Le scritte in arabo più antiche? Sono state fatte da cristiani durante un regno ebraico. La scoperta risale al 2014 ma è sempre stata tenuta in sordina. Questioni di delicatezza politica e, forse, anche diplomatica: in Arabia Saudita queste cose possono provocare più di qualche imbarazzo.
Sono segni lasciati lungo i muri di sabbia di Bir Hima, a 100 chilometri da Najran, un luogo di passaggio che, nell’antichità, era molto battuto da commercianti e ufficiali. Risalirebbero, secondo gli esperti, al 469 o 470 d.C.. Il problema è che, insieme alle parole, ci sono delle inequivocabili croci.
La scritta è semplice: “Thawban, figlio di Malik”. Ad accompagnare il breve testo diversi simboli cristiani, a indicare che, 150 prima della nascita dell’Islam, la lingua araba era utilizzata in contesti religiosi molto diversi da quelli attuali. Sia chiaro: non è una novità. Il Corano stesso ricorda che, prima della predicazione di Maometto, la penisola arabica era occupata da religioni di ogni tipo, una varietà che determinava confusione e caos. Ecco, non era proprio così. La zona era meglio organizzata di quanto non sembrasse e, soprattutto, all’epoca c’era un regno molto importante, quello di Himyar.
Come ricorda il giornale israeliano Haaretz, forse anche per celebrare la recente vicinanza politica tra Tel Aviv e Arabia Saudita – contro il nemico iraniano – Himyar era un dominio ebraico. Era nato nell’attuale Yemen, con capitale a Zafar, vicino a Sana’a, ma si spinse fino all’interno della penisola, fino a raggiungere la zona della Mecca e confinare con quella che oggi è Riyadh. Una potenza regionale notevole con un’élite convertita al giudaismo. Una mossa strategica, più che confessionale: in un regno molto variegato (con copti etiopi, zoroastriani della Persia e cristiani ortodossi bizantini) la religione di Mose avrebbe funzionato come religione neutra, distante dalle diverse fazioni in lotta tra loro. E così a Zafar, dopo la conversione, avvenuta intorno al 380 d.C., sparirono da iscrizioni e testi regali tutti i riferimenti alle varie divinità pagane per concentrarsi su un dio solo, il “dio di Israele”. In che lingua lo facevano? In quella dei sabei e, in certi casi, in ebraico
E cosa c’entra il cristiano Thawban, figlio di Malik in tutto questo? Semplice. Era una vittima delle persecuzioni contro alcuni gruppi cristiani della città di Najran portate avanti dal regno di Himya. Le scritte ritrovate sarebbero state, secondo alcuni archeologi, una forma di commemorazione nei suoi confronti. E in che lingua lo fecero? In arabo, cioè o meglio nella lingua derivante dal nabateo: un modo per esprimere vicinanza alle altre popolazioni e sfidare il potere centrale.
Alla lunga, la minoranza cristiana, con l’aiuto degli etiopi, riesce a rovesciare il potere di Himyar, nell’anno 500. Seguono diverse battaglie, scontri e fughe per deserti e montagne, ma i giochi, ormai, erano fatti. Per il secolo successivo Himyar è un regno cristiano, pur mantenendo una forte componente ebraica. Poi arriva Maometto e la storia è nota.
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