccia, una delle amiche più fedeli della mia adolescenza.

Mi recavo nel loro appartamento cupo e disadorno di via Crispi almeno un paio di pomeriggi a settimana, una delle mie mete preferite. Se Saba tollerava appena la mia presenza, la Lina non ha mancato una sola volta di accogliermi con affetto.

TOSCANINI
(…) 2003 Fu all' inizio degli anni Trenta che conobbi la famiglia Toscanini per una precisa ragione: mia moglie Lalla era stata affidata alla tutela del Maestro dopo la morte precoce dei suoi genitori. Fu così che, nel 1936, in occasione del mio matrimonio, una delle lettere indirizzate ad Ada così suonava: «Domattina Lalla si sposa Walter e Riccardo Polo sono i testimoni - io fungo da padre - l' accompagnerò all' altare Sarà motivo d' intensa commozione per me Che Dio le conceda tutta la gioia che le augura il mio cuore».

Basterebbero queste poche righe a illuminare la profonda affettività di Toscanini e, in un certo senso, a «redimere» alcune eccessive turbolenze erotiche quali risultano da molte altre lettere dense di dettagli intimi e pruriginosi che non mi sembra proprio il caso di menzionare.

Non potevo non citare questo minimo episodio perché spiega come e perché, in quegli anni, avessi potuto conoscere Ada - buona conoscente di mia moglie - e come avessi incontrato più volte tutta la famiglia Toscanini (soprattutto la figlia Wally, provvista di tutto il fascino paterno) e lo stesso Maestro che poi ebbi ancora occasione di ritrovare nella sua villa di Riverdale a New York, dopo il suo favoloso ritorno alla Scala del '46 e quando nuovamente si era stabilito a New York, dove sarebbe poi morto nel 1957.

T.S ELIOT
(…) 2017 Nei primi anni Sessanta, o forse ancora negli anni Cinquanta, sono stato a Londra con mia moglie per un paio di mesi, ospiti dell' Istituto italiano di cultura di Belgrave square.


Avevamo a disposizione un vero e proprio appartamento privato e io dovetti tenere alcune lezioni presso l' università cattolica, sebbene il mio inglese fosse piuttosto approssimativo. Il giorno in cui arrivai all' ateneo mi trattarono però come un cittadino ignoto e per poter entrare dovetti attendere l' arrivo di un responsabile del mio corso.
In quel periodo fui amico di T. S. Eliot, un uomo molto affascinante, molto riservato, però anche molto affettuoso.
Con lui feci parecchi giri della città e non conto le volte in cui andai a trovarlo nel suo istituto. In Inghilterra l' uso dell' istituto privato era molto diffuso.

LLOYD WRIGHT
(...) 1953 Appena raggiunta casa Wright, vedo due studenti che ciondolano davanti alla porta d' ingresso. Uno di loro mi dice balbettando che va a cercare qualcuno. (...
) Le decorazioni della Library sono abominevoli: un pannello cinese moderno sul soffitto accresce l' impressione di chinoiserie del locale. I mobili, dai wrightiani spigoli ottusi, sono del tutto datati e, anch' essi, deprecabili, per non parlare poi dei cuscini (probabilmente opera della moglie di Wright, Olgivanna).

Tutto in giro è duro e scomodo, la porta (con i chiodi a vista) non chiude, a ogni passo si rischia di sbattere la testa contro il soffitto. (...) Poi arriva finalmente anche Wright. Mi tratta con gentilezza, ricordando i nostri incontri di New York e San Francisco. Discutiamo un po' dei casi italiani. Io modero al massimo i miei giudizi, ovviamente sul gusto dell' abitazione e sulle sue (o di sua moglie) decorazioni. Poi gli manifesto la mia ammirazione (sincerissima, ovviamente) per le Praires Houses che ho visitato pochi giorni prima e che mi hanno molto colpito. Non ho bisogno di dilungarmi sull' incredibile spazialità della sua architettura, che mi ha impressionato, per esempio nella Robie House.

Ma il fatto che un genio creatore come Wright manifesti al contempo un gusto così discutibile continua a sconcertarmi. (...) Discuto garbatamente con Wright dell' International Style e del suo rapporto con il razionalismo europeo. «L' internazionalismo è comunismo», dice Wright, «solo in apparenza il Bauhaus ha contrastato il totalitarismo. In realtà ne ha fondato un altro». Il che è abbastanza esatto, anche se il personalismo wrightiano è dittatoriale, mentre il supporto impersonalism miesiano è spesso molto più lirico di quanto non appaia. (...)

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