martedì 19 novembre 2024

MOSAICO MEGIDDO

Il Mosaico di Megiddo, considerata la prima “prova fisica” del cristianesimo, sarà visibile fino a luglio 2025 al Museum of the Bible di Washington.

 

L’opera, risalente al III secolo, è stata rinvenuta nel 2005 durante la costruzione di una prigione a Megiddo, a nord di Israele: considerata la più importante scoperta dai tempi dei Rotoli del Mar Morto, il mosaico è datato 230 d.C., periodo antecedente all’editto di Milano voluto da Costantino.

mosaico di megiddo 7MOSAICO DI MEGIDDO 7

Il mosaico è un importante tassello per il comprendere gli albori del cristianesimo in terra santa e si pensa facesse parte del pavimento di una stanza in cui si riunivano i fedeli a pregare, già prima delle strutture della Chiesa che si sono sviluppate nei secoli successivi.

 

Il mosaico raffigura un altare per la celebrazione dell’Eucarestia e il disegno di due pesci, simboli primitivi del cristianesimo. Presenti anche tre iscrizioni in greco.

mosaico di megiddo 4MOSAICO DI MEGIDDO 4

La prima è dedicata a Gaiano, un centurione romano, appellato come “nostro fratello”, che finanziò il pavimento.

 

La seconda iscrizione è dedicata a cinque donne che, probabilmente, avevano un ruolo importante nella comunità. Nella terza compaiono le parole “Dio Gesù Cristo”, specificando che a lui è dedicato il tavolo.

Si tratta della dimostrazione della fede nella divinità di Gesù, decenni prima dei principali concili della chiesa.

domenica 10 novembre 2024

IL PANE

 Maurizio Di Fazio per il “Fatto quotidiano”

 

Storia del pane. Un viaggio dall’Odissea alle guerre del XXI secoloSTORIA DEL PANE. UN VIAGGIO DALL’ODISSEA ALLE GUERRE DEL XXI SECOLO

Da Omero che ci eternò come “mangiatori di grano o di pane” al Dio del Nuovo Testamento che si fece “pane vivo, disceso dal cielo”. E poi “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, fulcro della preghiera cattolica, o il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. […] Tuttavia, non di soli rimandi ultraterreni è fatta questa Storia del pane. Un viaggio dall’Odissea alle guerre del XXI secolo, scritta da Gabriele Rosso per Il Saggiatore.

 

[…] I numeri dicono di un’inversione di tendenza: se nel 1980 si consumavano, in Italia, circa 84 chilogrammi di pane pro capite all’anno, nel 2024 questa cifra è precipitata a 30”, cioè circa 80 grammi al giorno. Lontana l’era in cui i prodotti di origine farinacea “potevano determinare il 70-80% della dieta”. Sarà che, intorno al 1780, pagnotte et similia erano “11 volte meno care della carne macellata e 65 volte meno del pesce di mare fresco”, mentre adesso possono costare un occhio della testa.

 

Tutto iniziò con la nascita dell’agricoltura in Mesopotamia e specialmente tra gli egizi: lì il pane contribuì “alla costruzione delle piramidi, sfamando migliaia di lavoratori”. Niente male nemmeno il link con i misteri eleusini dell’antica Grecia, in cui si consumava “un pane dal potere psichedelico a base di segale cornuta”. […]

PANEPANE

 

Eccoci agli assalti ai forni dell’età moderna, come nei Promessi sposi di Manzoni: “Le strade di Milano ribollivano di fame e di rabbia, e alcuni cominciarono a depredare i garzoni”. Pure il protagonista dei Miserabili di Hugo finisce in carcere per aver rubato un pane. […] E pur non essendo mai stata proferita da Maria Antonietta, la celebre frase “se non hanno più pane, che mangino brioche” riassume bene lo spirito della Rivoluzione francese. Mentre le manifestanti che gridavano “vogliamo il pane, e anche le rose”, sono quintessenza proto-femminista.

