lunedì 25 dicembre 2023

ELVIS PRESLEY

 Giuseppe Videtti per “il Venerdì di Repubblica”

«In uno dei miei viaggi a Tupelo, scoprii che i Presley occupavano una delle poche case riservate ai bianchi nella zona prevalentemente abitata dagli afroamericani. La sua storia assomiglia tremendamente a quella di Eminem, anche lui cresciuto in un ambiente di neri (8 Mile, a Detroit, come racconta il biopic di Curtis Hanson), c'è una evidente similitudine tra i due. Ho voluto sottolineare anche quanto stretto fosse il rapporto di Elvis con il gospel: da bambino era l'unico bianco nella chiesa battista, da adulto avrebbe incontrato Mahalia Jackson. Ma stava superando la linea rossa. E fu in quel momento che Il Colonnello cominciò a tramare per de-afroamericanizzarlo».Il pretesto fu il servizio di leva, due anni in Germania. «Non fu certo Parker a indurlo ad arruolarsi, era un obbligo e un dovere, ma certo non fece niente per evitarlo: sarebbe stato molto facile per una celebrity, ci era riuscito anche Sinatra in anni ben più critici (nel '43 The Voice fu esonerato dalla leva per una presunta perforazione del timpano!). 

elvis di baz luhrmann 1ELVIS DI BAZ LUHRMANN 1

Nessuno ci riesce meglio di Baz Luhrmann. A combinare suoni e immagini. Le sincronizza, le sposa, le fa diventare grandiose[...]. Il primo piano di un uomo. Zoom. Lo spazio che va dall'ombelico al muscolo sartorio. Indossa un completo fucsia, ma quando agita il bacino (the pelvis) è più provocante della nudità. L'insofferenza pubica che ballonzola sotto il tessuto leggero scatena l'isteria; la musica, la voce, la bellezza radiosa, il ciuffo e le sovraesposizioni di Luhrmann fanno il resto.

elvis di baz luhrmannELVIS DI BAZ LUHRMANN

 

L'immagine si allarga, delirio in sala, Baby Let' s Play House è travolgente, il volume assordante, l'entusiasmo incontenibile - è rock' n'roll, pozione che stordisce, esalta le percezioni, scatena i sensi, scuote le membra (il demonio gli ha già messo gli occhi addosso, dietro le quinte si frega le mani; è Tom Parker, si fa chiamare Il Colonnello: «Farò di quel ragazzo un supereroe!»).

elvis presley e priscilla con la piccola lisa marieELVIS PRESLEY E PRISCILLA CON LA PICCOLA LISA MARIE 

 

Prima della beatlemania, prima di Jagger, prima di Woodstock, prima del glam, prima del punk - prima di tutto, c'era Elvis. [...] Il regista australiano è stato più audace, e anche più fortunato: nel giovane Austin Butler ha trovato volto, voce e sex appeal per il suo protagonista; nel veterano Tom Hanks, l'interprete perfetto per il manager squalo (Il Colonnello), non esattamente a proprio agio nella sfera dell'arte ma abilissimo a manipolarla (a costo di manipolare l'artista) e tradurla in soldoni. [...]

elvis passeggia a gracelandELVIS PASSEGGIA A GRACELAND 

 

Baz Luhrmann [...] confida che il suo flirt con Elvis Presley (1935-1977) cominciò ben prima che la regìa diventasse mestiere, quando il cinema era passione adolescenziale.

 

«Ricordo esattamente dov' ero quando Elvis morì: seduto nell'ultima fila dello scuolabus», racconta visibilmente infervorato e appagato. «Eravamo rimasti in due a bordo. Abbastanza inspiegabilmente provai un profondo senso di delusione: dunque non lo avrei mai incontrato di persona!? In quel momento fu come se ci fosse un misterioso legame tra Elvis e quel quattordicenne della sperduta provincia australiana (Herons Creek, Nuovo Galles del Sud). Che divenne più forte quando al cinema del paese cominciarono a proiettare un film di Elvis ogni sabato sera. Recentemente ho avuto un flashback: 1972, l'anno in cui uscì Burning Love.

