FRANCESCO SI CONFESSA «IO DALLO PSICANALISTA»
Franca Giansoldati per ‘Il Messaggero’
Si sente imprigionato nella gabbia di Santa Marta (parole sue) eppure Papa Bergoglio dimostra di possedere anche una grande, grandissima libertà interiore. Al punto da confessare apertamente, pubblicamente, di essersi sottoposto per un certo periodo della sua vita ad una terapia psicoanalitica.
All'epoca aveva 42 anni, aveva assunto l'incarico di dirigere la Compagnia di Gesù in Argentina sei anni prima. Il clima in quel periodo era pesantissimo per via del regime militare. «Ad un certo momento ho sentito il bisogno di consultare un analista. Una psicanalista ebrea. Durante sei mesi sono andato nel suo studio una volta la settimana per schiarirmi alcune cose. E' stata una professionista valida, molto professionale come medico e come psicanalista, sempre rimasta al suo posto».
FREUD
La confessione - piuttosto insolita per un Papa - appare tra i dialoghi di un libro-intervista di prossima uscita realizzato da un noto politologo francese, Dominique Wolton, autore di diversi saggi sulla comunicazione. Il professor Wolton negli ultimi due anni è volato a Roma ben 12 volte in compagnia di un sacerdote che gli ha fatto da interprete, visto che Bergoglio non parla francese.
Bergoglio che di Wolton aveva apprezzato una vecchia opera dedicata al cardinale Lustiger si è lasciato scandagliare, approfondendo ogni aspetto della sua visione del mondo, della politica, dell'Islam, tratteggiando i suoi orizzonti, i progetti più urgenti e, naturalmente, affrontando i nodi relativi al suo passato. Una conversazione senza precedenti, ricca di spunti, mai banale anticipata quasi integralmente da Le Figaro.
Del periodo relativo all'analisi è difficile capire perché Bergoglio non lo spiega quali fossero i suoi problemi, se legati a nevrosi, o ad uno stato di ansia oppure ad una lieve depressione passeggera. Impossibile sapere se le sedute avvenissero sul classico lettino. Bergoglio aggiunge solo che da questa terapia ha tratto grande beneficio.
«E poi un giorno, quando questa psicanalista fu sul punto di morire, mi mandò a chiamare. Naturalmente non per avere dei sacramenti, poiché era di fede ebraica, ma per un dialogo spirituale. Una persona molto buona. In quei sei mesi mi ha davvero aiutato. All'epoca avevo già 42 anni».
In questo passaggio della conversazione viene definitivamente sdoganata la psicanalisi, il cui rapporto con la Chiesa non è sempre stato dei migliori, forse perché la disciplina analitica aveva finito per soppiantare secoli di riflessione cattolica sulla psiche. Solo nel 1961 l'ex Sant'Uffizio vietava ai preti di ricorrere all'analisi.
Poi naturalmente le cose sono cambiate e Freud è finito per essere citato anche nei documenti pontifici (Wojtyla, per esempio, lo fece ad una udienza generale). Chissà se è grazie a questa esperienza che Papa Bergoglio fa spesso riferimento all'analisi.
Un po' di tempo fa, per esempio, disse che i giovani pessimisti li vorrebbe tutti mandare dallo psichiatra e ad una bambina che gli chiedeva, all'inizio del pontificato, perché non fosse andato a vivere nel Palazzo Apostolico, lui rispose che lo faceva «per ragioni psichiatriche», per restare sereno e lineare con il suo solito stile di vita piuttosto semplice. Wolton ha lavorato parecchio alle conversazioni con il Pontefice per renderle più rispondenti ed efficaci possibili.
PAURE
Gli chiede, per esempio, se da Papa non abbia mai provato momenti di angoscia. Bergoglio risponde di no, poi dopo un po' di esitazione: «quando salgo sull'aereo e mi trovo davanti ai giornalisti ho l'impressione di scendere nella fossa dei leoni. E là inizio a pregare, poi cerco di essere preciso. Avverto molta pressione e ci sono stati anche degli scivoloni». In fondo non deve amare molto i media visto che li ritiene causa di problemi se non superano quattro scogli: «la disinformazione, la calunnia, la diffamazione e l'attrazione per i particolari scabrosi e brutali».