 

PANEPANE 

L’excursus di Rosso si apparecchia infine sulle tavole del 900: le rivoluzioni scientifiche e tecnologiche (dalle mietitrici meccaniche alle intuizioni di Pasteur e di Christian sulla fermentazione) tirano la volata all’avvento del pane universale e facile, industriale, asettico, privo di gusto, perfetto per nutrire le masse e i soldati in guerra. Il già affettato e insalubre (perché pieno di additivi) Wonder Bread giunge a conquistare, negli anni 30, il 90% del mercato. Assurdo, ma vero.

PANE 11PANE 11

 

Molto meglio il pane azzimo, non lievitato, della tradizione ebraica. Fino al golpe soffice e croccante degli ultimi anni, con la rimonta della pasta acida e del lievito madre e il rinascimento della panificazione artigianale: la rivincita del pane nero su quello bianco. Una volta il primo era appannaggio dei poveri e il secondo status symbol della nobiltà e della borghesia. Oggi è l’esatto contrario, e nei mesi di confino domestico del Covid ci reinventammo campioni del pane fatto in casa. […]

giovedì 7 novembre 2024

LA RAGIONE

 Nel medioevo l'uomo era abitante di due città: quella terrena e quella celeste. Quella terrena non era perfetta, quella celeste sì. Era inutile cercare la realizzazione di se stessi, la felicità nella città terrena, poiché questa completa realizzazione l'uomo poteva trovarla, dopo una vita proba, nella città celeste.

La Raison, la civiltà industriale che ne derivò, abolirono la città celeste. All'uomo ora restava di realizzarsi nella città terrena: trovare cioè in vita quella felicità che gli era stata promessa dopo la vita. Da qui la filosofia del successo, del libero amore, del perseguimento della felicità e del benessere.
L'uomo non vuole più soffrire in questa sua città terrena, né rinunciare a nulla. Ma la civiltà del benessere porta con sé proprio l'infelicità, poiché propone all'uomo i simboli del suo stato, da raggiungere, e riduce ogni conquista in termine materiali, quindi deperibili.
Ennio Flaiano, Diario degli errori (Milano, Rizzoli 1976)

lunedì 4 novembre 2024

IL CUORE

 Melania Rizzoli per “il Giornale”

 

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Nel mondo del giornalismo ha suscitato grande emozione, la scorsa settimana, la morte del vicedirettore de La Stampa Paolo Griseri, di 67 anni, stroncato da un infarto «fulminante».

 

Un decesso descritto dai media come «inaspettato e arrivato senza segni premonitori», identico a quello che ha colpito in passato personaggi famosi del calibro di Lucio Dalla, Pino Daniele, Walter Chiari, Claudio Villa, Gigi Sabani, Domenico Modugno, Luca Giurato e molti altri, tutti morti apparentemente all'improvviso, tutte tragedie di vite spezzate che potevano essere salvate su cui riflettere, perché un cuore che batte […] non si ferma mai di colpo se è sano, ma soprattutto, se ammalato, non smette mai di pulsare senza dare […] i suoi importanti ed evidenti segnali di allarme.

 

melania rizzoli 4MELANIA RIZZOLI 4

I sintomi premonitori di un attacco cardiaco in arrivo infatti, sono sempre presenti in anticipo. Sono una decina, sono identitari, e riflettono i gemiti di sofferenza del muscolo motore primario, squilli di allerta che avvertono il paziente, ma che troppo spesso vengono sottovalutati […]  o […] ignorati […].

 

La grave crisi cardiaca che porta alla cosiddetta morte improvvisa in genere è dovuta alla ostruzione iniziata mesi prima, per un trombo, un embolo o una placca aterosclerotica, di una delle due arterie coronariche principali, con la conseguente ischemia di un'area estesa del tessuto muscolare dalla quale deriva, senza un intervento terapeutico d'urgenza, l'alta probabilità di arresto cardiaco.

 

Ed i sintomi insorgono in maniera repentina e drammatica quando ormai l'occlusione della coronaria è totale, mentre già settimane prima che il vaso arterioso sia bloccato del tutto, il cuore in sofferenza ha sviluppato e comunicato i molti disturbi legati alla sua carente attività, e promosso diverse evidenze di una ridotta ossigenazione locale e soprattutto generale.

