lunedì 6 novembre 2023

Il TALMUD

 Chi per curiosità intellettuale si è avvicinato al Talmud (testo normativo ebraico che raccoglie la sapienza e le discussioni delle scuole rabbiniche avvicendatesi nei secoli tra Babilonia, Alessandria d’Egitto e la terra d’Israele) sa che le domande sono più importanti delle risposte.

Il metodo base del dibattito rabbinico muove in genere da una affermazione e, subito dopo, cerca la domanda di cui l’affermazione di partenza è una possibile risposta.
La procedura può sembrare inversa e contorta, come spesso contorto è il Talmud, ma è davvero interessante perché afferma, come dicevo prima, la supremazia della domanda sulla risposta. La domanda è tutto e le domande sono quindi ciò che anima lo sviluppo nei secoli della cultura ebraica.
Nel Talmud, alle risposte normative consolidate e accettate, sono affiancate le note di tutte le discussioni che hanno formulato tesi alternative. Non si butta niente, insomma, men che mai i dubbi e le tesi contrapposte.
Basterebbe questo a segnalare la distanza siderale tra questa mentalità e quella islamica. Nell’Islam vige un determinismo assoluto. Tutto appartiene a Dio / Allah e la realtà stessa, momento per momento, non è determinata dalla mano dell’uomo o chissà da cosa, bensì da Allah e dal suo volere.
Per assurdo che possa sembrare perfino le mostruose efferatezze compiute il 7 ottobre dai miliziani di Hamas contro civili israeliani inermi, potrebbero non essere addebitate alla loro spietata psicopatologia e alle loro armi perché anche quelle sono figlie della volontà di Allah.
Scusate il pistolotto (retaggio di vecchie letture, tra cui,”Cos’è Il Talmud”, di Adin Steinsaltz, Giuntina, e Islam di Alessandro Bausani, Garzanti, entrambi buoni libri per i curiosi) ma queste cosette mi son tornate alla mente leggendo i giornali delle ultime settimane in cui si è realizzato un mesto paradosso.
I commentatori schierati petto in fuori a favore della pesante rappresaglia israeliana su Gaza senza se e senza ma, quelli per capirsi che si sentono liberi di sputare sui “complessisti”, (ultimo il commentatore della Magna Grecia Francesco Merlo su Repubblica con il suo bieco attacco contro Zerocalcare) calpestano con la massima disinvoltura il principio cardine del pensiero ebraico.
Curioso no? Chi si pone qualche domanda, come è accaduto per la guerra della Russia contro l’Ucraina, è considerato un disertore, un nemico dell’Occidente, quello stesso Occidente, peraltro, che insegna il pensiero critico.
Questa patologia intellettuale colpisce con particolare aggressività quelli che una volta si facevano chiamare “i terzisti”, simboleggiando con questo termine un atteggiamento mentale aperto, laico e liberale. I “fu terzisti”, il cui caposquadra è sempre stato il simpatico Paolo Mieli sembrano aver rinunciato a una evidentemente fragile laicità di pensiero in favore di una islamizzazione del cervello, in cui si distingue non solo la destra e la stampa fascio / trash ma, e questo inquieta, anche le voci della destra “would be” conservatrice liberale e i suoi giornali.
Giova ricordare che questo è già successo dopo l’11 settembre, quando gli stessi opinion maker che si agitano oggi inneggiarono all’invasione prima dell’Afghanistan e poi dell’Iraq e alla coalizione dei “willings”, e poi si è visto come è finita. Chi si interrogava sulla sensatezza delle invasioni militari era un complice di Al Qaeda. Oggi i “fu terzisti” ci riprovano, credo, e fortunatamente, con debole fortuna.
Nelle ultime ore, alcuni amici mi hanno girato dei video di ciò che avviene in un ospedale di Gaza. Non entro nei particolari, ma non sono riuscito a andare oltre i trenta secondi di visione. E’ davvero necessario tutto questo? E’ davvero utile alle sacrosante esigenze di sicurezza, e anche di risposta armata, di Israele? Sono sicuro che un consesso di rabbini avrebbe molti dubbi.

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