giovedì 23 febbraio 2017

Medioevo in Oriente

Il ritorno dell’altro Milione

Cannibali, gioielli giganti, fontane di giada L’Oriente medievale raccontato da un frate

Pubblicata l’edizione critica della «Relazione» scritta da Odorico da Pordenone, che si avventura fino in Cina dopo Marco Polo. Nell’attuale Sri Lanka trova un lago di lacrime versate da Adamo ed Eva per il peccato commesso
Il palazzo del Gran Khan poggia su colonne d’oro mentre le sue mura sono rivestite di rarissime pelli rosse Sono d’oro anche i numerosi pavoni che, secondo il desiderio, possono trasformarsi in autentici uccelli da servire in tavola
Pochi decenni dopo Marco Polo, un altro italiano, Odorico da Pordenone, frate francescano del convento di Udine, si avventurava nel favoloso Oriente per un lungo viaggio di cui dettava la relazione al confratello Guglielmo di Solagna nel corso del 1330. «Ho visto e saputo molte grandi e mirabili cose che posso qui narrare in tutta verità», scriveva in apertura della sua Relazione che contribuì, con la sua larghissima diffusione, ad alimentare l’immagine e il mito di un Oriente — soprattutto India, arcipelago malese, Cina — come territorio di sterminate ricchezze, di smisurate città animate da enormi folle, di grandi potentati, i cui usi e credenze non potevano non stupire il visitatore francescano che della piccola Europa conosceva solo qualche città della sua provincia.
Di questo testo fortunatissimo — oltre cento manoscritti tardomedievali, varie traduzioni in lingue volgari — abbiamo ora una splendida edizione critica, con tutte le glosse e varianti che ne documentano la diffusione, per opera di Annalia Marchisio, nella collezione Edizione nazionale di testi mediolatini d’Italia pubblicata dalla Sismel (Edizioni del Galluzzo), oggi il più importante Istituto di medievistica in Europa.
Odorico era partito da Venezia dopo il 1317 e, traversato il Mediterraneo e il Mar Nero, era approdato a Trebisonda, passando di lì in Persia fino al Golfo Persico, costeggiando poi India e Indonesia per giungere in Cina ove soggiornerà tre anni (fra il 1323 e il 1327) a Pechino, capitale dell’Impero mongolo, frequentando la corte del Gran Khan (si ricordi che i mongoli sono indicati gene- ricamente come tatari o tartari). Tornerà in Italia forse attraverso lo stesso percorso.
Come in tutta la letteratura medievale di viaggio, il limite fra quello che oggi consideriamo fantastico e la realtà sperimentata è sottile: ed è quanto ne costituisce l’interesse e il fascino, perché ci restituisce l’esperienza e lo stupore di un viaggiatore che assicura di descrivere sempre cose viste o testimoniate da persona degna di fede. Anche quando, come Marco Polo, Odorico incontra i Cinocefali nell’isola di Angaman e ne descrive la religione e i costumi: «Uomini e donne hanno la faccia canina», vanno tutti completamente nudi, sono governati da un re saggio e ricchissimo che non solo esibisce una collana di 300 grandissime perle — «per la quale ringrazia i suoi déi 300 volte al giorno» — ma possiede una pietra tanto preziosa («la più nobile al mondo») che neppure l’imperatore dei mongoli è riuscito a comprarla o altrimenti ottenerla: grande una spanna in lungo e in largo, quando la porta sembra diventare «una lingua di fuoco». I Cinocefali, coraggiosissimi, uccidono e mangiano i prigionieri che non possono pagare un riscatto, e lasciano liberi gli altri.
Anche nel paese di Lamori (Lamreh) gli abitanti vanno tutti nudi perché, ricordano allo stupito frate, così Dio ha creato Adamo e vivono — come nel Paradiso terrestre — in una società dove tutto è in comune: «Tutte le donne sono in comune (...) tutta la terra è in comune», solo le abitazioni sono distinte. Ma è «gente pestifera», mangia carne umana pur avendo a disposizione bestiame, riso, spezie. Il mito delle origini torna frequente, travestito nel latino del Genesi: così, poiché in Oriente è il perduto Paradiso, non stupisce trovare nell’isola Silan (Sri Lanka) un lago che raccoglie tutte le lacrime di Adamo ed Eva per il peccato commesso; il buon frate avanza solo qualche perplessità perché quel lago ha anche una sua fonte.
Al culmine del viaggio, come nel Milione di Marco Polo, la corte del Gran Khan a Cambalech (odierna Pechino) la cui grandiosità aveva stupito il mercante veneziano. La sua residenza — quattro miglia di mura — comprende molti palazzi, giardini, laghi e tenuta di caccia. L’abitazione del Gran Khan è costruita su 24 colonne d’oro, ha le mura rivestite di rarissime pelli rosse, «le più nobili che siano al mondo»; al centro ha una grandiosa fontana di giada legata in oro, circondata di reti di perle, con agli angoli serpenti d’oro che gettano l’acqua. La fontana serve a tutto il palazzo e tutti possono raccoglierle l’acqua avendo a loro disposizione «molti vasi d’oro». Stupore assai maggiore causano «i molti pavoni d’oro» che, secondo il desiderio, possono trasformarsi in pavoni veri da servire a tavola: il buon frate annota, ma non può decidere «se questo avvenga per arte diabolica o per qualche sottile accorgimento tecnico».
Quando esercita i suoi poteri sedendo sul seggio imperiale, il Gran Khan è al vertice di una complessa scala di nobiltà e di valori: a sinistra, più in basso, la regina e ancor più giù le altri mogli; a destra l’erede con la sua famiglia; «innumerevoli» i nobili al servizio: solo per i suoi banchetti ne sono mobilitati 14 mila.
In Oriente tutto è grandioso e diverso, per dimensioni (come le città «più belle del mondo»), per folla, per ricchezze sparse ovunque, per costumi e credenze religiose alle quali Odorico è molto attento; trova spesso dei cannibali, ma ricorda anche la giustificazione dei loro riti: come nell’isola di Dondin — nell’arcipelago indonesiano — ove le carni dei parenti defunti vengono consumate per evitare che essi siano pasto dei vermi, perché in questo caso le loro anime «patirebbero grandissime pene». Altrove, nel Tibet, Odorico ritrova invece un rito di origine zoroastriana: le carni dei morti vengono esposte agli uccelli rapaci perché questo permette ai viventi di constatare quanto «questo uomo sia stato un santo, poiché gli angeli vengono per portarlo in Paradiso».
Viaggio in Oriente che consigliamo di compiere in compagnia di Odorico da Pordenone, forse più interessante di quelli offerti, a basso prezzo, dagli odierni tour operator.

Nessun commento:

Posta un commento

VAN GOGH

  Se oggi conosciamo e ammiriamo Vincent van Gogh, lo dobbiamo a questa gentile signora, sua cognata. La tragica storia di Vincent Van Gogh ...