 

Elvis il film 9ELVIS IL FILM 9

A scuola avevano organizzato una gara di ballo, indossavo una T-shirt con il numero sulla schiena. Andai dal dj e chiesi quella canzone. E con il mio jive vinsi la gara! Più avanti, negli anni Settanta, cominciai ad avere altri miti: David Bowie, Elton John... Tuttavia, recentemente, mia moglie (la scenografa Catherine Martin, ndr), mi ha ricordato che non smettevo di ripetere: "Elvis è un ottimo modo per esplorare l'America: il buono e il cattivo degli Usa che s' intrecciano nella cultura pop". [...] un personaggio shakespeariano che definisce orizzonti più vasti: ideologia, società, paese».

 

elvis e linda thompson nel 1976ELVIS E LINDA THOMPSON NEL 1976

IL CULTO DELLA PERSONALITÀ

Il film ne racconta la vita dalla nascita alla morte, incernierato su tre avvenimenti cruciali: il ribelle arrestato, nel 1956, in piena elvismania, per un alterco avvenuto davanti a un distributore di benzina assediato dai fan (dopo pochi mesi avrebbe girato e inciso Jailhouse Rock); l'exploit hollywoodiano, quando cominciò a vivere dentro una bolla; il trionfale comeback televisivo del 1969, poi tradito dal malinconico entertainer intrappolato all'International Hotel di Las Vegas.

 

elvis con il suo manager il colonnello tom parkrELVIS CON IL SUO MANAGER IL COLONNELLO TOM PARKR 

 «[...] Il mio Elvis è un melodramma americano», aggiunge il regista[...] «In effetti Elvis è il narratore che esprime due aspetti fondamentali dell'America di tre decenni: 1) l'incontro/scontro razziale 2) il culto della personalità, che nell'arte può diventare più grande della creatività, e divorarla. Il rapporto Elvis/Parker corrisponde esattamente alla mia visione del Paese».



DAL DECLINO ALLA SANTITÀ

I nostri ricordi delle visite a Tupelo-Memphis-Graceland-Hollywood-Vegas s' intrecciano (Luhrmann per i necessari e ripetuti sopralluoghi, io per i tre reportage pubblicati su Repubblica, nel 1997, 2002 e 2007 in occasione delle varie ricorrenze): le testimonianze dei sopravvissuti della Memphis Mafia (il cerchio magico dei fedelissimi del Re) e l'incontro che entrambi abbiamo avuto, in tempi diversi, con Sam Bell, un afroamericano morto a 85 anni nel 2021, compagno d'infanzia di Elvis; insieme frequentavano la Gospel Tent, circhi itineranti con i più famosi predicatori e vocalist dell'epoca. «Sam mi raccontò che Elvis si faceva attraversare dal gospel, imitava quei performer usando una scopa come  microfono: ogni particolare, dai movimenti all'intonazione». [...] «Era un uomo dalla profonda spiritualità, è rimasto fedele al gospel fino alla morte, era il suo rifugio, l'unico luogo in cui si sentisse al sicuro. Dopo tre recite quotidiane a Vegas, aveva ancora voglia di cantare How Great Thou Art in camera, per gli amici. Timido, vulnerabile,  profondamente empatico, con delle cadute tremende. Sì, il suo fascino sta anche nel declino».

 

«È intoccabile, inalterabile, invulnerabile, come il protagonista di un videogioco, come Marilyn Monroe - fa parte della tappezzeria della nostra memoria. Non voglio sembrare blasfemo, ma per me è il ragazzo in croce, non ho altre parole per esprimere quanto sia potente la sua immagine. Ho conosciuto Michael Jackson e ho incontrato Prince un paio di volte: usavano il palcoscenico per colmare il loro smisurato bisogno d'amore, e nel privato, come Elvis, usavano medicinali che gli sarebbero stati fatali.

