domenica 10 marzo 2024

NAZISMO

 Chi li conosceva bene, ad esempio lo psicoanalista C.G. Jung, sapeva della loro propensione travolgente all’enfasi, alla pacchianata, alla messinscena. Questo spiega le divise nere, i cappelli con il teschio d’argento come stemma, le parate come da scacchiera, i labari, i movimenti all’unisono. Ma questa assurda propensione alla napoletanata geometrizzata spiega l’inclinazione estetica del popolo tedesco, non il nazismo, anche se per il senso comune il nazismo è questa paccottiglia scenografica. C’è più nazismo oggi in Svezia o in Inghilterra che nel cuore dei contadini bavaresi nel 1943. Così, riprendendo un post di Meotti, mi risulta del tutto condivisibile quello che leggo, in particolare questa notazione: “ … il nazismo, spiegava Voegelin, cresce sulla medesima radice della modernità: l’ateismo e la gnosi. L’ateismo, perché “l’uomo è ‘imago dei’. Il rifiuto del divino è sempre seguito da una disumanizzazione. Non è possibile negare la propria divinità senza negare la propria umanità”. La gnosi, perché si innestano progetti di edificazione di una realtà nuova, costruita “a misura d’uomo” (quale?) da qualcuno che pretende di conoscere (di qui la “gnosi”) il segreto ultimo del mondo e della storia”.

Questo spiega appunto l’incredibile, cioè che il popolo più colto d’Europa (tutti in Germania andavano a scuola dalla metà del secolo XIX), quello che ha prodotto più personalità geniali in ogni campo, specie nella filosofia e nella musica, quello che ha realizzato tutte le fondamentali scoperte in campo scientifico e tecnologico a partire dal secolo XIX, sia anche quello che ha prodotto il nazismo che, come giustamente si dice, non è affatto né il fascismo o una versione nazionale del comunismo e non è nemmeno un’idea politica, ma una visione del senso dell’essere basata su di una illuminazione gnostica.  
Il nazismo non è qualcosa di alieno dalla visione materialistica e razionalistica del fondamento della realtà, ma la sua esplicitazione in un linguaggio misticheggiante e finalistico che diventa senso comune e obbligo sociale quando la società perde l’ultimo contatto col suo passato religioso e metafisico. E’ il compimento della civiltà delle macchine, la sua escatologia finale e sociale. E’ considerare come unico punto di vista possibile, nel rendere conto dell’apparire delle cose, quello della macchina. Ma l’idea della macchina non è un’idea tedesca, è un’idea illuminista, nata sia in Francia che in Inghilterra nei secoli XVII e XVIII. Insomma è l’idea che l’universo sia un orologio composto a sua volta da tanti piccoli orologi. E’ quello che in cuor suo pensa la più parte della gente, tanto che dedica buona parte dei suoi interessi a come funziona l’orologio, l’orologio che è lui stesso, sapendo quali movimenti lo tengono ben oliato, quali reazioni chimiche si hanno ingerendo questa o quella minestra. Insomma se siamo orologi è ragionevole essere più precisi e duraturi possibili, dunque dedichiamoci a impedire che granellini di polvere vengano a inceppare il correre regolare delle lancette. Se però un orologio non ce la fa più a far tic tac allora è bene che venga rimandato in fabbrica e smontato, naturalmente nella maniera più piana e tranquilla possibile, come si fa oggi in Svezia, in Svizzera (la patria dell’orologio infatti), in Olanda, in Inghilterra. Oltre a segnare l’ora quanto più possibile preciso che altro scopo ha un orologio in un mondo d’orologi contenuto a sua volta in un universo che è un orologio? Nessuno, perché segnare l’ora giusta ha senso solo in funzione di qualcuno a cui serva sapere che ora è. Dunque ciascun orologio non ha ragione d’essere in sé, ma solo in funzione degli altri orologi contenuti, a loro volta, nel grosso orologio. In altre parole ciascun orologio è e può essere solo uno strumento e quindi è giusto trattarlo come tale. Se utile, cioè funziona bene, va promosso, altrimenti smontato. Così se per qualche ragione vediamo che ci sono orologi costruiti male, cioè non conformi, è giusto mandarli alla discarica.
Questo è il vero contenuto del nazismo, non c’è altra realtà che lo strumento e ogni cosa altro non è che lo strumento di un altro strumento. Rendi tutto il marchingegno in perfetta sincronia e avrai un mondo a misura d’uomo. Naturalmente è vero che per avere un mondo a misura d’uomo devi cancellare l’uomo e farlo pensare persino attraverso una macchina.

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