GIORDANO BRUNO GUERRI
«Il più grande errore dell' Europa? Non avere capito che i popoli non corrono». Gli storici sono affascinanti, guardano un fenomeno politico oggi dalla spiaggia e lo catalogano secondo categorie millenarie, perché tutto torna e tutto è già stato scritto.
In questo esercizio di ginnastica mentale Giordano Bruno Guerri è il numero uno: da 40 anni interpreta i fenomeni della contemporaneità con la profondità dello studioso e la leggerezza calviniana del divulgatore. E lo fa stando con i piedi ben piantati nel presente: «Sono stato il primo a pubblicare un libro di storia in cui si parla del governo di Giuseppe Conte».
GIORDANO BRUNO GUERRI
Un giorno disse: «Leggendo le nubi del passato si anticipano i temporali di domani». Così Movimento 5 stelle, Lega, sovranismo, orticaria diffusa per Bruxelles, l' Italia più o meno razzista, la sinistra più o meno sfinita, faccette nere all' orizzonte e perfino la battaglia per la presidenza della Rai si capiscono meglio se viste da dietro i suoi occhiali da sole.
Con i quali si ripara non dai raggi bollenti di agosto ma dai turisti molesti che lo scambiano per l' attore John Malkovich.
Professor Guerri, chiariamo subito la metafora podistica dei popoli pigri.
«Tutti i grandi condottieri e poi dittatori, da Cesare a Napoleone, sono caduti perché hanno preteso di far correre i loro popoli, di completare rivoluzioni nell' arco temporale della loro vita. Presuntuosi, poco lungimiranti».
L' Europa cosa ci azzecca?
«L' Europa ha fatto lo stesso, ha immaginato un' integrazione inesistente solo con la moneta e qualche regola sovrastrutturale.
Ma le identità, che costituiscono il Dna dei popoli, non si cambiano in poco tempo. Da sempre i politici sanno correre i cento metri, mai la maratona. Ed ecco spiegato l' euroscetticismo».
Il concetto va attualizzato.
«La richiesta di maggiore autonomia è così evidente che ne scrissi 20 anni fa con la grande Ida Magli, la prima vera antieuropeista italiana. C' è tutto nel libro Per una rivoluzione italiana, edito da Bompiani, dove si sottolineano i problemi che l' Europa unita ci avrebbe portato in casa».
Che effetto ebbe la denuncia?
«Il volume fu trattato come un libretto satanico, allora parlare male dell' Ue era come insultare la mamma. Era evidente che avremmo perso sovranità a favore di Bruxelles.
Ora chi lo nega ne paga le conseguenze in termini di consenso».
Quindi bisognerebbe favorire una Italexit?
«Vent' anni fa avrei detto di sì, ma credo che uscire dall' Europa oggi sia un disastro senza pari. Piuttosto dovremmo essere capaci di difendere e far rispettare gli interessi nazionali da dentro l' Unione.
GIORDANO BRUNO GUERRI
E se questo significa essere sovranista, allora sono sovranista anch' io, anche se mi fa orrore la parola dal punto di vista semantico. Viene usata per non riportare in auge quell' altra, nazionalista, che tanti danni ha fatto nel '900».
Ha da poco pubblicato un libro dal titolo: Antistoria degli italiani da Romolo a Grillo. Qual è il nesso fra i due?
«Faccio una premessa. La storia ci insegna che noi siamo un grande popolo dispensatore nei millenni di intuizioni e bellezza, ma non siamo capaci di costruire uno Stato efficiente e funzionale. Ogni spallata, ogni sterzata deriva da questo deficit strutturale».
Poi cosa succede?
«Succede che a differenza della maschera di Arlecchino, che serviva due padroni, noi italiani ne abbiamo sempre serviti almeno tre: il signore locale, l' imperatore e il Papa.
Ma come Arlecchino abbiamo imparato a gestire i problemi, a cavarcela, con la furbizia. Insomma a rubacchiare. Concetto che ci fu appioppato da Carlo V nel '500. Eravamo furbi e contenti di esserlo».
E oggi come siamo?
«Come allora, sempre servitori di tre padroni: 5 stelle, Lega, Ue. La storia prosegue come se niente fosse dentro il proprio alveo naturale».
FEDERICO E GIULIA D'ANNUZIO, GIORDANO BRUNO GUERRI
Dalla storia alla cronaca: il ticket Di Maio-Salvini fa parecchio discutere.
«Ma la crisi italiana non dipende da loro e le responsabilità non sono loro. Diciamolo chiaro: le responsabilità sono di mezzo secolo di assistenzialismo dc a fini elettorali, di clientelismo endemico, di incapacità o non volontà di perseguire l' evasione fiscale e di sconfiggere la mafia, di riformare la giustizia, di costruire un' Europa diversa da questa.
Tutto ciò ci ha legati a doppio filo al debito pubblico, diventato mostruoso. Che c' entrano Salvini e Di Maio?».
Gli italiani pensano che abbiano la bacchetta magica.
«Loro sono conseguenze del problema; gli elettori hanno deciso di sterzare e di percorrere una strada nuova, avventurosa. È un esperimento interessante e da fare. Vedremo in autunno, davanti alla legge di bilancio, se questa strada andrà oltre o si fermerà».