 

Elvis il film 4ELVIS IL FILM 


 

L'OSSESSIONE DEL CINEMA

Che ne sarebbe stato di Elvis se la sua vita non si fosse incrociata con quella del Colonnello? In musica, un artista migliore senza tutta questa gloria? E al cinema? Un nuovo James Dean? «Era la sua ossessione», co Luhrmann. «C'è una scena, alla fine del film, in cui dice alla moglie: "Capisci Priscilla, ho quasi quarant' anni e nessuno si ricorderà di me, non ho fatto niente d'importante: non ho girato un solo film di cui vada fiero" - la sua più grande amarezza.

Elvis il filmELVIS IL FILM

 

Sapeva chi c'era dietro il fallimento: Il Colonnello, che usava quei filmetti che non lo impegnavano troppo come spot pubblicitari per vendere dischi. Elvis desiderava disperatamente recitare in un ruolo drammatico, e ne avrebbe avuto le capacità - in King Creole (La via del male) è un ottimo attore. Sinatra ne era geloso, perché aveva le qualità e le possibilità che lui aveva perso con l'avvento del rock' n'roll.

 

Elvis il film 3ELVIS IL FILM 3

Quando il teen idol era lui, nell'immediato Dopoguerra, i ragazzi non avevano molti soldi da spendere, si accontentavano di ascoltare le canzoni alla radio. Elvis si trovò  catapultato in una realtà che non aveva precedenti nel panorama giovanile, senza punti di riferimento. Come ha detto Paul McCartney: "Ci odiavamo, ma quando arrivarono i Beatles lui era già saldo sul trono"».

mercoledì 20 dicembre 2023

SHANE MACGOWAN

 Marinella Venegoni per “la Stampa”

 

shane macgowan e victoria mary clarke 7SHANE MACGOWAN E VICTORIA MARY CLARKE 7

Questa volta nessuna canterà in duetto con lui «Buon Natale stronzo, prego Dio che sia l'ultimo insieme». Shane MacGowan non c'è più, è stato risucchiato dal destino il 30 novembre scorso dopo un percorso smodato però onesto […] Fairytale of New York, una lite fra un alcolizzato e una drogata, è considerata una delle più belle canzoni di Natale […] Shane compirebbe 66 anni proprio il giorno di Natale.

 

C'è chi lo ricorda se esce il nome dei Pogues, la band che aveva fondato negli'80, oppure se gli parli di quel tipo arruffato e poco affascinante che sembrava un ragazzino con le rughe e aveva come segno distintivo i denti scrausi e rari per via di tutte le volte che se ne rompeva uno cadendo da ubriaco.

 

victoria mary clarke ai funerali di shane macgowanVICTORIA MARY CLARKE AI FUNERALI DI SHANE MACGOWAN 

Canterà fra sé Fairytale of New York, certamente con amore, Victoria Mary Clarke sua moglie. […] era, idealmente, la partner nel dialogo. […] Victoria ha 57 anni, si conobbero che lei ne aveva 16 in un pub, perché lui le chiese di comprare una birra per il suo compagno di band. Bei tipi tutti e due. È giornalista e scrittrice, è sua la biografia del 2001, A drink with Shane MacGowan si intitolava spiritosamente: Shane raccontava la propria vita come può raccontarla uno che ha fatto il pieno di alcol, e lei era stata capace di renderne credibile lo stile sconnesso, dopo tanta vita insieme.

 

shane macgowan e victoria mary clarke 5SHANE MACGOWAN E VICTORIA MARY CLARKE 5

Ne ha passate davvero, Victoria[…]All'inizio non litigavano mai, ma quando Shane iniziò la scalata all'abuso di sostanze, non sapeva più come fare: «Prendeva cento pastiglie di acido in un giorno, poi saltava fuori dal finestrino di un taxi in movimento, oppure si dipingeva di blu e ancora dava fuoco alle cose. Ha incendiato molte camere d'albergo, mentre ci stavamo dentro. Vivevamo al limite dell'autodistruzione». Molte volte lo trovava a letto con le groupies, lui si arrabbiava e lei lo picchiava e poi giurava che non l'avrebbe mai più visto: «Ma poi non ero capace di stare lontana, e lui lo sapeva».

