lunedì 4 novembre 2024

IL CUORE

 Melania Rizzoli per “il Giornale”

 

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Nel mondo del giornalismo ha suscitato grande emozione, la scorsa settimana, la morte del vicedirettore de La Stampa Paolo Griseri, di 67 anni, stroncato da un infarto «fulminante».

 

Un decesso descritto dai media come «inaspettato e arrivato senza segni premonitori», identico a quello che ha colpito in passato personaggi famosi del calibro di Lucio Dalla, Pino Daniele, Walter Chiari, Claudio Villa, Gigi Sabani, Domenico Modugno, Luca Giurato e molti altri, tutti morti apparentemente all'improvviso, tutte tragedie di vite spezzate che potevano essere salvate su cui riflettere, perché un cuore che batte […] non si ferma mai di colpo se è sano, ma soprattutto, se ammalato, non smette mai di pulsare senza dare […] i suoi importanti ed evidenti segnali di allarme.

 

melania rizzoli 4MELANIA RIZZOLI 4

I sintomi premonitori di un attacco cardiaco in arrivo infatti, sono sempre presenti in anticipo. Sono una decina, sono identitari, e riflettono i gemiti di sofferenza del muscolo motore primario, squilli di allerta che avvertono il paziente, ma che troppo spesso vengono sottovalutati […]  o […] ignorati […].

 

La grave crisi cardiaca che porta alla cosiddetta morte improvvisa in genere è dovuta alla ostruzione iniziata mesi prima, per un trombo, un embolo o una placca aterosclerotica, di una delle due arterie coronariche principali, con la conseguente ischemia di un'area estesa del tessuto muscolare dalla quale deriva, senza un intervento terapeutico d'urgenza, l'alta probabilità di arresto cardiaco.

 

Ed i sintomi insorgono in maniera repentina e drammatica quando ormai l'occlusione della coronaria è totale, mentre già settimane prima che il vaso arterioso sia bloccato del tutto, il cuore in sofferenza ha sviluppato e comunicato i molti disturbi legati alla sua carente attività, e promosso diverse evidenze di una ridotta ossigenazione locale e soprattutto generale.

 

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Quando la richiesta di sangue infatti, e quindi di ossigeno, è superiore al flusso effettivo che raggiunge il cuore, nel paziente si sviluppa immediatamente debolezza fisica, senso di stanchezza, di insolita fatica o mancanza di fiato, anche solo per salire tre gradini, e sotto sforzo, come ad esempio una camminata veloce, compare il peso al petto o alla bocca dello stomaco, cosa che promuove un senso di nausea più o meno lieve, in genere scambiato per una cattiva digestione.

 

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Il dolore al petto può essere percepito come un semplice fastidio' che appare e scompare, di tipo oppressivo come un peso, o costrittivo come una stretta al cuore, ma anche come un bruciore a livello dello stomaco, e lo stesso dolore può comparire isolato o irradiarsi alla mandibola, al collo, alla schiena o al braccio sinistro, e se tale angina non è intensa e non supera i 10 minuti, il paziente si tranquillizza senza intuirne la causa scatenante.

 

Se invece la dolenzia alla mascella, alla cervicale e alla spalla persistono, il soggetto in dubbio prende appuntamento con il dentista, l'ortopedico o il fisoterapista, non sospettando che per quei sintomi ricorre l'obbligo di una visita cardiologica urgente.

 

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I segnali premonitori dell'infarto infatti spesso confondono il paziente, in quanto sono differenti e possono avere una evoluzione più lenta o più veloce, a secondo della arteria coronarica interessata e del grado di ostruzione, per cui possono insorgere sintomi come una tosse secca con lieve difficoltà respiratoria, una sudorazione fredda che inizia dalla fronte e scende al torace, con un senso di ansia, di battiti accelerati, di vertigine o malessere generalizzato spesso attribuito ad un ipotetico attacco di panico.

 

Se poi il paziente è un diabetico di vecchia data con complicanze neuropatiche, egli può anche non avvertire nessun dolore e scoprire ad un elettrocardiogramma di routine di essere già stato vittima, in passato, di un infarto.