 

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Quando la richiesta di sangue infatti, e quindi di ossigeno, è superiore al flusso effettivo che raggiunge il cuore, nel paziente si sviluppa immediatamente debolezza fisica, senso di stanchezza, di insolita fatica o mancanza di fiato, anche solo per salire tre gradini, e sotto sforzo, come ad esempio una camminata veloce, compare il peso al petto o alla bocca dello stomaco, cosa che promuove un senso di nausea più o meno lieve, in genere scambiato per una cattiva digestione.

 

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Il dolore al petto può essere percepito come un semplice fastidio' che appare e scompare, di tipo oppressivo come un peso, o costrittivo come una stretta al cuore, ma anche come un bruciore a livello dello stomaco, e lo stesso dolore può comparire isolato o irradiarsi alla mandibola, al collo, alla schiena o al braccio sinistro, e se tale angina non è intensa e non supera i 10 minuti, il paziente si tranquillizza senza intuirne la causa scatenante.

 

Se invece la dolenzia alla mascella, alla cervicale e alla spalla persistono, il soggetto in dubbio prende appuntamento con il dentista, l'ortopedico o il fisoterapista, non sospettando che per quei sintomi ricorre l'obbligo di una visita cardiologica urgente.

 

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I segnali premonitori dell'infarto infatti spesso confondono il paziente, in quanto sono differenti e possono avere una evoluzione più lenta o più veloce, a secondo della arteria coronarica interessata e del grado di ostruzione, per cui possono insorgere sintomi come una tosse secca con lieve difficoltà respiratoria, una sudorazione fredda che inizia dalla fronte e scende al torace, con un senso di ansia, di battiti accelerati, di vertigine o malessere generalizzato spesso attribuito ad un ipotetico attacco di panico.

 

Se poi il paziente è un diabetico di vecchia data con complicanze neuropatiche, egli può anche non avvertire nessun dolore e scoprire ad un elettrocardiogramma di routine di essere già stato vittima, in passato, di un infarto.

 

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[…] L'insonnia è un altro sintomo premonitore legato al cattivo funzionamento del cuore che può presentarsi un mese prima dell'infarto, con non solo la difficoltà ad addormentarsi ma anche a quella di alzarsi al mattino stanchi e deboli, per l'astenia e la sensazione di non aver riposato abbastanza.

 

Un altro segnale curioso segnalato come tipico di un deficit di ossigenazione generalizzata è la improvvisa e graduale perdita di capelli nella zona posteriore della testa, una caduta uniforme ed inusuale che inizia un mese prima della crisi cardiaca, non facilmente visibile se non quando si trovano i capelli sul retro delle giacche o la mattina sulla federa del cuscino.

 

INFARTOINFARTO

Il cuore non è un organo subdolo, non mente, non tradisce, non nasconde le sue patologie nemmeno per un giorno, non accoltella alle spalle […], ogni suo deficit, anche lieve, viene tradotto in sintomo, che non andrebbe mai ignorato o minimizzato, poiché il muscolo cardiaco che non riceve più sangue inizia pian piano a morire, e le sue fibre necrotiche, allo stato delle nostre conoscenze scientifiche, non si rigenerano e non possono essere riparate.

 

È quindi fondamentale raggiungere un ospedale attrezzato per le emergenze cardiologiche entro la prima ora dall'insorgenza dei sintomi, ovvero nella famosa golden hour, poiché il beneficio terapeutico e strumentale che può essere applicato a salvare la vita al paziente decresce man mano che tale tempo di intervento si prolunga. […]

venerdì 1 novembre 2024

MUSSOLINI

 Da “Benito. Storia di un italiano” di Giordano Bruno Guerri, Rizzoli editore

 

BENITO - GIORDANO BRUNO GUERRIBENITO - GIORDANO BRUNO GUERRI

Per coloro che lo vissero il fascismo fu molte cose, e tanto diverse: un tempo eroico, una dittatura asfissiante, una parodia all’italiana, un governo qualsiasi (tutti i governi sono malvagi, uno vale l’altro...), un governo forte, l’ignobile politica del capitalismo in crisi, una rivoluzione, una rivoluzione mancata, il baluardo contro il pericolo rosso.