 

shane macgowan e victoria mary clarke 3SHANE MACGOWAN E VICTORIA MARY CLARKE 3

Nel periodo in cui stavano a Los Angeles, «prendeva eroina, crack e metanfetamine in cristallo poi saltava su una cyclette e si metteva a pedalare come un pazzo, e io temevo gli venisse un infarto». Alla fine dei '90 il carico delle sostanze finì per impedire al talento di MacGowan di esprimersi. Vissero in una casa comunale fatiscente, un poveretto morì sul pavimento del loro soggiorno. «Ne morivano tanti, ma Shane sembrava sempre l'unico destinato a salvarsi». Victoria nel frattempo era diventata della partita, fra droghe e alcol […]

 

shane macgowan e victoria mary clarke 4SHANE MACGOWAN E VICTORIA MARY CLARKE 4

Finirono entrambi in rehab, lei soprattutto a causa della depressione: «Avevo sempre paura delle critiche e dei giudizi, lui sembrava richiamarli a sé[…] Negli anni Victoria e Shane si erano separati in verità più volte, oppure lui era semplicemente sparito: «Sparito tante volte, nei posti peggiori. E io mi consolo leggendo l'autobiografia di Ozzy Osbourne», confidò in un momento un po' così. Quando poi si ritrovarono, si sposarono a Copenhagen: «Nel periodo in cui eravamo lontani, era molto cambiato, faceva quel che gli dicevo. Aveva smesso con l'eroina e il fumo, litigavamo solo perché non faceva fisioterapia: si era rotto il bacino nel 2015 e ne aveva assolutamente bisogno. La nostra relazione divenne più profonda».

 

[…] Victoria dal 30 novembre ha ricevuto molti segni d'amore, il funerale è stato come un'esplosione di sentimenti: gli irlandesi conoscevano bene la sua sincerità, documentata dalle canzoni che attingevano al folk tradizionale narrandone le giravolte alcoliche e poi il down.

 

johnny depp ai funerali di shane mAcgowanJOHNNY DEPP AI FUNERALI DI SHANE MACGOWAN 

La cerimonia funebre è stata una kermesse, il web è pieno di testimonianze di quel momento, vista la caratura dei presenti, un po' maledetti seri come Nick Cave che ha cantato al pianoforte A rainy night in Soho dei Pogues, un po' maledettini in salsa hollywoodiana come l'affranto Johnny Depp, che qualche anno fa aveva prodotto un documentario su vita e opere di Shane, Crock of gold, e durante la cerimonia ha chiesto all'amico scomparso di aiutare da lassù, come i santi, coloro che soffrono.

nick cave ai funerali di shane macgowanNICK CAVE AI FUNERALI DI SHANE MACGOWAN

 

Non è mancata una versione di Haunted, che fu un duetto rockeggiante fra MacGowan e una giovanissima e timida Sinéad O'Connor: se n'è andata a fine luglio, lei, e staranno ora veleggiando in cieli pieni di temporali colorati da arcobaleni. Per l'Irlanda è stato un anno che ha portato via i simboli di un'epoca controversa, la materia stessa con la quale è impastata la loro terra.

martedì 19 dicembre 2023

DOROTHEA LANGE

 Antonio Riello 

 

red rielloRED RIELLO

Bassano del Grappa. Museo Civico. E' dove si può visitare (fino al 4 Febbraio 2024) una sostanziosa mostra di Dorothea Lange (1895-1965), una figura mitica della storia del reportage fotografico americano.

 

Dorothea Nutzhorn (Lange è il cognome materno che ha poi adottato) era nata a Hoboken, New Jersey, da una famiglia di immigrati tedeschi. La sua giovinezza fu dominata da difficoltà motorie legate alla Poliomelite che contrasse da bambina. Ma queste difficoltà fisiche non ne minarono né lo spirito né la determinazione.

 

dorothea lange 3DOROTHEA LANGE 3

Si occupò con instancabile energia di temi sociali, le sue fotografie avevano il senso e la necessità che avrebbe oggi la diretta di un importante fatto di cronaca fatta sul posto con uno smartphone. Ma l'istantaneità (e la verità) venivano potenziate e sottolineate da un senso estetico fuori dal comune.