 

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[…] L'insonnia è un altro sintomo premonitore legato al cattivo funzionamento del cuore che può presentarsi un mese prima dell'infarto, con non solo la difficoltà ad addormentarsi ma anche a quella di alzarsi al mattino stanchi e deboli, per l'astenia e la sensazione di non aver riposato abbastanza.

 

Un altro segnale curioso segnalato come tipico di un deficit di ossigenazione generalizzata è la improvvisa e graduale perdita di capelli nella zona posteriore della testa, una caduta uniforme ed inusuale che inizia un mese prima della crisi cardiaca, non facilmente visibile se non quando si trovano i capelli sul retro delle giacche o la mattina sulla federa del cuscino.

 

INFARTOINFARTO

Il cuore non è un organo subdolo, non mente, non tradisce, non nasconde le sue patologie nemmeno per un giorno, non accoltella alle spalle […], ogni suo deficit, anche lieve, viene tradotto in sintomo, che non andrebbe mai ignorato o minimizzato, poiché il muscolo cardiaco che non riceve più sangue inizia pian piano a morire, e le sue fibre necrotiche, allo stato delle nostre conoscenze scientifiche, non si rigenerano e non possono essere riparate.

 

È quindi fondamentale raggiungere un ospedale attrezzato per le emergenze cardiologiche entro la prima ora dall'insorgenza dei sintomi, ovvero nella famosa golden hour, poiché il beneficio terapeutico e strumentale che può essere applicato a salvare la vita al paziente decresce man mano che tale tempo di intervento si prolunga. […]

venerdì 1 novembre 2024

MUSSOLINI

 Da “Benito. Storia di un italiano” di Giordano Bruno Guerri, Rizzoli editore

 

BENITO - GIORDANO BRUNO GUERRIBENITO - GIORDANO BRUNO GUERRI

Per coloro che lo vissero il fascismo fu molte cose, e tanto diverse: un tempo eroico, una dittatura asfissiante, una parodia all’italiana, un governo qualsiasi (tutti i governi sono malvagi, uno vale l’altro...), un governo forte, l’ignobile politica del capitalismo in crisi, una rivoluzione, una rivoluzione mancata, il baluardo contro il pericolo rosso.

 

Per lo storico non sono considerazioni o categorie valide. Interpretare il fascismo significa soprattutto restituirgli il massimo grado di senso che ebbe nella società in cui si produsse; tentare di capire perché nacque, come si sviluppò e perché cominciò a declinare fino a scomparire.

 

Per lo storico che interpreta l’attualità, significa spiegare perché è impossibile che torni, mancando le condizioni che a suo tempo lo avevano fatto nascere, anche se cento anni dopo la marcia su Roma il partito più votato alle elezioni politiche è stato proprio Fratelli d’Italia.

 

GIORDANO BRUNO GUERRIGIORDANO BRUNO GUERRI

Per dirsi fascisti o antifascisti occorrerebbe sapere cosa fu il fascismo. E, ancora di più, sapere che in Italia i fascisti furono pochissimi, neanche Mussolini lo era, lo abbiamo visto nella storia che abbiamo raccontato.

 

In pochissimi conoscevano le origini culturali del fascismo, che Giuseppe Bottai e pochi altri intellettuali facevano risalire addirittura alla Rivoluzione francese, che Giovanni Gentile sintetizzava in un culto dello Stato, al di fuori del quale l’individuo è nulla.

 

statua di benito mussolini a predappioSTATUA DI BENITO MUSSOLINI A PREDAPPIO 

Figurarsi se gli italiani si sono mai sentiti nulla, al di fuori dello Stato.

Figurarsi se avevano, e hanno, davvero voglia di sentirsi un popolo guerriero.

 

Figurarsi che nostalgia hanno della grandezza di Roma, degli stivali, delle marce e della camicia nera.

 

Popolo neanche troppo conservatore, abbiamo dimostrato di non essere affatto reazionari – con i due referendum su aborto e divorzio – e di essere sempre pronti alle divisioni, piuttosto che all’unione.

