giovedì 22 dicembre 2016

Esorcisti

Possessione o psicosi? Ritornano gli esorcisti
La Lettura9 Oct 2016Di ANDREA NICOLOTTI
La morte di Gabriele Amorth, esorcista di fama internazionale, ha riacceso i riflettori sul fenomeno della possessione diabolica. Secondo le statistiche ogni anno in Italia mezzo milione di persone si rivolge a un esorcista; fra queste il 65% è costituito di donne di livello culturale medio-basso provenienti dalle regioni meridionali; infine, quasi la metà di tutti gli esorcisti cattolici sono italiani. Emerge una realtà: nella penisola il numero di coloro che ritengono di essere posseduti dal demonio è particolarmente alto. Poiché il diavolo non dovrebbe avere preferenze geografiche, giova domandarsi il perché di una tale concentrazione: la risposta appare chiara non appena si sollevi la testa dal contesto italiano e si esamini il fenomeno con uno sguardo globale. Quasi ogni cultura, infatti, contempla l’idea della possessione, cioè che qualcuno — un demonio, una divinità, uno spirito, un defunto — possa invadere il corpo di una persona e assumerne il controllo. Diversa però è l’identità che si attribuisce all’entità che possiede, la quale rispecchia le credenze condivise dal gruppo di riferimento. Se nella declinazione cristiana la possessione è sempre di natura maligna, in altre religioni e culture può essere anche benigna, e in quanto tale ricercata e ritualizzata, capace di assumere un valore positivo e a volte terapeutico. È dunque più che naturale che nei Paesi cattolici la possessione diabolica sia molto diffusa, in quanto è l’ambiente stesso a favorire tale credenza.
Sul fatto che la possessione abbia caratteristiche inquadrabili fra i disturbi di natura psicologica — isteria, schizofrenia, epilessia, delirio, allucinazione, psicosi e nevrosi — c’è ormai pieno accordo. La compresenza all’interno di un individuo di distinte personalità che assumono alternativamente il controllo del soggetto (i diavoli, in questo caso) è un caso classico di disturbo da personalità multipla, che può associarsi a uno stato alterato di coscienza. È un disturbo generalmente spiegato come meccanismo di difesa messo in atto per rimuovere un disagio prodotto da esperienze traumatiche del passato. L’accostamento fra possessione e psichiatria non scandalizza più nessuno, dal momento che gli stessi esorcisti cattolici oggi dichiarano che la quasi totalità dei sedicenti indemoniati soffre in realtà di disturbi psichici. Tutto si gioca però su quel quasi. Alcuni ritengono che la possessione diabolica, pur in percentuale ridottissima, sia un fenomeno reale. Chi discerne allora fra il disturbo psichico e quello satanico? L’esorcista stesso, con risultati per forza di cose soggettivi e legati alle sensibilità personali. E qui il discorso si complica, perché non tutti gli esorcisti sono molto propensi a riconoscere lo zampino di Satana; nel 2001, denunciava sdegnato lo stesso Amorth, su un centinaio di esorcisti francesi solo cinque credevano al demonio e celebravano gli esorcismi.
La Chiesa, a dire il vero, nel suo Rituale propone alcuni criteri per riconoscere la presenza di un demonio: «Parlare correntemente lingue sconosciute o capire chi le parla; rivelare cose occulte e lontane; manifestare forze superiori all’età o alla condizione fisica»; e, infine, mostrare avversione al sacro. Certuni chiamano in causa episodi di preveggenza e psicocinesi. Ma l’interpretazione dei «segni» è controversa: alcuni sono spiegabili anche in termini naturali, altri sono rarissimi e mal documentati. Manca infatti una sistematica campagna di osservazione controllata dei fenomeni, in genere riferiti in modo aneddotico: sarebbe questo l’unico criterio oggettivo di verificabilità capace di mettere al riparo da simulazioni involontarie (messe in atto dai pazienti) e da interpretazioni personali dei fatti. Anche l’eventuale efficacia terapeutica dell’esorcismo non può essere adottata come criterio, in quanto potrebbe spie- garsi come il risultato di autosuggestione o di effetto placebo: l’efficacia del rimedio sta nel fatto che l’esorcismo, agli occhi di chi si sente indemoniato, può sembrare l’unica terapia percorribile.
Il quadro teologico non è meno complesso. La possessione presume la fede nell’esistenza dei demoni come esseri personali e invisibili, a cui Dio permette di agire sugli uomini fino al punto di impadronirsi dei loro corpi. Gesù stesso ha compiuto esorcismi, e ciò sembrerebbe sufficiente a renderli un dato intangibile per i cristiani; eppure diversi studiosi della Bibbia hanno interpretato quegli episodi sotto una prospettiva diversa, attribuendo a Gesù una errata percezione della realtà o una consapevole scelta di adattarsi alle credenze e al linguaggio di chi lo circondava, pur senza condividerli. D’altra parte nell’antichità anche ebrei e pagani esorcizzavano come i cristiani, e stando ai racconti usavano il loro carisma come strumento di propaganda: dunque come spiegare i successi all’interno di gruppi religiosi in concorrenza fra loro?
Da allora molte cose sono cambiate, anche fra i cristiani: fino a buona parte del III secolo l’esorcismo non era riservato né ai sacerdoti né a un particolare gruppo di operatori autorizzati, ma veniva praticato da qualsiasi battezzato, senza distinzioni. A rileggere oggi certi racconti di esorcismo, che nelle loro caratteristiche fondamentali si ripropongono fino a tempi relativamente recenti, l’uomo moderno prova una forte sensazione di sconcerto e di rifiuto.
Nel secolo scorso, prima in ambiente protestante e poi, dopo il Concilio Vaticano II, anche in quello cattolico, diversi teologi hanno tentato di rivedere la demonologia tradizionale, reinterpretando il diavolo come simbolo o metafora del male operante nel mondo. Ad altri ciò è sembrato un temerario rifiuto dell’autorità delle Sacre Scritture e della Tradizione. Qualcosa è certamente mutato: guardando alla riforma dei testi liturgici della Chiesa cattolica latina, non si può non notare quanto essa abbia ridotto al minimo la presenza del tema demonologico. Il rito dell’iniziazione cristiana in vigore dal 1969 ha eliminato, sfumato e ammorbidito i molti riferimenti al diavolo, rinunciando alla forza drammatica e realistica degli antichi esorcismi battesimali. Il nuovo rituale degli esorcismi, pubblicato nel 1999, ha riformato pesantemente il vecchio formulario dell’VIII secolo, sfrondandolo di quasi tutti gli scongiuri imperativi. Le nuove disposizioni, poi, vietano di compiere esorcismi diagnostici (riguardanti casi incerti) e impediscono di esorcizzare chi asserisce di essere vittima di maleficio: «Un incredibile legaccio che rischia di impedirci di operare contro il demonio», aveva commentato Amorth. Ecco perché molti esorcisti hanno respinto l’innovazione e continuano a usare il vecchio rituale.
Papa Francesco sul tema demonologico ha rifiutato ogni lettura relativizzante: «Hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste e noi dobbiamo lottare contro di lui». E parlando degli esorcismi di Gesù ha affermato: «È vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa». Un’esplicita presa di posizione: in questo, almeno, non si attirerà gli strali dei tradizionalisti.

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