Domanda al manager del Vittoriale. Musei gratis o a pagamento la domenica?
«Di sicuro musei aperti. Poi su questa decisione del ministro Alberto Bonisoli sono diviso. Da una parte è un dovere politico e civile dello Stato favorire la diffusione della cultura, dall' altra lo è anche tenere d' occhio i bilanci».
Una non esclude l' altra.
«L' iniziativa del suo predecessore Dario Franceschini era buona, ma lo è anche lasciare ai direttori la libertà di decidere. Glielo dice chi ha privatizzato il Vittoriale, come chiedevano tutti i governi dagli anni '90 in poi. Rinunciai al finanziamento pubblico ma non ho mai chiuso le porte. Poi mi sono fatto venire un' idea».
VITTORIALE D'ANNUNZIO 1
Quale?
«Al lunedì per il sabato annunciavamo la giornata speciale, gratuita. Un successo. I direttori dei musei statali hanno potere ma libertà limitata. Devono sapere loro quali sono i vantaggi delle scelte».
Ad agitare le acque in Parlamento c' è anche il decreto Dignità. Ci ha capito qualcosa?
«Guardi, ci vedo aspetti positivi per ciò che riguarda la limitazione degli spot sul gioco. Se parliamo di lavoro, mi pare che gli intenti buoni siano almeno pari agli effetti molto meno buoni per i lavoratori».
Veniamo alle parole d' ordine del momento: antifascista.
«Il pericolo di un ritorno in Italia di gente con camicia nera e stivali è ridicolo, inimmaginabile. Vedo più un rischio in questo esasperato populismo dell' uno vale uno, facendo credere che le decisioni siano prese al computer con una democrazia globale e invece sono prese da un gruppo ristretto».
Una deriva orwelliana?
FRANCESCHINI-2
«Non ne sono convinto. Temo molto di più lo strapotere dell' economia. Mercati ed Europa, per quando abbiamo visto, sono il vero Grande Fratello di oggi».
Altra parola: inclusione. Nel senso che ogni clandestino è una benedizione.
«Temo che a parte i toni e i modi volutamente sgradevoli, Salvini abbia posto all' attenzione di tutti il problema numero uno: ridiscutere con l' Europa che fine fanno i clandestini.
Poi sarà importante riuscire ad arginarne il flusso, non con la violenza o con i campi sognati da Marco Minniti. Nel vicino Oriente e in Africa servono programmi di sviluppo a lungo raggio».
Il Pd è per l' accoglienza diffusa, ma non sa dove mettere i migranti se non per strada.
«Il Pd sta reagendo nel modo sbagliato e anche qui la storia ci aiuta a capire. Si sono formati due partiti di massa (5 stelle e Lega) con i quali confrontarsi sui programmi, ma a sinistra vanno avanti per dibattiti interni come fanno dai tempi di Filippo Turati. È bello spaccare il cecio in quattro, ma poco pratico e oggi per niente funzionale».
Se manca la politica arrivano a cavallo gli intellettuali come Saviano.
«La funzione dell' intellettuale non è guidare, ma offrire soluzioni. E non è esprimere certezze, ma seminare dubbi. I concetti di Saviano sono umorali, pregiudiziali, senza il minimo peso, almeno se penso a Pier Paolo Pasolini. Saviano dovrebbe mandare a memoria un suo pensiero».
Quale?
«L' ho retwittato qualche giorno fa. "Noi intellettuali tendiamo a identificare la cultura con la nostra cultura: quindi la morale con la nostra morale e l' ideologia con la nostra ideologia. Esprimiamo, con questo, un certo insopprimibile razzismo verso coloro che vivono, appunto, un' altra cultura". Perfetto».
In Italia si riesce a litigare pure sul presidente Rai.
VITTORIALE
«In Rai non cambia mai niente, regole e modus vivendi sono sempre gli stessi. Credo che nessuno abbia nulla contro Marcello Foa, ma che Berlusconi si sia risentito per non essere stato consultato e abbia deciso che lasciar correre avrebbe significato la sua resa.
Su Twitter c' è un movimento che ha lanciato la campagna: #GuerripresidenteRai. Senza consultazione preventiva, Berlusconi avrebbe bocciato anche me».
C' è chi dice che viviamo dentro una mediocrazia.
«Verissimo, questo perché le eccellenze se ne vanno; sono i ragazzi più intraprendenti.
Però c' è un lato positivo».
Meno male, qual è?
«I più brillanti si affermano. Si sa che sono italiani e che hanno studiato in Italia, ci restituiscono in prestigio ciò che abbiamo perso. Come gli artisti che nel Rinascimento partivano per donare cultura e bellezza alle corti d' Europa. Al Vittoriale abbiamo istituito il premio Genio Vagante».
Chi l' ha vinto?
«Un giovane chimico partito disoccupato da Reggio Emilia, che ora dirige un' azienda in Canada. E una ragazza siciliana che ha scoperto come si formano l' oro e l' argento. E adesso lavora alla Nasa».
In quest' epoca di trasformazioni ci siamo dimenticati della Chiesa.
«Di cambiamenti globali lì non ne esistono mai. Ricorda il concetto iniziale? Papa Francesco o no, la Chiesa cammina sempre più lentamente di tutti. Del resto, a differenza nostra, ha di fronte l' Eternità».