Il segnale appartiene alla famiglia dei fenomeni astrofisici rapidissimi e ad energie molto elevate, chiamati Frb (Fast Radio Burst). Al momento se ne conoscono appena 18, tutti provengono dall'esterno della Via Lattea e la loro origine è da sempre un enigma. Il mistero adesso è meno fitto perché la rete dei radiotelescopi chiamata Karl G. Jansky Very Large Array, che si trova nel Nuovo Messico, ha fornito un primo indizio sulla provenienza del segnale inseguito da 10 anni, indicato con la sigla FRB 121102. Quindi un nuovo indizio è stato fornito dall'osservatorio Gemini, nelle Hawaii. Altri telescopi hanno permesso di definire la distanza con maggiore precisione.
Quella che appare alla luce dei dati raccolti è una sorgente vicina a una sorta di galassia 'fantasma' al centro della quale si trova un buco nero. Per chiarirne la natura serviranno ulteriori ricerche. "Anche se non abbiamo ancora una risposta chiara, la scoperta è rivoluzionaria", ha rilevato l'astrofisico tedesco Heino Falcke, dell'università olandese Radboud, commentando il risultato nello stesso numero della rivista.
La ricerca desso prosegue perchè nella stessa regione dalla quale proviene il segnale principale, i ricercatori hanno intercettato una sorgente di segnali più deboli ma persistenti. Secondo le prime ipotesi tutti potrebbero provenire da una stella di neutroni, ossia da una stella estremamente densa e compatta e che ruota velocemente su se stessa, oppure da una magnetar, ossia una stella di neutroni con un potentissimo campo magnetico, circondata dal materiale espulso dall'esplosione di una supernova. Un'altra ipotesi è che i segnali arrivino dai getti di materia espulsi da un enorme buco nero.
«I fast radio bursts sono uno fra i più interessanti fenomeni astrofisici scoperti nel corso degli ultimi dieci anni. Dieci anni durante i quali non eravamo ancora riusciti a individuare l’esatta provenienza di queste esplosioni energetiche. La nuova scoperta è stata realizzata anche grazie alla partecipazione dei radiotelescopi che abbiamo in Italia», sottolinea Steven Tingay, responsabile dell’Unità Scientifica per la radioastronomia dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e direttore dell’Istituto di Radioastronomia dell’Inaf
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