La storia del giovane Guido Pasolini, fratello minore di Pier Paolo, è poco nota, ma vale la pena ricordarla. Neppure ventenne, si arruola, prendendo il nome di “Ermes”, nella formazione Osoppo del Partito d’Azione, i partigiani “laici”. La zona operativa è la Venezia Giulia, tra il Friuli e la Jugoslavia.
Quest’ultima, per mezzo dei partigiani “rossi” titini, tendeva ad annettersi l’intero territorio, ad opporsi decisamente la brigata Osoppo e lo stesso Pasolini, i quali non potevano accettare che un territorio italiano, qual è il Friuli, potesse finire nelle mire jugoslave. Di diverso avviso i partigiani “rossi” della Brigata Garibaldi. Ecco la situazione sul campo, in una celebre lettera dello stesso Guido indirizzata a Pier Paolo:
«Pier Paolo Carissimo: (…) ti metto senz’altro al corrente della nostra situazione come si presenta alla data di oggi 27 Novembre. (…) Si riorganizza la brigata: in breve tempo raggiungiamo i 600 uomini nella vallata Attimis-Subit. Si entra in contatto con i mandanti delle 2 brigate Garibaldi che fiancheggiano il nostro schieramento: si forma la divisione Garibaldi-Osoppo, si firma un patto di amicizia con gli sloveni che, slealmente hanno cominciato la propaganda slovena nel territorio da noi occupato. (…)
In quegli stessi giorni giunge una missione slovena inviata da Tito: si propone l’assorbimento della nostra divisione da parte della Armata slovena: ci fanno capire fra l’altro che qualora facessimo parte dell’esercito sloveno eviteremmo il disarmo. Il comandante di divisione Sasso (un garibaldino) tentenna, il vice comandante Bolla (Osoppo) pone un energico rifiuto. Gli sloveni se ne vanno scontenti. Il comandante Sasso promette solennemente a Bolla (…) che della questione non si sarebbe più parlato. (…)
I presidi garibaldini fanno di tutto per demoralizzarci e indurci a togliere le mostrine tricolore (A [Memino] un commissario garibaldino mi punta sulla fronte la pistola perché gli ho gridato in faccia che non ha idea di che cosa significhi essere “Uomini liberi”, e che ragionare come un federale fascista [infatti nelle file garibaldine si è “liberi” di dire bene del comunismo], altrimenti sei trattato come “Nemico del proletario” (Nientemeno!) oppure “Idealista che succhia il sangue del popolo” (senti che roba!)).
A fronte alta dichiariamo di essere italiani e di combattere per la bandiera italiana, non per lo “straccio” russo. (…) Gli sloveni frattanto approfittano della situazione ed entrano in trattative col comando garibaldino (si riparla dell’antico progetto di assorbimento delle nostre formazioni da parte slovena). Bolla strepita: ma oramai non ha più l’autorità che novecento uomini pronti a tutto gli davano … Il delegato sloveno fa comprendere a Bolla che la sua presenza non è gradita ai colloqui, Bolla raccoglie i suoi uomini e si allontana dignitosamente. Raggiungiamo la zona Prosenicco-Subit-Porzus e quivi ci riorganizziamo.
Passano una ventina di giorni. Frattanto Enea (lasciato a Codromaz come osservatore) ci fa sapere che i garibaldini lo hanno rassicurato (la notizia dell’accordo con gli sloveni viene solennemente smentita) … Ci raggiunge a Porzus: siamo al 2 novembre. Il giorno dopo giunge al nostro comando il comandante della divisione “Garibaldi” Sasso. Ha un lungo colloquio con Bolla (smentisce di nuovo solennemente la notizia dell’accordo con Tito e promette che mai più ne riparlerà) tenta di riconciliarsi con la brigata Osoppo oramai riorganizzata…
Il 7 novembre, anniversario della rivoluzione russa per tutti i reparti garibaldini si festeggia l’avvenuta unione con le truppe slovene. L’accordo era stato firmato prima delle famose solenni smentite!!! Gran parte però dei garibaldini non voleva l’accordo (deciso da pochi uomini) molti piangono di rabbia e non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. Alcuni ottengono di passare nelle file dell’Osoppo e ci raccontano che i commissari della Garibaldi hanno iniziato una propaganda di intimidazione fra i reparti…
Una delle clausole dell’accordo con gli sloveni è la seguente: I reparti garibaldini si impegnano di effettuare una leale propaganda in favore degli sloveni e di mobilitare la popolazione maschile nelle zone sotto il loro controllo. I mobilitati non possono far parte di formazioni italiane ma devono entrare in reparti sloveni!