 

Alcuni sui scatti fanno parte, a pieno diritto, del patrimonio iconico del XX Secolo. Sono dei ritratti femminili, teneri e feroci allo stesso tempo. Ma anche un tracciato (e una mappa visibile) dell'ingiustizia.

 

La sua fama è indissolubilmente legata ad un momento epocale della Storia americana. Fu una delle voci (fotografiche) che documentò, per conto della Farm Security Administration, un fenomeno che in Europa è poco noto o addirittura oggi completamente dimenticato.

 

dorothea lange 1DOROTHEA LANGE 1

La "Grande Depressione" non fu solo il catastrofico Grande Crollo di Wall Street (1929) ma fu immediatamente seguito dal cosiddetto "Dust Bowl". Un periodo di spaventose e prolungate tempeste di polvere causate dalla siccità investì le Grandi Pianure degli Stati Uniti (Kansas, Oklahoma, Texas, Colorado, New Mexico in particolare).

 

La popolazione, per lo più contadina, finì in miseria perché i raccolti furono magrissimi se non addirittura inesistenti. Su questo scenario già apocalittico calarono gli avvoltoi. Non solo quelli dei film Western. Le banche con cui erano indebitati quasi tutti i contadini (ormai poverissimi e quindi insolventi) espropriarono tantissime fattorie.

 

dust bowl mapDUST BOWL MAP

La gente si trovò senza niente, anche la casa era sparita. Iniziò un lungo e faticoso viaggio di massa verso luoghi dove l'agricoltura era ancora florida (la Costa Orientale). Alla ricerca anche di una nuovo tetto. Un'epopea magistralmente raccontata da John Steinbeck nel libro "Furore" (1939) e dall'omonimo film di John Ford (1940).

 

La straordinaria interpretazione di Henry Fonda del povero Tom Joad e delle peripezie della sua famiglia è universalmente considerata uno dei momenti più alti del cinema Hollywodiano.

 

La storia non è finita: quando gli ormai ex-contadini arrivarono in California e in Oregon, disperatamente in cerca di un lavoro sui campi come braccianti, furono oggetto di bestiale sfruttamento da parte di varie forme (anche violente) di "caporalato". Insomma un nuovo incubo face seguito al travagliato viaggio della speranza.

 

dorothea lange in californiaDOROTHEA LANGE IN CALIFORNIA

Ci vollero anni di battaglie politiche e sindacali (e di durissimo lavoro) per recuperare la dignità e una qualche forma di stabilità sociale. Anche la musica face la sua parte per narrare criticamente questi anni assai difficili: Woody Guthrie ne è stata la voce più celebre. La prosperità, paradossalmente, in qualche modo arrivò solo con la dinamica industriale della Seconda Guerra Mondiale.

 

Dorothea Lange ha catturato le immagini più pregnanti di questo esodo americano. La mostra ha indubbiamente il merito di renderle familiari da un pubblico di non-specialisti, ma riserva riflessioni non-banali per tutti.

 

Lo sfruttamento e la deprivazione non sono dunque appannaggio solo dei paesi non-ancora-completamente-sviluppati. Sono dei fenomeni che hanno sempre riguardato tutta l'umanità, indipendentemente dalla Geografia. Questo ci deve far guardare ai fenomeni migratori certamente con maggiore empatia, ma nel contempo anche senza ingiustificati sensi di colpa.

 

dorothea lange 5DOROTHEA LANGE 5

Non è solo colpa dei colonialisti europei dei secoli scorsi se c'è la miseria e l'ingiustizia in certi luoghi del pianeta. E anche il razzismo c'entra davvero poco in questi frangenti: i migranti del Dust Bowl erano quasi tutti WASP (White Anglo-Saxon Protestant). Bisogna - sempre e di sicuro - continuare a combattere per la giustizia sociale, che però non è necessariamente contraddistinta in automatico da etnia o religione.

 

L'altra quasi-automatica considerazione riguarda gli sconvolgimenti climatici di cui siamo testimoni: non sono evidentemente i primi che affliggono il pianeta. Ma non è un buon motivo per abbassare la guardia. Anzi, da queste tragiche esperienze si possono trarre probabilmente svariati insegnamenti per arginare/migliorare la situazione emergenziale che stiamo affrontando. Dorothea Lange non è stata solo una eccezionale fotografa sociale. In questo momento il suo lavoro risulta anche particolarmente attuale.