 


Anche all’epoca c’erano diversi fascismi, ma a dominare fu sempre il mussolinismo. Il fascismo ideale di Giovanni Gentile, di Giuseppe Bottai – pur sempre un’inaccettabile dittatura, ma pensante e oligarchica – non si realizzò, il mussolinismo sì. Fu la dittatura assoluta di un uomo che, dopo avere creato un sistema, lo disattendeva, improvvisava, riportava tutto a sé.adolf hitler e benito mussolini 4

 

Gli italiani erano mussoliniani, non fascisti, perché in lui si volevano identificare, in un superuomo che chiamavano familiarmente Benito.

 

GIUSEPPE BOTTAI MUSSOLINIGIUSEPPE BOTTAI MUSSOLINI

Per questo motivo, prima di dichiararsi antifascisti, sarebbe bene dichiararsi antimussoliniani, visto che grande parte del nostro popolo – democraticamente, spaventevolmente – ha continuato a sperare in un capo salvifico (Berlusconi? Renzi? Grillo? Draghi? Meloni?) che di tutto si faccia carico, che tutto risolva per poi attribuircene il merito. Mai la responsabilità, sia chiaro.

lunedì 28 ottobre 2024

PLATONISTI

 I famosi platonisti matematici - coloro che credono che le entità matematiche esistano indipendentemente dalle menti umane e vengono scoperte piuttosto che inventate - includono:

1. Platone: l'antico filosofo greco che per primo ha articolato l'idea che le forme astratte, compresi gli oggetti matematici, esistono in un regno senza tempo di forme o idee.
2. René Descartes: Sebbene non esclusivamente un platonista matematico, Cartesio aveva opinioni che supportavano l'esistenza di verità matematiche indipendenti dal pensiero umano.
3. Gottlob Frege: un pioniere della logica e della filosofia della matematica, Frege credeva che i numeri e le altre entità matematiche avessero un'esistenza oggettiva e astratta.
4. Kurt Gödel: Noto per i suoi teoremi di incompletezza, Gödel era un forte sostenitore del platonismo, suggerendo che le verità matematiche vengono scoperte in una realtà oggettiva oltre lo spazio fisico.
5. Roger Penrose: fisico matematico contemporaneo, Penrose sostiene l'esistenza oggettiva di oggetti matematici e suggerisce che la matematica esiste in un regno platonico a cui possiamo accedere attraverso l'intuizione e il ragionamento.
6. W. V. O. Quine: Sebbene le sue opinioni si siano evolute, Quine ha difeso una sorta di platonismo per le entità matematiche, suggerendo che esse devono esistere oggettivamente a causa della loro indispensabilità alle teorie scientifiche.
7. Alonzo Church: Noto per il suo lavoro nella logica e nel calcolo della lambda, Chiesa aveva punti di vista coerenti con il platonismo, specialmente per quanto riguarda le strutture logiche e matematiche astratte.
8. Ian Hacking: un filosofo della scienza, Hacking ha sostenuto una forma di platonismo riguardante le strutture matematiche e il loro ruolo nello spiegare il mondo fisico.
Queste figure hanno contribuito significativamente allo sviluppo e alla difesa del platonismo matematico, ognuno con le proprie sfumature e motivi per credere nell'esistenza indipendente delle entità matematiche.