2. CHIESA E PSICANALISI
Estratto dall’articolo di Leonardo Martinelli e Andrea Tornielli per ‘La Stampa’
(…) All' inizio la Chiesa ha denunciato il «pansessualismo», ma anche l' ambizione «totalitaria» della psicanalisi. Ad aprire un primo spiraglio fu Pio XII nel 1952, spiegando: «È inesatto sostenere che il metodo pansessuale di una certa scuola di psicoanalisi sia parte indispensabile di ogni psicoterapia degna di tal nome». Nel luglio 1961, con Giovanni XXIII, il Sant' Uffizio proibì ai preti di praticare la psicanalisi e ai seminaristi di sottoporvisi.
Nell' enciclica «Sacerdotalis coelibatis» del 1967 Paolo VI ammetteva la possibilità del ricorso «all' assistenza e all' aiuto di un medico o di uno psicologo competenti» nei seminari e nel 1973, durante un' udienza, affermava: «Abbiamo stima di questa ormai celebre corrente di studi antropologici, sebbene noi non li troviamo sempre coerenti fra loro, né sempre convalidati da esperienze soddisfacenti e benefiche». Come dato curioso si può infine ricordare «Habemus Papam», il film di Nanni Moretti, che racconta di un Pontefice eletto che ricorre - seppur con poca convinzione - al consulto di una psicanalista.
«In gabbia, ma libero»
Il Papa, nei dialoghi con Wolton parla anche della sua vita di oggi. «Mi sento libero. Certo, sono in una gabbia qui al Vaticano, ma non spiritualmente. Non mi fa paura niente». Si scaglia contro quei «preti rigidi, che hanno paura di comunicare. È una forma di fondamentalismo. Quando m' imbatto in una persona rigida, soprattutto giovane, mi dico che è malato. Sono persone che in realtà ricercano una loro sicurezza».
Inevitabile, poi, il riferimento all' immigrazione. «La nostra è una teologia di migranti, perché lo siamo tutti fin dall' appello di Abramo, con tutte le migrazioni del popolo d' Israele. E lo stesso Gesù è stato un rifugiato, un migrante. Esistenzialmente, attraverso la fede, siamo dei migranti. La dignità umana implica necessariamente di essere in cammino».
Si rammarica del fatto che «l' Europa in questo momento ha paura. Chiude, chiude, chiude...». Il Papa rigetta anche la nozione di «guerra giusta», che pure ha un fondamento nella tradizione della Chiesa e nella legittima difesa dei popoli.
Per Bergoglio, «la sola cosa giusta è la pace».
La vera laicità
Francesco tocca anche il tema della laicità. «Lo Stato laico è una cosa sana - dice -. Gesù l' ha detto: bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Ma «credo che in certi Paesi, come la Francia, la laicità abbia una colorazione ereditata dai Lumi davvero troppo forte, che costruisce un immaginario collettivo in cui le religioni sono viste come una sottocultura. Credo che la Francia dovrebbe «elevare un po' il livello della sua laicità». Sul dialogo con l' Islam, si dice ottimista e accenna al suo rapporto con l' imam di Al-Azhar. Ma afferma anche che «i musulmani non accettano il principio della reciprocità».
Quanto al matrimonio gay, ritiene che «da sempre nell' umanità, non solo nella Chiesa cattolica, il matrimonio è fra un uomo e una donna». Ma quelle tra omosessuali accetta di chiamarle «unioni civili».
Le piace essere chiamato «Papa dei poveri»? «No, perché è un' ideologizzazione».
«Io sono il Papa di tutti, dei ricchi e dei poveri. Dei poveri peccatori, a cominciare da me». A Francesco piace il contatto fisico con i fedeli. «La tenerezza - confida - è qualcosa che procura così tanta pace».
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