LIGABUE

Antonio Ligabue 

Mi dicono che sono sporco, pazzo, irresponsabile e analfabeta. Solo perché non seguo la massa degli obbedienti, non ascolto i proclami del potere, non mi drogo con la televisione, non mi faccio prendere per il culo dai politici e tanto meno dai giornalisti. Mi dicono che non valgo nulla, come se il valore fosse dettato dall'obbedienza, dal silenzio della violenza, dal mettersi in ginocchio davanti ai governanti, dal copiare gli altri artisti, dal seguire le loro leggi.

E allora io rispondo:
Se questo è il vostro valore, allora io sono ben lieto di non valere nulla, di essere un semplice pazzo analfabeta senza valore.

lunedì 18 dicembre 2023

PARTIGIANI

 L’uso corretto del linguaggio è la base minima per non correre il rischio di dire cazzate per ignoranza o per imporre una versione intenzionalmente mistificatoria dei fatti. All’inizio della primavera del 1945 gli anglo-americani erano arrivati al Po e si apprestavano a passarlo senza difficoltà. Dove erano arrivati non sappiamo di processi sommari, di eccedi di nemici politici, di sfilate di liberatori. Al massimo sappiamo di una folla plaudente che andava incontro ai carrarmati americani, ci saliva su, ballava per le strade con i G-man (uomini del governo, questa è la bellissima definizione che americani davano ai loro soldati, prima dell’inculatio populorum, ossia la civiltà del ci vogliamo tutti bene). Dunque fino al Po, non ci fu alcuna guerra civile, semplicemente il popolo italiano, probabilmente giustamente, era passato in blocco da Faccetta nera al rock n’ roll.

Poiché passare il Po era un problema eminentemente tecnico perché i tedeschi avevano fatto saltare tutti ponti, ci furono alcune settimane di ritardo e in quelle settimane i tedeschi si ritirarono ordinatamente oltre le Alpi. Le città del nord rimasero nella situazione di essere terra di nessuno. Dalle colline dell’Oltrepo’ pavese scesero alcune centinaia di partigiani comunisti e liberarono (sic) Milano. A Genova scesero dalle vallate del Bisagno e dello Scrivia; dal Nure e dalla Trebbia scesero a Piacenza. Ovunque si ripetè la stessa pagliacciata, ossia una sfilata di liberatori degli ultimi cinque minuti, ma in questi centri non ci furono efferatezze particolarmente gravi, a parte l’esposizione dei corpi di mussolini e della petacci e di alcuni altri gerarchi a Milano. L’unica cosa che colpisce è l’eliminazione da parte dei comunisti di alcuni capi partigiani particolarmente amati a Genova e a Piacenza. A Piacenza eliminano con un attentato un capo particolarmente famoso che faceva parte di Giustizia e Libertà; a genova il capo partigiano cattolico che aveva come nome di battaglia ‘Bisagno” e che era una figura mitica, oltre che un giovane bellissimo.
Gli eccidi indiscriminati li abbiamo soprattutto a Reggio Emilia, Modena e Bologna, dove i comunisti hanno al 100% in mano la situazione e iniziano, come a Trieste, la mattanza di chiunque ritengano indegno di vivere.
Ora in qualunque modo si voglia chiamare questa cosa, è evidente che non fu una guerra civile, ma al massimo uno scoppio di terrorismo politico in una situazione maramaldesca. Se poi vogliamo dire che fu una guerra di liberazione condotta da eroici e cavallereschi innamorati della libertà, diciamolo pure, tanto italiani si nasce non si diventa."
Alfredo Morosetti

SENTIMENTI

Naturalmente la gente crede di avere sentimenti, ma non è vero. Non è che finge di averli, semplicemente suppone di averli.