giovedì 17 ottobre 2024

IDEOLOGIA

Proviamo a dire qualcosa di non scontato sulle parole che circolano nel pubblico parlare. Una di queste, demonizzata, è la parola ideologia. E’ intesa come sinonimo di idea falsa, ovvero di idea diabolica che invece che definire una verità serve a confonderla. Ma in realtà ideologia è qualcosa di radicalmente altro. Si presenta come, e questo è vero ed è ingannevole, come mezzo per conoscere qualche stato di fatto, soprattutto sociale, ma in realtà il suo fine non è conoscere, bensì agire. E’ un un sistema di convincimenti (ogni convincimento presuppone la sospensione della verifica se è vero o falso, ma viene preso come una verità di fatto) che, fingendo da darci la versione giusta, bella, salvifica delle cose, ci permette di metterci nella condizione di far valere - e questo naturalmente in base al nostro coraggio e ardore - un nostro sentimento, per lo più di odio, ovvero di poter odiare e amare chi odiamo e chi amiamo con la certezza di fare nel momento stesso un’opera di bene e dunque potere, anzi di dovere, iniziare un’opera di salvazione collettiva, del mondo. Senza ideologia nessuno farebbe nulla per convincere gli altri che il mondo è da cambiare e dunque è il motore che consente di aggregarsi e sognare una trasformazione. Un aspetto saliente di ogni schema ideologico è appunto che è uno schema dicotomico, uno schema che scinde il mondo fra noi e loro. Noi i buoni, loro i cattivi. Questo è essenziale in ogni sistema ideologico perché senza il “noi e loro” non ci sarebbe la possibile l’azione, o meglio il sogno di potere agire. Storicamente le ideologie entrano nel campo empirico delle cose accadute, quando nel Settecento viene inventata l’ideologia di tutte le ideologie, ovvero quel misterioso oggetto che chiamiamo “società”, col presupposto che sia effettivamente qualcosa e che sia possibile conoscerlo e persino modificarlo secondo volontà. Nel momento in cui l’idea della propria personale salvezza tramontava (l’universo religioso), sorgeva l’idea di una salvezza collettiva “sociale”, di cui i buoni, cioè quelli che avevano la dottrina giusta per comprendere in che mondo si viveva, dovevano incaricarsi di mettersi all’opera per realizzarla. Gli schemi ideologici più usuali sono sulla bocca di tutti: ricchi/poveri; imperialisti/antimperialisti; élitès/popolo; destra/sinistra; sviluppo/sottosviluppo; razzisti/umanisti; Pil e Spil.
Ma c’è una cosa importante da evidenziare. Qualunque sistema ideologico, oltre allo schema dicotomico, basato sul sul: “noi versus loro”, implica il collettivismo, ovvero la negazione dell’individualismo, giacché la salus è posta nell’esteriore, in quello che quegli altri possono fare a me e io a loro. Al contrario, nel sistema di idee non ideologico che esisteva prima del Settecento, quello religioso, l’individualismo era la condizione sine qua non per potere essere efficace. L’azione religiosa era totalmente rivolta verso l’interno, verso quello che è solo mio, ossia il mio destino in quanto anima.

 LE RADICI DEL DRAMMA

Questa immagine , presa ad Ems nel luglio 1870 , mostra Guglielmo I re di Prussia , affiancato durante la quotidiana passeggiata alle terme dall'ambasciatore dell'imperatore dei francesi Napoleone III conte Benedetti , che lo assilla per avere ulteriori rassicurazione che mai un Hohenzollern sarebbe divenuto re di Spagna .
La rassicurazione venne data , ma il conte fu troppo insistente , e venne infine congedato non molto amabilmente .
Di ciò Bismark , che vide l'occasione per affermare la crescente potenza germanica come già con Vienna , stilò un resoconto abbastanza fedele ai fatti , ma crudo nei termini , che divulgò appositamente in modo non riservato agli ambasciatori prussiani di tutta Europa .
Accadde quanto voluto : a Parigi un pandemonio di sdegni portò l'imperatore a dichiarare guerra alla Prussia ,
Ed a finire poche settimane dopo sconfitto e fatto prigioniero con il suo esercito a Sedan
il 2 settembre 1870
E fu la fine del secondo Impero ,
cui seguì la nascita della Repubblica
( la terza dal 1793)
La proclamazione del Reich germanico a Versailles nella Galérie des Glaces , per sfregio , e con l'annessione al Reich della Alsazia Lorena .
E qui nasce la feroce voglia di revanche dei militari francesi , che feconderà le uova del drago demoniaco che in 75 anni frantumerà e divorerà l'Europa.

