Antonio Riello
Bassano del Grappa. Museo Civico. E' dove si può visitare (fino al 4 Febbraio 2024) una sostanziosa mostra di Dorothea Lange (1895-1965), una figura mitica della storia del reportage fotografico americano.
Dorothea Nutzhorn (Lange è il cognome materno che ha poi adottato) era nata a Hoboken, New Jersey, da una famiglia di immigrati tedeschi. La sua giovinezza fu dominata da difficoltà motorie legate alla Poliomelite che contrasse da bambina. Ma queste difficoltà fisiche non ne minarono né lo spirito né la determinazione.
Si occupò con instancabile energia di temi sociali, le sue fotografie avevano il senso e la necessità che avrebbe oggi la diretta di un importante fatto di cronaca fatta sul posto con uno smartphone. Ma l'istantaneità (e la verità) venivano potenziate e sottolineate da un senso estetico fuori dal comune.
Alcuni sui scatti fanno parte, a pieno diritto, del patrimonio iconico del XX Secolo. Sono dei ritratti femminili, teneri e feroci allo stesso tempo. Ma anche un tracciato (e una mappa visibile) dell'ingiustizia.
La sua fama è indissolubilmente legata ad un momento epocale della Storia americana. Fu una delle voci (fotografiche) che documentò, per conto della Farm Security Administration, un fenomeno che in Europa è poco noto o addirittura oggi completamente dimenticato.
La "Grande Depressione" non fu solo il catastrofico Grande Crollo di Wall Street (1929) ma fu immediatamente seguito dal cosiddetto "Dust Bowl". Un periodo di spaventose e prolungate tempeste di polvere causate dalla siccità investì le Grandi Pianure degli Stati Uniti (Kansas, Oklahoma, Texas, Colorado, New Mexico in particolare).
La popolazione, per lo più contadina, finì in miseria perché i raccolti furono magrissimi se non addirittura inesistenti. Su questo scenario già apocalittico calarono gli avvoltoi. Non solo quelli dei film Western. Le banche con cui erano indebitati quasi tutti i contadini (ormai poverissimi e quindi insolventi) espropriarono tantissime fattorie.
La gente si trovò senza niente, anche la casa era sparita. Iniziò un lungo e faticoso viaggio di massa verso luoghi dove l'agricoltura era ancora florida (la Costa Orientale). Alla ricerca anche di una nuovo tetto. Un'epopea magistralmente raccontata da John Steinbeck nel libro "Furore" (1939) e dall'omonimo film di John Ford (1940).
La straordinaria interpretazione di Henry Fonda del povero Tom Joad e delle peripezie della sua famiglia è universalmente considerata uno dei momenti più alti del cinema Hollywodiano.
La storia non è finita: quando gli ormai ex-contadini arrivarono in California e in Oregon, disperatamente in cerca di un lavoro sui campi come braccianti, furono oggetto di bestiale sfruttamento da parte di varie forme (anche violente) di "caporalato". Insomma un nuovo incubo face seguito al travagliato viaggio della speranza.
Ci vollero anni di battaglie politiche e sindacali (e di durissimo lavoro) per recuperare la dignità e una qualche forma di stabilità sociale. Anche la musica face la sua parte per narrare criticamente questi anni assai difficili: Woody Guthrie ne è stata la voce più celebre. La prosperità, paradossalmente, in qualche modo arrivò solo con la dinamica industriale della Seconda Guerra Mondiale.
Dorothea Lange ha catturato le immagini più pregnanti di questo esodo americano. La mostra ha indubbiamente il merito di renderle familiari da un pubblico di non-specialisti, ma riserva riflessioni non-banali per tutti.
Lo sfruttamento e la deprivazione non sono dunque appannaggio solo dei paesi non-ancora-completamente-sviluppati. Sono dei fenomeni che hanno sempre riguardato tutta l'umanità, indipendentemente dalla Geografia. Questo ci deve far guardare ai fenomeni migratori certamente con maggiore empatia, ma nel contempo anche senza ingiustificati sensi di colpa.
Non è solo colpa dei colonialisti europei dei secoli scorsi se c'è la miseria e l'ingiustizia in certi luoghi del pianeta. E anche il razzismo c'entra davvero poco in questi frangenti: i migranti del Dust Bowl erano quasi tutti WASP (White Anglo-Saxon Protestant). Bisogna - sempre e di sicuro - continuare a combattere per la giustizia sociale, che però non è necessariamente contraddistinta in automatico da etnia o religione.
L'altra quasi-automatica considerazione riguarda gli sconvolgimenti climatici di cui siamo testimoni: non sono evidentemente i primi che affliggono il pianeta. Ma non è un buon motivo per abbassare la guardia. Anzi, da queste tragiche esperienze si possono trarre probabilmente svariati insegnamenti per arginare/migliorare la situazione emergenziale che stiamo affrontando. Dorothea Lange non è stata solo una eccezionale fotografa sociale. In questo momento il suo lavoro risulta anche particolarmente attuale.
Nessun commento:
Posta un commento