giovedì 21 novembre 2024

IL TEMPO

 CRONOSCRATOR

E’ l’appellativo che nelle chiese romaniche dell’alto medioevo veniva dato a Cristo, scolpendo nella pietra la parola sotto la sua immagine. Vuol dire “Creatore del tempo”. In questa parola c’è tutto il senso di una rivoluzione culturale, o meglio di essere entrati in un nuovo mondo che, con quello antico, non aveva più nulla a che fare. Il tempo è la creazione stessa, come scrisse Sant’Agostino. Il tempo, dunque, è la vera realtà della nostra esperienza nel mondo. Per gli antichi non era così. Il tempo non è sostanza, ma accidente. E’ solo un riflesso del moto delle stelle che nella loro perenne rotazione circolare intorno ad un centro ben definito ci danno l’immagine illusoria di un cambiamento, di un passaggio; ma dove il tempo di rotazione di un cielo finisce, subito un altro tempo, perfettamente identico, inizia il suo corso e così eternamente. Il cosmo è un sistema perfettamente ordinato, nel quale tutto si muove in sincronia, come gli ingranaggi di un orologio e il tempo non è altro che la misura del moto stesso che regola le stelle e, con esse, i cieli nei quali sono incastonate. Per gli antichi la realtà era data dalla contrapposizione fra cose mortali, ossia le cose animate, e quelle immortali, ossia le stelle, gli Dei che generavano il moto dei cieli perennemente identico a se stesso. La contrapposizione era dunque fra le cose che subivano il moto, le anime, e quelle che lo generavano, gli enti eterni, le stelle, dette anche per semplicità gli Dei. Il tempo era una semplice conseguenza, non una causa. Del resto fedeli alla logica ferrea di Parmenide, per cui l’essere è e il non essere non è, non poteva esserci nessuna creazione, nessun passaggio dal non essere all’essere. L’essere esisteva da sempre e Dio null’altro che il principio ordinatore dell’essere stesso, quello che gli dà la forma di un cosmo.
L’idea di creazione implica quella del passaggio dal non essere all’essere. Come pensare una cosa tanto assurda se anche quando nominiamo il non essere in qualche modo diciamo che è? Riflettendo più a fondo rispetto alla logica lineare del sillogismo affermativo. Per quanto noi diciamo che l’essere è, sappiamo per intuito che anche il non essere, che per logica non può essere, in realtà in qualche modo è. In che modo? Nel modo dell’impossibile. Il non essere non può essere perché è impossibile che sia, dunque la creazione, ovvero il venire all’essere dell’essere, l’impossibile che si è fatto possibile, e perciò, come disse Agostino, “credo quian absurdum”. La creazione è un assurdo, ma solo l’assurdo può rendere conto del fatto che ci sia qualcosa piuttosto che niente. Dio che nasce, Cristo che s’incarna. La fede cristiana, l’assurdo che diventa l’unica risposta sensata di fronte al Creato. E il Creato allora cosa è? Un lampo che illumina se stesso per un attimo, non avendo altra realtà che il tempo in cui dura la luce. Questo per ogni singolo essere vivente, questo per l’intero universo. Qualcosa che non ha ragione di essere in sé, ossia è realtà priva di qualsiasi fondamento, ma la cui essenza è il tempo, inteso non come misura di un moto, ma come la durata di un consistere. In quest’ottica il tempo perde la sua finta natura di moto perenne, e si può mostrare per quello che realmente è: il limitato, ovvero ciò che sorregge le cose e al tempo le cancella, per cancellare, infine, l’intero Creato. La Creazione è questo. E’ il moto e la volontà di Dio, attraverso cui le cose sono modellate e cancellate. Gli uomini del medioevo lo sapevano, sapevano che quello che esperivano e che in genere viene chiamato essere nel mondo, in realtà era qualcosa di impossibile che era divenuto possibile e dunque se un evento talmente enorme era potuto accadere, doveva pur esserci anche una via d’uscita al fatto che nulla si era fatto reale nel tempo, quando poi il tempo rendeva nullo il reale stesso. Una ragione non ragionevole, ovvero non accessibile alla logica affermativa, ma ben presente nel profondo del vivente, cioè dell’anima, che nell’abisso dell’assurdo viene illuminata per il suo Bene, quello che sa che l’Essere, cioè l’Eternità, è l’unico Bene possibile.

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