LA MASSA

 LA VITTIMA E LA MANIPOLAZIONE DI MASSA

Il meccanismo dell’informazione di massa, ovvero la facoltà di ottenere risposte emotive e irrazionali da parte dell’informato, si regge sullo studio e l’utilizzo di risposte inconsce che, sepolte nel profondo dell’interiorità irriflessa del soggetto in questione, lo costringono, senza che nemmeno sappia come e perché, a dare risposte che inevitabilmente lo fanno aderire per costrizione emotiva a quanto l’informatore desidera.
Probabilmente, nel condizionare l’opinione pubblica, la creazione della figura della “vittima” gioca un ruolo primario, superiore a qualsiasi altro. In altre parole se il meccanismo della informazione di massa riesce a creare, nell’immaginario collettivo, l’idea che qualcosa è “vittima” di qualcosa d’altro, si avrà, con certezza quasi matematica, la sicurezza che il pubblico opinare opinerà che la vittima per definizione è buona, è giusta, è vera e, nonostante ciò, subisce un’atroce e ingiustificata violenza che vanifica tutto il bene, il vero, e il giusto di cui è portatrice.
Perché se un qualsiasi ente in natura assume l’immagine convincente di essere vittima, ottiene come riflesso oggettivo l’adesione incondizionata del pensiero irriflesso? Perché in cuor loro tutti immaginano se stessi essere vittime. Tutti si sentono vittime di qualcosa. Di non aver ricevuto tutto l’amore di cui si era bisognosi; di non avere ricevuto la considerazione e il successo sociale di cui si era degni; di non aver ricevuto da madre natura la bellezza, la salute, l’energia di cui si aveva avuto tanto giusto desiderio. Nel momento stesso in cui ciascuno si sente vittima del mondo, sente anche di esserlo senza una ragione plausibile, perchè afferma se stesso come cosa la cui bontà, giustizia, verità non è cosa dubitabile, dunque la vittima è colei che non ottiene quello che vuole, ma non ottiene quello che vuole per una qualche ragione iniqua e infame. Dunque la vittima, cioè io, ho per definizione ragione e se qualcosa, come me, è vittima di qualcosa, allora anch’essa per definizione è dalla parte del vero e del giusto.
L’informazione di massa sa allora che se crei una vittima, crei un partito, o almeno un movimento d’opinione.
Questo meccanismo è empiricamente verificabile un milione di volte, almeno da quando esiste il giornalismo e la formazione dell’opinione pubblica. Nel secolo XIX era centrato soprattutto sulle ingiustizie sociali, intese soprattutto come interdizione alla scalata sociale per non avere avuto accesso all’istruzione o per sesso. Nel secolo XX prende la forma di “damnatio sui”, facendo passare per vittime popoli che il cosiddetto colonialismo aveva avuto il merito di strappare da una condizione tribale per inserirli nel contesto di una civiltà superiore; ed infine, nel secolo XXI, questo processo si allarga fino alla vittimizzazione di qualsiasi minoranza o gruppo sociale ostracizzato per essere portatore di stili di vita e modalità di godimento ritenute non congrue a quelle di mamma e papà.
Naturalmente il processo ideologico di vittimizzazione usufruisce di potenti strumenti di condizionamento emotivo creati dall’uso sapiente e distorto di particolari termini che generano, per il solo fatto di essere evocati, la pubblica riprovazione.
Due sono particolarmente efficaci: razzismo e genocidio.
Per definire la potenza emotiva della parola razzismo basta pensare che se un invasore ottiene la qualifica di vittima del razzismo, per questo semplice fatto cessa di essere un invasore e diventa un tuo potenziale educatore e salvatore.
Ancora più subdola la parola genocidio. Il termine genera in chi lo accetta e lo utilizza un senso di ripulsa e di sconcerto. Qualcosa di assolutamente odioso e intollerabile. Se qualcuno può essere accusato di essere un “genocida” non può più trovare ascolto e deve essere cacciato dalla comunità umana. Nella costruzione della “damnatio sui” di cui è autrice la letteratura politica del capitalismo selvaggio e illimitato, abbiamo assistito al genocidio dei pellerossa, degli Incas, degli Aztechi. Un falso storico di proporzioni sconsiderate che tuttavia ha avuto successo nell’opinione pubblica più elementare. Gli Spagnoli possono essere considerati “genocidi” delle popolazioni del sud America allo stesso modo che Traiano dei Daci, ovvero colui che fece scomparire la civiltà dei Daci per inglobarla in quella romana, facendo loro fare un salto di qualità in termini culturali di impressionante rilevanza, al punto che oggi in Romania si parla una lingua neolatina. Lo stesso, ovviamente per quanto riguarda Cesare e le Gallie, la Spagna e gli Scipioni, Carlo Magno e le popolazioni germaniche sull’Elba.
Genocidio significa l’eliminazione fisica e programmata a freddo di un popolo o di una minoranza. Raramente qualcosa del genere è accaduto nella storia. E’ accaduto in Russia con i kulaki, ovvero la minoranza dei proprietari terrieri eliminata a tavolino da Stalin; è accaduto con le minoranze ebree in tutti i territori occupati dalla Germania nazista; è accaduto in Uganda con l’eliminazione dei Tutzi da parte degli Hutu. Ma niente del genere è mai accaduto fra popolazioni pellerossa e governo degli Stati Uniti, che ha sempre trattato i capi indiani come capi di stato e con loro ha sottoscritto normali trattati di pace, come sempre avviene fra vincitori e vinti. Lo stesso in Sudamerica, dove le popolazioni indiane furono inglobate in blocco nella civiltà imperiale spagnola e provviste di tutti conforti che potevano derivare dalla conversione ad una vita cristiana.
Bene il termine “genocidio” viene oggi ampiamente usato dalla informazione di massa per descrivere ogni evento bellico che vuole demonizzare attribuendo ad una parte il ruolo classico della vittima e all’altro quello dell’aggressore, fatto passare per criminale spietato che mira all’annientamento del nemico. I casi più evidenti? Putin il nuovo Hitler, genocida del popolo ukraino; Netanyau, il nuovo Hitler, genocida del popolo palestinese. Il fatto è che questo sistema goebbelsiano funziona. Funziona eccome.

