La prima volta che andai a Mosca, al Cremlino c'era Gorbaciov. I russi non lo amavano. Dicevano: "Piace solo a voi occidentali".
Ma di Gorbaciov mi interessava poco. Avevo desiderio di andare a vedere gli stagni Patriarsie, resi famosi da "Il Maestro e Margherita" di Michail Bulgakov (per la verità li aveva citati anche Tolstoj in Anna Karenina).
Scoprii che in realtà, nonostante sia usato il plurale, di stagno ce n'è uno solo, bello grande. Circondato da un parco molto ben tenuto.
Camminando fra gli alberi, veniva da chiedersi chissà in quale punto Bulgakov aveva immaginato, sotto i tigli, l'incontro del critico Berlioz e del poeta Ponyrev con il misterioso Woland.
Che grande libro. Bulgakov lo compose nell'arco di 12 anni. Contiene molteplici significati. C'è l'illusione dell'uomo di continuare a sognare sempre nuove conquiste, a elaborare sempre nuovi progetti. C'è la critica all'ideologia comunista che si illude di poter pianificare tutta l'esistenza umana, senza considerare gli aspetti interiori, amore, spirito, libertà intellettuale. Nonostante le sue critiche feroci al regime, Stalin nutriva per Bulgakov una certa simpatia, gli impedì di lasciare la Russia, ma non lo perseguitò.
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