E' diverso.
Suppone di provare dolore, angoscia, disperazione, per quello che accade nel mondo.
Se gli dicono che hanno ucciso un orso, si convince, non finge, si convince che è accaduto un fatto tremendo, di cui non si dà pace e trova le prole più infuocate per dannare il mondo, un mondo che ha ucciso l'orsa e magari anche un lupo. In realtà, non è vero, non prova alcun vero sentimento, se non uno di realmente vero, quello di far sapere al mondo che è conforme, che è perfettamente e totalmente in sintonia con quanto il mondo dice di sentire.
E' come cantare in un coro, si canta al tono e al tempo del coro volendo che la propria voce sia la voce non propria ma quella del coro, ma si vuole che si sappia che si sta cantando nel coro con tutti gli altri. L'espressione pubblica dei sentimenti è un falso di cui, chi li manifesta, è persino tanto falso da credere, in buona fede, di provarli sul serio.
Come si spiegherebbe altrimenti il fatto che una banda di briganti rapisce donne, vecchi, bambini e li usa come merce da macello per i suoi fini e la cosa non crea a nessuno, se non a pochissimi, nessun sentimento di orrore. Tutto normale, sono patrioti, dunque agiscono per qualche nobile fine e i rapiti hanno avuto quello che si sono meritati.
Ma se i Cinesi avessero rapito un pullman di turisti americani e avessero detto: adesso ci ridate Formosa oppure ve li restituiamo a fettine, cosa sarebbe successo? Sai gli ululati dei benpensanti, quelli appunto che sono tutto sentimento e non tollerano la violenza sugli innocenti.
E se gli ottimi patrioti baschi o catalani, avessero rapito una un gruppone di campeggiatori madrileni e dicessero: adesso ci date la vascogna o la catalogna o li decapitiamo tutti. Cosa sarebbe successo.
Molti benpensanti qui ammoniscono: fatevi delle domande.
Ecco questa è una delle più interessanti moralmente.
Al confronto quella su mamma orsa è una barzelletta.
Un passo in avanti sarebbe, quando qualcuno fa la mammolletta indignata, mandarlo subito per direttissima a fare in culo.
Siamo come siamo, godiamo profondamente del male che capita a chi odiamo, gioiamo del bene che capita a chi amiamo (pochi, quasi sempre solo noi e qualche raro famigliare); ci dispiacciamo se capita qualcosa di male alla nostra squadra, ma poi neanche tanto,e godiamo tanto se invece a quella che ci è nemica succede un disastro.
ALFREDO MOROSETTI

LICEO CLASSICO

 Alfredo Morosetti

Gentile, nel 1924, ebbe un'idea fascistissima: il compito dello stato è quello di formare la classe dirigente attraverso una scuola ultra selettiva e severissima nell'allontanare le menti non creative e non dotate di senso critico. Creò il liceo classico. Ma non era un'idea del tutto nuova. Copiava quello che c'era all'estero, in Germania e Francia, ma anche in Inghilterra vi erano i grandi licei di cui ci hanno parlato Nietzsche con ammirazione (frequentò l'immenso liceo classico di Phorta, di cui parlava quasi in termini religiosi); Proust il Condorcet di Parigi e così via. Lo stato creava così la sua classe dirigente e offriva anche ai poveri ma intelligenti (Nietzsche era povero di famiglia, ma anche Wagner, ma anche Hegel, ma anche Ficthe) la possibilità di ascendere ad una visione superiore delle cose.
Oggi il sistema dice che non deve essere lo stato a formare il ceto dirigente e distrugge ovunque il liceo classico non solo in italia ma in tutta europa. La formazione della classe dirigente sarà fatta in ambiti privati e persino sconosciuti alla collettività. Ai pezzenti una scuola per imparare a giocare col computer e avvitare lampadine. Il mito dell'istruzione "che serve a qualcosa" (in pratica a mangiare,cioè ad essere un sottoposto, un dipendente) è riuscito a togliere alle plebi l'unica possibilità che avevano di vedere le cose da un punto non televisivo.

MORIRE

  www.leggo.it  del 5 aprile 2024   JULIE MCFADDEN- 1 Julie McFadden è un'infermiera molto famosa sui social perché condivide le sue esp...