INQUISIZIONE

 LA SANTA INQUISIZIONE

Fra le frasi fatte che vanno per la maggiore vi è "La storia la scrivono i vincitori". E' talmente vera da essere banale. Ma ad essa manca una chiosa essenziale, quella per cui i vinti finiscono per credere alla vulgata che propinano loro i vincitori.
Un esempio lampante? La demonizzazione della Santa Inquisizione. Non c'è giornalistucolo che, come qualsiasi centralinista e ragioniere del resto, solo al nominarla non sprizzi sdegno e non invochi la maledizioni liberali su di essa. E' il punto di vista del vincitore. Ci sono persino preti che al nominarla abbassano il capo e sembrano invocare il perdono. Il perdono di che? Di avere perso, se fossero cazzuti, ma in realtà perché si sono accodati all'idea che fosse cosa malvagia. Della persecuzione, invece, dei 'papisti', fatta dal re d'Inghilterra, dai principi tedeschi, dai borgomastri delle città Svizzere, con migliaia di esecuzioni per i non allineati e, di conserva, la strage, la vera strage, di presunte streghe portata avanti dai responsabili dell'ordine pubblico nei territori passati alla Riforma, silenzio assoluto. La strana dimenticanza, persino statistica, per cui sia in Spagna che in Italia non furono mai più di qualche decina le donne, delle migliaia denunciate dalla superstizione popolare di stregoneria, e in base ad essa processate e condannate solo quelle alle quali era accertata un' attività di veneficio e di procurato aborto. Si supponeva che la più parte delle accusate dalla superstizione popolare fossero al massimo delle povere isteriche se non delle vecchie pazze.
Eppure se vediamo la Santa Inquisizione nel contesto storico con le finalità per cui nasceva, non possiamo non dire che fosse cosa giusta e buona. Quale era il contesto storico in cui fu necessario il ricorso sistematico in Spagna alla Santa Inquisizione? La dissoluzione, nel secolo XVI, dell'universalitas medioevalis, ovvero della centralità del momento religioso nel determinare il sentimento e il pensiero comune dei popoli europei. Le cause dell'affermarsi della Riforma sono molteplici, mentre il suo trionfo è imputabile ad una sola ragione: l'appoggio incondizionato che riformatori ottennero da monarchi, principi, capi di stato di repubbliche borghesi, come l'Olanda e la Svizzera. Come mai? Perché per la prima volta, dalla caduta dell'Impero romano, era possibile fare dello Stato un idolo dotato di poteri luciferini, ovvero infiniti, come sarebbero quelli di Dio. Economia monetaria e le nuove armi da fuoco permettevano ai singoli sovrani di potere fare a meno di qualsiasi compartecipazione alla gestione del potere e dunque di dover ascoltare e patteggiare con signori feudali, vescovi, abati. Lo stato sarebbe stato tutto, secondo il principio, oggi pienamente realizzato, del tutto nello Stato, nulla fuori di esso. Il potere assoluto del monarca era reso possibile dal monopolio di una forza militare soverchiante e condizionata soltanto dal poter permettersi di pagare una fanteria mercenaria. Di contro, il potere spirituale, ossia la facoltà di dire e di imporre cosa è bene cosa male, diveniva altrettanto subordinato alla volontà del principe, e la religione dunque una branchia o un ufficio dello stato, come materialmente è stato in tutti paesi riformati, dall'Inghilterra, ai principati tedeschi, ai paesi scandinavi, dove la religione luterana è religione di stato con ministri formati e pagati dallo Stato.