 

Per lo storico non sono considerazioni o categorie valide. Interpretare il fascismo significa soprattutto restituirgli il massimo grado di senso che ebbe nella società in cui si produsse; tentare di capire perché nacque, come si sviluppò e perché cominciò a declinare fino a scomparire.

 

Per lo storico che interpreta l’attualità, significa spiegare perché è impossibile che torni, mancando le condizioni che a suo tempo lo avevano fatto nascere, anche se cento anni dopo la marcia su Roma il partito più votato alle elezioni politiche è stato proprio Fratelli d’Italia.

 

GIORDANO BRUNO GUERRIGIORDANO BRUNO GUERRI

Per dirsi fascisti o antifascisti occorrerebbe sapere cosa fu il fascismo. E, ancora di più, sapere che in Italia i fascisti furono pochissimi, neanche Mussolini lo era, lo abbiamo visto nella storia che abbiamo raccontato.

 

In pochissimi conoscevano le origini culturali del fascismo, che Giuseppe Bottai e pochi altri intellettuali facevano risalire addirittura alla Rivoluzione francese, che Giovanni Gentile sintetizzava in un culto dello Stato, al di fuori del quale l’individuo è nulla.

 

statua di benito mussolini a predappioSTATUA DI BENITO MUSSOLINI A PREDAPPIO 

Figurarsi se gli italiani si sono mai sentiti nulla, al di fuori dello Stato.

Figurarsi se avevano, e hanno, davvero voglia di sentirsi un popolo guerriero.

 

Figurarsi che nostalgia hanno della grandezza di Roma, degli stivali, delle marce e della camicia nera.

 

Popolo neanche troppo conservatore, abbiamo dimostrato di non essere affatto reazionari – con i due referendum su aborto e divorzio – e di essere sempre pronti alle divisioni, piuttosto che all’unione.

 


Anche all’epoca c’erano diversi fascismi, ma a dominare fu sempre il mussolinismo. Il fascismo ideale di Giovanni Gentile, di Giuseppe Bottai – pur sempre un’inaccettabile dittatura, ma pensante e oligarchica – non si realizzò, il mussolinismo sì. Fu la dittatura assoluta di un uomo che, dopo avere creato un sistema, lo disattendeva, improvvisava, riportava tutto a sé.adolf hitler e benito mussolini 4

 

Gli italiani erano mussoliniani, non fascisti, perché in lui si volevano identificare, in un superuomo che chiamavano familiarmente Benito.

 

GIUSEPPE BOTTAI MUSSOLINIGIUSEPPE BOTTAI MUSSOLINI

Per questo motivo, prima di dichiararsi antifascisti, sarebbe bene dichiararsi antimussoliniani, visto che grande parte del nostro popolo – democraticamente, spaventevolmente – ha continuato a sperare in un capo salvifico (Berlusconi? Renzi? Grillo? Draghi? Meloni?) che di tutto si faccia carico, che tutto risolva per poi attribuircene il merito. Mai la responsabilità, sia chiaro.

lunedì 28 ottobre 2024

PLATONISTI

 I famosi platonisti matematici - coloro che credono che le entità matematiche esistano indipendentemente dalle menti umane e vengono scoperte piuttosto che inventate - includono:

1. Platone: l'antico filosofo greco che per primo ha articolato l'idea che le forme astratte, compresi gli oggetti matematici, esistono in un regno senza tempo di forme o idee.
2. René Descartes: Sebbene non esclusivamente un platonista matematico, Cartesio aveva opinioni che supportavano l'esistenza di verità matematiche indipendenti dal pensiero umano.
3. Gottlob Frege: un pioniere della logica e della filosofia della matematica, Frege credeva che i numeri e le altre entità matematiche avessero un'esistenza oggettiva e astratta.
4. Kurt Gödel: Noto per i suoi teoremi di incompletezza, Gödel era un forte sostenitore del platonismo, suggerendo che le verità matematiche vengono scoperte in una realtà oggettiva oltre lo spazio fisico.
5. Roger Penrose: fisico matematico contemporaneo, Penrose sostiene l'esistenza oggettiva di oggetti matematici e suggerisce che la matematica esiste in un regno platonico a cui possiamo accedere attraverso l'intuizione e il ragionamento.
6. W. V. O. Quine: Sebbene le sue opinioni si siano evolute, Quine ha difeso una sorta di platonismo per le entità matematiche, suggerendo che esse devono esistere oggettivamente a causa della loro indispensabilità alle teorie scientifiche.
7. Alonzo Church: Noto per il suo lavoro nella logica e nel calcolo della lambda, Chiesa aveva punti di vista coerenti con il platonismo, specialmente per quanto riguarda le strutture logiche e matematiche astratte.
8. Ian Hacking: un filosofo della scienza, Hacking ha sostenuto una forma di platonismo riguardante le strutture matematiche e il loro ruolo nello spiegare il mondo fisico.
Queste figure hanno contribuito significativamente allo sviluppo e alla difesa del platonismo matematico, ognuno con le proprie sfumature e motivi per credere nell'esistenza indipendente delle entità matematiche.