Quattro giorni fa si presenta al nostro comando il famigerato commissario Vanni: dichiara al nostro comandante Bolla: “Per ordine del maresciallo Tito la prima brigata Osoppo deve sgomberare la zona (territorio di influenza slovena) a meno che non acconsenta ad entrare nelle formazioni slovene”. Siamo arrivati dunque al vertice della parabola: come andrà a finire? Udine è a 12-16 km di distanza.
La nostra parola d’ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente.(…) dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro (…) con qualche poesia magari, in italiano e friulano (…) Negli articoli cerca appena di sfiorare gli argomenti suaccennati: devi essere un italiano che parla agli italiani.
Mi dimenticavo: i commissari garibaldini (la notizia ci giunge da fonte non controllata) hanno intenzione di costruire la repubblica (armata) sovietica del Friuli: pedina di lancio per un la bolscevizzazione dell’Italia!! Ti mando una copia del programma del partito d’azione al quale ho aderito con entusiasmo (…) è bene che tu sappia com’è la situazione anche perché ho bisogno se non altro dei tuoi consigli. Comprendo perfettamente che molto probabilmente tu non hai avrai né tempo né voglia di compilare gli articoli su accennati comunque se hai intenzione di farli: falli al più presto (…) Se non altro almeno scrivi a me qualche riga … Ti bacio con grandissimo affetto. Guido (…) »
(Guido Pasolini al fratello Pierpaolo, 27 novembre 1944)
L’attività partigiana di Guido, che era iniziata nel maggio del ’44, si concluse tragicamente nel febbraio dell’anno dopo nelle malghe di Porzûs. Fu catturato il 7 febbraio da un gruppo di partigiani comunisti delle Brigate Garibaldi, guidati da Mario Toffanin, “Giacca”. Il comando della Osoppo, con il capo “Bolla”, il cui vero nome era Francesco De Gregori (zio dell’omonimo cantautore), fu radunato, ci furono interrogazioni (per scoprire dov’erano nascoste le armi), poi si procedette immediatamente all’esecuzione con una raffica di mitra del De Gregori, di Gastone Valente, “Enea” (commissario politico delle Brigate “Giustizia e Libertà”) e di una donna ritenuta una “spia” (sic!) di radio Londra, i cui corpi “vennero trasfigurati, pugnalati e sputacchiati”. Poi toccò agli altri: 19 osovari, assassinati.
Anche Guido Pasolini era stato fatto prigioniero: dopo l’interrogatorio, il 12 febbraio ne fu decisa la morte, ma mentre veniva condotto sul luogo destinato all’esecuzione riuscì a fuggire. Inseguito, fu ferito alla spalla e al braccio destro. Riuscì comunque a raggiungere la frazione di Sant’Andrat dello Judrio, nel comune di Corno di Rosazzo. Fattosi medicare nella locale farmacia, raggiunse poi il paese di Dolegnano, dove fu ospitato da una famiglia del luogo. Forse per una spiata della farmacista, fu scovato e consegnato ai due gappisti, ai quali era sfuggito al mattino, e lo finirono.
L’episodio, noto come “Eccidio di Porzûs”, non ebbe solo rilevanza locale, divenne il riferimento obbligato per ogni discussione circa i veri obiettivi strategici del Pci in Italia. Lasciamo da parte le polemiche, immancabili, sorte intorno all’eccidio (il cui epilogo giudiziario ebbe comunque termine con l’archiviazione del tribunale di Perugia, per sopraggiunta amnistia, nel ’59), qui voglio solo aggiungere che per il diciannovenne Guido Pasolini essere italiani, cioè difendere il proprio paese, non ha nulla a che fare con il fascismo e il comunismo.
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