La Spagna e con essa l'Italia lottò per due secoli contro questo processo luciferino. Ne uscì travolta sia sul piano militare, nonostante le vittorie, sia su quello economico, risultando svenata delle sue immense ricchezze, sia su quello culturale risultando accantonata, come lo fu l'Italia, di ogni influenza sulle tendenze filosofiche, letterarie, artistiche che finirono col far prevalere la visione puritano illuminista del sapere, divenuta dominante in Europa persino in paesi rimasti formalmente cattolici.
In questa battaglia epocale di due secoli, il Cinquecento e il Seicento, l'Inquisizione, e non solo quella spagnola, ebbe un ruolo fondamentale nel condurre una battaglia analoga a quella che tercios combattevano in tutta Europa contro gli stati eretici. Il suo ambito fu quello di tenere ferma l'unità spirituale dei paesi che combattevano contro lo Stato assoluto e la creazione di un potere terreno senza limiti, come era avvenuto nell'orrenda Inghilterra, nei principati della Germania del nord, e stava avvenendo nelle Fiandre, ovvero l'attuale Olanda.
A quel tempo, l'idea che la persona si componesse di una parte invisibile destinata all'immortalità ed una visibile perché corporea e dunque transeunte era opinione pressoché universale, sebbene oggi di fatto incomprensibile e dunque esclusa dalle chiavi interpretative con le quali si spiegano i fenomeni storici. Eppure la certezza di essere destinati all'eternità era talmente forte e radicata che soltanto essa può spiegare come fosse stato possibile che alcuni uomini affrontassero la morte - e che morte - pur di non rinnegare determinate certezze e punti di vista con i quali pensavano si aprissero le porte per essere accolti in seno a Dio. Dunque l'eresia non era affatto una questione di opinioni, ma una questione di vita e di morte sia per chi giudicava dell'ortodossia sia per chi persisteva nelle credenze ereticali. E questo spiega il giusto terrore del diffondersi dell'eresia, perché essa avrebbe generato uomini risoluti a morire pur di non rinnegare le proprie credenze e, di conseguenza, pronti a battersi con ogni mezzo contro l'ortodossia. In poche parole, l'eresia portava alla guerra civile, come era successo in Germania, in Inghilterra e come il caso della Francia rendeva drammaticamente certa la cosa, quando il diffondersi nel suo sud del calvinismo portò alla formazione di due eserciti che si batterono in campo aperto e che si risolsero ad una soluzione di compromesso grazie allo sfacciato opportunismo di un potenziale re che rinnegò il suo partito eretico, per farsi cattolico, in cambio appunto della corona.
Dunque l'Inquisizione operava per mantenere la pace, ma anche la possibilità di salvarsi l'anima, dei popoli che restavano fedeli al Cristianesimo che aveva generato la società medioevale, quello cattolico, con tutta la sua dogmatica teologica, lottando per impedire il disgregarsi definitivo di una civilizzazione universalista che stava per essere sommersa da una particolarista ed esclusivista, come lo fu quella generata dagli stati europei passati alla Riforma.
C'è da domandarsi, se la Grande Armada fosse riuscita a sbarcare i suoi tercios in Inghilterra e a vincere nelle Fiandre, ci sarebbe stata la Rivoluzione francese, la Prima Guerra mondiale, la Rivoluzione russa, la Seconda Guerra mondiale e, infine, la dissoluzione della civiltà europea alla quale stiamo assistendo?

IL CUORE

  Melania Rizzoli per  “il Giornale”   INFARTO Nel mondo del giornalismo ha suscitato grande emozione, la scorsa settimana, la morte del vic...