giovedì 17 ottobre 2024

IDEOLOGIA

Proviamo a dire qualcosa di non scontato sulle parole che circolano nel pubblico parlare. Una di queste, demonizzata, è la parola ideologia. E’ intesa come sinonimo di idea falsa, ovvero di idea diabolica che invece che definire una verità serve a confonderla. Ma in realtà ideologia è qualcosa di radicalmente altro. Si presenta come, e questo è vero ed è ingannevole, come mezzo per conoscere qualche stato di fatto, soprattutto sociale, ma in realtà il suo fine non è conoscere, bensì agire. E’ un un sistema di convincimenti (ogni convincimento presuppone la sospensione della verifica se è vero o falso, ma viene preso come una verità di fatto) che, fingendo da darci la versione giusta, bella, salvifica delle cose, ci permette di metterci nella condizione di far valere - e questo naturalmente in base al nostro coraggio e ardore - un nostro sentimento, per lo più di odio, ovvero di poter odiare e amare chi odiamo e chi amiamo con la certezza di fare nel momento stesso un’opera di bene e dunque potere, anzi di dovere, iniziare un’opera di salvazione collettiva, del mondo. Senza ideologia nessuno farebbe nulla per convincere gli altri che il mondo è da cambiare e dunque è il motore che consente di aggregarsi e sognare una trasformazione. Un aspetto saliente di ogni schema ideologico è appunto che è uno schema dicotomico, uno schema che scinde il mondo fra noi e loro. Noi i buoni, loro i cattivi. Questo è essenziale in ogni sistema ideologico perché senza il “noi e loro” non ci sarebbe la possibile l’azione, o meglio il sogno di potere agire. Storicamente le ideologie entrano nel campo empirico delle cose accadute, quando nel Settecento viene inventata l’ideologia di tutte le ideologie, ovvero quel misterioso oggetto che chiamiamo “società”, col presupposto che sia effettivamente qualcosa e che sia possibile conoscerlo e persino modificarlo secondo volontà. Nel momento in cui l’idea della propria personale salvezza tramontava (l’universo religioso), sorgeva l’idea di una salvezza collettiva “sociale”, di cui i buoni, cioè quelli che avevano la dottrina giusta per comprendere in che mondo si viveva, dovevano incaricarsi di mettersi all’opera per realizzarla. Gli schemi ideologici più usuali sono sulla bocca di tutti: ricchi/poveri; imperialisti/antimperialisti; élitès/popolo; destra/sinistra; sviluppo/sottosviluppo; razzisti/umanisti; Pil e Spil.
Ma c’è una cosa importante da evidenziare. Qualunque sistema ideologico, oltre allo schema dicotomico, basato sul sul: “noi versus loro”, implica il collettivismo, ovvero la negazione dell’individualismo, giacché la salus è posta nell’esteriore, in quello che quegli altri possono fare a me e io a loro. Al contrario, nel sistema di idee non ideologico che esisteva prima del Settecento, quello religioso, l’individualismo era la condizione sine qua non per potere essere efficace. L’azione religiosa era totalmente rivolta verso l’interno, verso quello che è solo mio, ossia il mio destino in quanto anima.

MOSAICO MEGIDDO

I l Mosaico di Megiddo, considerata la prima “prova fisica” del cristianesimo, sarà visibile fino a luglio 2025 al Museum of the Bible di Wa...