lunedì 9 gennaio 2017

Orfeo ed Euridice

Orfeo era figlio di Eagro, re della Tracia, e della musa Calliope (o, secondo altre versioni del mito, di Apollo e di Calliope). Aveva preso parte alla spedizione degli Argonauti, cioè dei guerrieri che,  guidati dall'eroe Giasone,  a bordo della nave Argo erano andati alla ricerca del "vello d'oro", custodito da un terribile drago: però non sono state le battaglie e i pericoli di questa impresa che hanno reso famoso il suo nome,  ma la musica e l'amore. 
Orfeo era un poeta e un musico. Le Muse gli avevano insegnato a suonare la lira,  ricevuta in dono da Apollo. La sua musica e i suoi versi erano così dolci e affascinanti che l'acqua dei torrenti rallentava la sua corsa, i boschi si muovevano, gli uccelli si commuovevano così tanto che non avevano la forza di volare e cadevano, le ninfe uscivano dalle querce e le belve dalle loro tane, per andare ad ascoltarlo (come ci racconta Seneca).
La sua sposa era la ninfa Euridice, ma non era il solo ad amarla: c'era anche Aristeo e un giorno Euridice, mentre correva per sfuggire a questo innamorato sgradito, fu morsa da un serpente e morì all'stante.
Orfeo, allora,pazzo di dolore, scese nell'Ade, il regno dei morti, per riprendersi la sua adorata sposa.
Suonò e cantò negli squalidi campi dell'Ade e le pallide ombre furono incantate dalla sua musica, dal suo straziante lamento d'amore.
Caronte lo aveva traghettato sull'altra riva dello Stige, il fiume infernale; Cerbero, l'orribile cane con tre teste, non aveva abbaiato; le Erinni, terribili dee infernali (Aletto, Tisifone e Megera),  si erano messe a piangere. I tormenti dei dannati erano cessati (Tantalo non aveva più fame e sete...) e ogni creatura, compresi il dio Ade e sua moglie Persefone, aveva provato pietà per la triste storia dei due innamorati. Così Ade, il re degli dei infernali, aveva concesso ad Orfeo di riportare Euridice con sé, ma a un patto: Euridice doveva seguirlo lungo la strada buia degli inferi e lui non doveva mai voltarsi a guardarla, prima di arrivare nel mondo dei vivi.
Avevano iniziato la salita: avanti Orfeo con la sua lira, poi Euridice avvolta in un velo bianco e infine Hermes, che doveva controllare che tutto si svolgesse come voleva Ade. "Si prendeva un sentiero in salita attraverso il silenzio, arduo e scuro con una fitta nebbia. I due erano ormai vicini alla superficie terrestre: Orfeo temendo di perderla e preso dal forte desiderio di vederla si voltò, ma subito la donna fu risucchiata; malgrado tentasse di afferrargli le mani, non afferrò altro che aria sfuggente. Così morì per la seconda volta ma non si lamentò affatto del marito (di cosa avrebbe dovuto lamentarsi se non di essere stata amata così tanto?) e infine gli diede l'estremo saluto". (Ovidio, Metamorfosi, IV, 53 sgg) .
Orfeo l'aveva persa per sempre e le rimase fedele per l'eternità.
Le Menadi, sacerdotesse di Dioniso, lo fecero a pezzi per il suo rifiuto di amare ancora, la sua testa rimase a galleggiare sulle acque, invocando il nome della sua adorata Euridice .
Zeus commosso, metterà le testa di Orfeo nella costellazione della Lira. (Virgilio, Georgiche)
Il mito di Orfeo ed Euridice ha appassionato numerosissimi artisti, poeti e musicisti. Da Claudio Monteverdi a Christoph Willibald Gluck (indimenticabile nella sua opera l'aria "Che farò senza Euridice, dove andrò senza il mio bene?), da Antonio Sartorio a Joseph Haydn, da Poliziano a Rainer Maria Rilke, al Buzzati di Poema a fumetti.  Moltissime le trasposizioni in scultura e pittura: tra le tante, il Paesaggio con Orfeo ed Euridice di Nicolas Poussin, le due statue di Orfeo ed Euridice scolpite da un giovane Antonio Canova e due bellissimi quadri di Gustave Moreau, Orfeo (o Ragazza tracia con la testa di Orfeo) e Orfeo sulla tomba di Euridice.
Loredana Leonardi

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